La Corte di Giustizia dell’Unione Europea con la sentenza depositata il 7 marzo 2024 nella causa C-341/22, chiamata a valutare l’incompatibilità dell’art. 30 della legge n. 724 del 1994 rispetto al principio di neutralità dell’IVA, ha statuito che tale normativa, nella parte che limitò il diritto alla detrazione dell’IVA (precludendo il rimborso, compensazione, cessione del credito IVA ed alla sua perdita), è incompatibile con gli art. 9 e 167 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006 ed i principi di neutralità dell’IVA e di proporzionalità. Per i giudici UE la presunzione, di cui all’art. 30 della legge n. 724/94, si basa esclusivamente sulla valutazione del volume di ricavi che “… una siffatta presunzione è fondata su un criterio, quello di una soglia di ricavi, che è estraneo a quelli richiesti ai fini della dimostrazione di un’evasione o di un abuso …” o dell’esistenza di una costruzione artificiosa finalizzata all’esclusivo conseguimento di vantaggi fiscali.
I giudici della Corte UE hanno, pertanto, stabilito, l’illegittimità dell’art. 30 delle legge n. 724/94, statuendo che “… 1) L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che esso non può condurre a negare la qualità di soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini dell’IVA il cui valore economico non raggiunge la soglia fissata da una normativa nazionale, la quale soglia corrisponde ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale persona dispone.
2) L’articolo 167 della direttiva 2006/112 nonché i principi di neutralità dell’IVA e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale il soggetto passivo è privato del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte, a causa dell’importo, considerato insufficiente, delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA effettuate da tale soggetto passivo a valle. …”
La vicenda ha riguardato una società a responsabilità limitata Italiana che svolgeva l’attività di produzione e commercializzazione di vino, a cui l’Agenzia delle entrate notificava un avviso di accertamento con cui, sulla base dell’art. 30 della legge n.724/94, veniva ritenuta società non operativa in quanto l’importo delle operazioni attive ai fini IVA dichiarato era inferiore alla soglia al di sotto della quale, ai fini dell’applicazione dell’articolo 30 della legge n. 724/1994, le società sono ritenute essere non operative. Inoltre la stessa società non aveva raggiunto la soglia in esame per tre periodi d’imposta consecutivi, l’autorità tributaria negava la detrazione del credito IVA. La società contribuente avverso tale atto proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale (attualmente Corte di Giustizia Tributaria di primo grado). I giudici di prime cure respinsero le doglianze della società. Avverso la decisione dei giudici di primo grado, la società propose appello (nelle more la srl veniva incorporata da una Spa). I giudici di appello confermarono la sentenza impugnata. La contribuente impugnava la decisione di appello con ricorso in cassazione. La Corte di Cassazione effettuava rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE.
La Corte di Giustizia UE sulla prima questione pregiudiziale precisano che “… Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, primo comma, della direttiva IVA, si considera «soggetto passivo» chiunque eserciti, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività. La nozione di «attività economica» è definita all’articolo 9, paragrafo 1, secondo comma, di tale direttiva come comprendente ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate. Viene inoltre precisato che deve considerarsi tale «lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità».
(…) Pertanto, l’analisi del tenore letterale dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA, non solo mette in evidenza la portata dell’ambito di applicazione della nozione di «attività economica», ma precisa anche il carattere oggettivo di quest’ultima, nel senso che l’attività viene considerata di per sé stessa, indipendentemente dai suoi scopi o dai suoi risultati [sentenza del 25 febbraio 2021, Gmina Wrocław (Conversione del diritto di usufrutto), C-604/19, EU:C:2021:132, punto 69 e giurisprudenza ivi citata].
(…) Ne consegue che la qualità di soggetto passivo IVA non è subordinata alla condizione che una persona effettui operazioni rilevanti ai fini dell’IVA il cui valore economico superi una soglia di reddito previamente fissata, la quale corrisponde ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale persona dispone. Infatti, ciò che rileva al riguardo è esclusivamente il fatto che detta persona eserciti effettivamente un’attività economica e, come ricordato al precedente punto 21, che sfrutti un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità. …”
Per cui la risposta sulla prima questione della Corte unionale e che “… l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva IVA deve essere interpretato nel senso che esso non può condurre a negare la qualità di soggetto passivo IVA al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini dell’IVA il cui valore economico non raggiunge la soglia fissata da una normativa nazionale, la quale soglia corrisponde ai ricavi che possono ragionevