CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza n. 37004 depositata il 16 dicembre 2022
Lavoro – Riconoscimento del diritto alla maggiorazione della retribuzione di posizione – Parte variabile dirigenza medica – Atto aziendale di graduazione delle funzioni – Rigetto
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 14 dicembre 2009 L.R. ha convenuto in giudizio, davanti al Tribunale di Teramo, l’ASL di Teramo, chiedendo che fosse dichiarato il suo diritto a percepire la maggiorazione della retribuzione di posizione, parte variabile, di cui all’art. 39, comma 9, CCNL 8 giugno 2000, Dirigenza medica e veterinaria del SSN, con condanna dell’ASL di Teramo a pagare € 112.074,36.
A sostegno della sua domanda il ricorrente ha esposto che: era stato dipendente di struttura pubblica dal 1° ottobre 1977 al 30 aprile 2008, in qualità di Dirigente Medico II livello, Direttore sanitario di ruolo del Presidio ospedaliero di Giulianova, già collocato al livello XI qualificato, con la responsabilità delle funzioni igienico-organizzative del Presidio dal 27 luglio 1995;
la ASL gli conferiva e revocava, a seconda delle esigenze, la responsabilità della gestione della struttura complessa Presidio ospedaliero di Giulianova.
Il Tribunale di Teramo, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 310/2015, accoglieva il ricorso.
L’ASL di Teramo ha proposto appello che la Corte d’appello di L’Aquila, nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 883/2015, ha accolto, rigettando la domanda dell’originario ricorrente.
L.R. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
L’ASL 4 di Teramo si è difesa con controricorso.
L’ASL 4 di Teramo ha depositato memorie.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 39, comma 9, CCNL dell’8 giugno 2000 in relazione all’art. 58, comma 2, CCNL 1996 per il mancato riconoscimento del diritto alla maggiorazione della retribuzione di posizione – parte variabile – per gli incarichi di Responsabile della gestione complessiva del Presidio ospedaliero di Giulianova ricoperti dal medesimo ricorrente nei periodi in cui, dal 10 febbraio 1999 al 30 aprile 2008, aveva svolto pure l’incarico di Direttore sanitario del detto Presidio ospedaliero, con la responsabilità delle funzioni igienico-organizzative.
Egli espone di avere ricevuto, in assenza di un atto di graduazione delle funzioni, la retribuzione di posizione minima contrattuale dei dirigenti medici con rapporto di lavoro esclusivo, area medicina. Peraltro, sostiene di avere svolto contemporaneamente più incarichi di responsabile, con la conseguenza che avrebbe avuto diritto al riconoscimento, quantomeno nella misura minima, della maggiorazione della retribuzione di posizione – parte variabile – ai sensi dell’art. 39, comma 9, CCNL 2000, Area della Dirigenza medica e veterinaria del SSN, che attribuiva tale maggiorazione nei casi di conferimento dell’incarico di responsabile di dipartimento “o di conferimento di incarico di responsabile di più strutture complesse (da intendersi come conferimento di incarico di responsabile di aggregazione di più strutture complesse assimilate)”.
La Corte d’appello di L’Aquila avrebbe errato a parlare, nella sua motivazione, “di struttura complessa aggregata” ed a non applicare l’allegato 6, comma 1, lett. d), CCNL 5 dicembre 1996 Area dirigenza medica e veterinaria che, in deroga all’art. 58, comma 2, di tale CCNL, riconosceva la maggiorazione richiesta (parte variabile della retribuzione di posizione) ai responsabili di dipartimento a prescindere dalla graduazione.
2. Con il secondo motivo L.R. lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 39, comma 9, CCNL dell’8 giugno 2000 in relazione all’art. 27, comma 1, lett. a), CCNL 2000 Area dirigenza medica e veterinaria del SSN, nonché 56 e 67 CCNL 1996 con riferimento “alla mancata parificazione del Presidio Ospedaliero al Dipartimento quale forma di struttura complessa, nonché alla mancata parificazione dell’incarico Direttore di Presidio Ospedaliero a quello di Direttore di dipartimento o a quello di direzione di struttura complessa per gli incarichi di Responsabile della gestione complessiva del Presidio Ospedaliero di Giulianova ricoperti dal ricorrente nei periodi in cui, dal 10.02.1999 al 30.04.2008, ha svolto anche l’incarico di Direttore Sanitario del suddetto Presidio Ospedaliero, con la responsabilità delle funzioni igienico-organizzative”.
Rileva che l’art. 27 CCNL 2000, nel disciplinare le tipologie di incarico conferibili ai dirigenti medici e veterinari, ricomprendeva, al comma 1), nell’incarico di direzione di struttura complessa quello di direttore di dipartimento, di distretto sanitario o di presidio ospedaliero di cui al d.lgs. n. 502 del 1992 e che i contratti individuali per l’attribuzione dell’incarico di Dipartimento non erano mai stati stipulati dall’ASL 4 di Teramo.
Pertanto, poiché il Direttore sanitario di Presidio ospedaliero, Responsabile delle Funzioni igienico-organizzative, costituiva un’organizzazione dipartimentale ex art. 17 bis d.lgs. n. n. 502 del 1992, egli aveva diritto alla maggiorazione richiesta, essendo titolare dell’incarico di più strutture complesse assimilate.
3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in ordine al mancato riconoscimento del diritto alla maggiorazione della retribuzione di posizione, parte variabile, ex art. 39, comma 9, CCNL 2000 per effetto della deroga di cui all’art. 58, comma 2, CCNL 1996.
4. I tre motivi, stante la loro stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente e non sono meritevoli di accoglimento.
Preliminarmente si osserva l’inammissibilità del terzo motivo, concernente la contraddittorietà della motivazione del giudice di appello, trattandosi di vizio non più denunciabile in cassazione.
Risulta ormai accertato che il ricorrente è stato nominato “Responsabile della gestione complessiva del Presidio ospedaliero di Giulianova” e che ha svolto detto incarico assieme a quello di Direttore sanitario del Presidio ospedaliero di Giulianova con responsabilità delle funzioni igienico organizzative.
Egli ha chiesto sostanzialmente, con riferimento al periodo di coesistenza dei due incarichi, di ricevere il pagamento dell’indennità di posizione variabile, nonostante non fosse mai stato pacificamente adottato un atto di graduazione delle funzioni dirigenziali.
La sua domanda si fonda sull’assunto che l’allegato 6 del CCNL area medica e veterinaria SSN del 1996, al quale rinviava l’art. 67, comma 7, dello stesso CCNL, prevedeva che, “nei casi di conferimento dell’incarico di responsabile di dipartimento, in deroga all’art. 58, comma 2, nel contratto individuale deve essere prevista una maggiorazione della retribuzione di posizione del dirigente interessato non inferiore al 40% del valore massimo previsto”, con la conseguenza che l’indennità di posizione variabile poteva essere corrisposta al responsabile di dipartimento in deroga al disposto dell’art. 58, comma 2, citato.
Il ricorrente valorizza il testo dell’art. 39, comma 9, del successivo CCNL Area medica e veterinaria SSN 2000, per il quale “nel conferimento dell’incarico di direttore di dipartimento ovvero di incarichi che, pur non configurandosi con tale denominazione, ricomprendano – secondo l’atto aziendale – più strutture complesse, per la retribuzione di posizione-parte variabile del dirigente interessato è prevista una maggiorazione tra il 35% e il 50% del valore anzidetto”.
L.R. rappresenta, quindi, che, essendo titolare di incarico che ricomprende più strutture complesse, dovrebbe essere trattato come un direttore di dipartimento e, atteso che quest’ultima figura ha diritto alla retribuzione di parte variabile in forza dell’eccezione prevista dal citato Allegato 6 del CCNL 1996, anche egli vanterebbe il medesimo diritto.
Non è in questione il principio che, in materia di dirigenza pubblica, il provvedimento di graduazione delle funzioni integra un elemento costitutivo della parte variabile della retribuzione di posizione, con la conseguenza che, in sua mancanza, la componente variabile non può essere determinata né con riferimento soltanto all’importanza e complessità dell’incarico ricoperto, né, in maniera indifferenziata, in proporzione alla disponibilità dell’apposito fondo aziendale (Cass., Sez. L, n. 20480 del 28 settembre 2020).
In particolare, in tema di dirigenza sanitaria, la disciplina del d.lgs. n. 502 del 1992 impone la previa adozione di un atto aziendale che regoli l’organizzazione e il funzionamento delle unità operative, provvedimento che costituisce elemento imprescindibile per il conferimento di un incarico dirigenziale e l’attribuzione del relativo trattamento economico, che la contrattazione collettiva di comparto correla alla tipologia dell’incarico stesso e alla graduazione delle funzioni (Cass., Sez. L, n. 91 del 4 gennaio 2019).
La regola generale, quindi, impone di attendere l’adozione dell’atto aziendale di graduazione delle funzioni per ottenere il riconoscimento della componente variabile della retribuzione di posizione.
In effetti, l’art. 39 del CCNL del 2000, che regola la retribuzione di posizione, rispetta tale regola generale.
Esso prescrive, nella parte che qui rileva, che:
“1. La retribuzione di posizione è una componente del trattamento economico dei dirigenti che, in relazione alla graduazione delle funzioni prevista dall’art. 51, comma 3 del CCNL 5 dicembre 1996 è collegata all’incarico agli stessi conferito ai sensi dell’art. 27.
2. La retribuzione di posizione, è composta da una parte fissa e una parte variabile e compete per tredici mensilità.
3. La componente fissa della retribuzione di posizione, è garantita al dirigente nella misura – in atto goduta – in caso di mobilità o trasferimento per vincita di concorso o di incarico ai sensi dell’art. 15 del d.lgs. n. 502 del 1992.
4. La componente fissa della retribuzione è mantenuta anche nei casi previsti dall’art. 34 operando gli effetti della valutazione negativa solo sulla parte variabile.
5. In prima applicazione del CCNL del 5 dicembre 1996 come integrato dal CCNL del 2 luglio 1997, il valore economico minimo contrattuale della retribuzione di posizione – parte fissa e variabile – per il personale già in servizio all’entrata in vigore del contratto medesimo – è stato indicato nella tabella all. 1 del CCNL relativo al II biennio economico, secondo le posizioni funzionali od economiche di provenienza dei dirigenti.
6. La componente fissa della retribuzione di posizione stabilita dalla tabella indicata nel comma 5 non è modificabile, mentre l’incremento della componente variabile minima contrattuale della medesima tabella – sulla base della graduazione delle funzioni di cui all’art. 26, è competenza delle singole aziende in relazione alle risorse disponibili nell’apposito fondo. Di conseguenza la retribuzione di posizione dei dirigenti, fermo rimanendo il principio che, a parità di graduazione delle funzioni, deve essere identica, si colloca – in base alla tipologia degli incarichi conferiti – nelle fasce economiche degli artt. 56 e 57 del CCNL 5 dicembre 1996.
7. Il valore economico complessivo dell’incarico determinato ai sensi del comma 6 è la risultante della somma del minimo contrattuale del comma 5 e della quota aggiuntiva variabile definita aziendalmente. Detto valore, a parità di funzioni, si ottiene mediante i relativi conguagli sulla parte variabile rispetto al minimo contrattuale in godimento fino al raggiungimento del valore economico complessivo.
8. Nel caso di attribuzione di un incarico diverso da quello precedentemente svolto, a seguito di ristrutturazione aziendale, in presenza di valutazioni positive riportate dal dirigente, allo stesso sarà conferito, ai sensi degli artt. 28 e 29, un incarico di pari valore economico.
9. Nel conferimento dell’incarico di direttore di dipartimento ovvero di incarichi che, pur non configurandosi con tale denominazione, ricomprendano – secondo l’atto aziendale – più strutture complesse – per la retribuzione di posizione – parte variabile – del dirigente interessato è prevista una maggiorazione fra il 35 ed il 50%, calcolato sul valore massimo della fascia di appartenenza come rideterminata dal comma 10. (…)”.
L’art. 39 citato, quindi, è esplicito, al comma 6, nel ricollegare alla “graduazione delle funzioni di cui all’art. 26” la determinazione della componente variabile della retribuzione di posizione.
Pertanto, il successivo comma 9, in base al quale “Nel conferimento dell’incarico di direttore di dipartimento ovvero di incarichi che, pur non configurandosi con tale denominazione, ricomprendano – secondo l’atto aziendale – più strutture complesse – per la retribuzione di posizione – parte variabile – del dirigente interessato è prevista una maggiorazione fra il 35 ed il 50%, calcolato sul valore massimo della fascia di appartenenza come rideterminata dal comma 10” si colloca all’interno di un articolo del CCNL 2000 che è coerente con la regola generale per la quale il riconoscimento della componente variabile della retribuzione di posizione non può prescindere dall’atto aziendale di graduazione delle funzioni.
Ne deriva che, in sé, il fatto che il menzionato art. 39, comma 9, CCNL 2000 prescriva una maggiorazione fra il 35 ed il 50% della retribuzione di posizione, parte variabile, in favore del direttore di dipartimento e del titolare di incarichi che ricomprendano più strutture complesse non può comportare un’estensione integrale al titolare di incarichi che ricomprendano più strutture complesse della disciplina giuridica applicabile al direttore di dipartimento. Infatti, tale estensione va limitata solo alla misura di tale maggiorazione.
Indubbiamente, l’allegato 6 del CCNL area medica e veterinaria SSN del 1996 prevede al punto 1, lett. d), che;
“1. La realizzazione degli artt. 67 e 68 rende opportuno che le aziende e gli enti, sentite le organizzazioni sindacali di cui agli art. 10 e 11, adottino – entro 60 giorni dall’entrata in vigore del presente contratto una idonea disciplina regolamentare della materia, nella quale fissare anche i criteri per la determinazione delle tariffe da applicare alle prestazioni, assicurando, altresì, il rispetto dei seguenti principi:
d) fermo restando il disposto dell’art. 4, comma 7 della legge 412/1991, l’incompatibilità dello svolgimento di attività libero professionale esterna nei confronti:
– delle stesse forme di rappresentanza delle associazioni di utenti per le quali si esercita l’attività professionale di cui all’art. 67 lettere b) e c); – nei casi di conferimento dell’incarico di responsabile di dipartimento, in deroga all’art. 58, comma 2, nel contratto individuale deve essere prevista una maggiorazione della retribuzione di posizione del dirigente interessato non inferiore al 40% del valore massimo previsto dall’art. 56, comma 1, lettera a) e, comunque, non superiore ad esso”.
Pertanto, nei casi di conferimento dell’incarico di responsabile di dipartimento, in deroga all’art. 58, comma 2, nel contratto individuale deve essere prevista una maggiorazione della retribuzione di posizione del dirigente interessato non inferiore al 40% del valore massimo previsto dall’art. 56, comma 1, lettera a) e, comunque, non superiore ad esso.
Atteso che l’ormai non più vigente art. 58, comma, CCNL 1996, stabiliva che “Ai fini del presente articolo, le aziende ed enti, effettuata la graduazione delle funzioni, definiscono la retribuzione di posizione che, ai sensi degli artt. 52, comma 3 e 55, comma 2 e seguenti, può essere attribuita in concreto ai dirigenti di II livello, informandone i dirigenti interessati contestualmente all’atto del conferimento degli incarichi di direzione di struttura di cui all’art. 56, comma 1 lett. a)”, la prescrizione dell’allegato 6, punto 1, lett. d), CCNL 1996 era comunemente interpretata nel senso che “il responsabile di dipartimento” poteva beneficiare della componente variabile della retribuzione di posizione anche in assenza di un atto di graduazione delle funzioni.
Questa deroga alla regola generale era limitata, però, ad una figura ben specifica, ovvero al “responsabile di dipartimento”, che rappresentava una tipologia di dirigente di struttura complessa ben precisa, che si differenziava da altri incarichi, sempre riconducibili alla direzione di struttura complessa, come si evinceva dall’art. 56, comma 1, lett. a), del CCNL 1996, per il quale:
“1. Le aziende ed enti, nel prevedere per le singole strutture organizzative i relativi uffici dirigenziali ai sensi dell’art. 31 del D.Lgs. n. 29 del 1993, definiscono la retribuzione di posizione di cui all’art. 55 per i dirigenti ai quali sia affidata la direzione di struttura, in relazione ai criteri e parametri definiti nell’art. 52 e nei limiti delle disponibilità del fondo di cui agli artt 60 e 61, nell’ambito delle seguenti fasce di valori:
a) da un minimo di L. 9.500.000 fino a un massimo di L. 70.000.000,per le posizioni dirigenziali di strutture complesse, caratterizzate cioè dalla presenza contestuale di più criteri e parametri di elevata consistenza, tra quelli individuati dall’art. 51, ovvero da leggi regionali di organizzazione (a titolo meramente esemplificativo si possono citare: il Dipartimento, il Distretto, il Presidio ospedaliero, Unità operative complesse, Servizi di controllo interno, Servizi che richiedono, per la loro direzione, un’elevata competenza specialistico – professionale, tra i quali i Presidi multizonali di prevenzione, qualora a direzione medica)”.
A queste posizioni dirigenziali di strutture complesse, diverse dall’incarico di “responsabile di dipartimento”, non era pacificamente estesa la deroga dell’allegato 6, punto 1, lett. d), nonostante fossero menzionate, assieme all’incarico concernente il “Dipartimento”, in una disposizione del CCNL area medica e veterinaria SSN del 1996 che regolava proprio la retribuzione di posizione e, quindi, simile all’art. 39 del successivo CCNL del 2000.
Pertanto, se l’eccezione in questione non era applicata a dirigenti accostati, quanto alla retribuzione di posizione, al “responsabile di dipartimento” nell’art. 56, comma 1, lett. a) del CCNL area medica e veterinaria SSN del 1996, non si vede perché a conclusioni differenti dovrebbe giungersi con riferimento ad incarichi dirigenziali regolati assieme a quello di direttore di dipartimento dall’art. 39, comma 9, CCNL 2000.
Non a caso, l’art. 39, comma 9, del CCNL 2000, accomuna all’incarico di direttore di dipartimento gli incarichi che, pur non configurandosi con tale denominazione, ricomprendano – secondo l’atto aziendale – più strutture complesse, subordinando il rilievo di questi ultimi incarichi all’adozione di un atto aziendale, così dando rilievo, di nuovo, alla graduazione delle funzioni quale atto aziendale fondamentale per richiedere la componente variabile della retribuzione di posizione.
La questione è stata in parte affrontata dalla giurisprudenza di legittimità (Cass., Sez. L, n 30841 del 19 ottobre 2022, non massimata), la quale ha confermato, in un caso similare, che, per accogliere la tesi del ricorrente, sarebbe stata necessaria, in ragione del testo della contrattazione collettiva richiamata e dell’esame delle disposizioni contrattuali e della giurisprudenza di legittimità, una determinazione della ASL di appartenenza sulla dotazione organica, espressa mediante atto aziendale, dal quale risultasse la presenza della figura professionale rispetto alla quale il ricorrente rivendica lo svolgimento delle mansioni, senza che ciò potesse essere ricavato dall’importanza o complessità dell’incarico ricoperto.
Infatti, come affermato dalla S.C. (Cass., Sez. L, n. 91 del 4 gennaio 2019), in tema di dirigenza sanitaria, il d.lgs. n. 502 del 1992 si applica ai rapporti di lavoro dei dirigenti delle aree medica, professionale, tecnica e amministrativa del SSN, ed anche alla dirigenza non medica. Ai sensi degli artt. 3, comma 1 bis, 15, 15 bis e 15 ter del detto decreto, deve ritenersi che l’atto aziendale che regola l’organizzazione ed il funzionamento delle unità operative, individuando quelle dotate di autonomia gestionale o tecnico-professionale, riconducibile all’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, costituisca un elemento imprescindibile per il conferimento dell’incarico dirigenziale e per l’attribuzione del trattamento economico, che la contrattazione collettiva di comparto correla alla tipologia dell’incarico stesso ed alla graduazione delle funzioni. Ciò trova riscontro nella stessa disciplina contrattuale a cui fa specifico riferimento il ricorrente, che sancisce una deroga alla necessità dell’atto aziendale rispetto all’incarico di responsabile del dipartimento che non viene in rilievo, per stessa ammissione del ricorrente, nella fattispecie. Infatti, la deroga invocata dal ricorrente all’art. 58, comma 2, menzionato, correlata all’art. 67, comma 2 (che rinvia al sopra riportato allegato 6), del CCNL 5 dicembre 1996, riguarda il responsabile del Dipartimento.
Pertanto, si deve affermare il principio che, in tema di dirigenza sanitaria, il titolare di incarichi ex art. 39, comma 9, CCNL area medica e veterinaria del SSN del CCNL del 2000 che, pur non configurandosi con la denominazione di incarico di direttore di dipartimento, ricomprendano – secondo l’atto aziendale – più strutture complesse – non ha diritto, in assenza dell’atto aziendale di graduazione delle funzioni, alla parte variabile della retribuzione di posizione.
5) Il ricorso è respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza ai sensi dell’art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo.
Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, dell’obbligo per il ricorrente di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto, trattandosi di ricorso per cassazione la cui notifica si è perfezionata dopo la data del 30 gennaio 2013 (Cass., Sez. 6-3, n. 14515 del 10 luglio 2015).
P.Q.M.
– rigetta il ricorso;
– condanna il ricorrente a rifondere le spese di lite, che liquida in € 7.000,00 per compenso ed € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%;
– dà atto che sussiste l’obbligo per il ricorrente, ai sensi dell’art. 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, che ha aggiunto il comma 1 quater all’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.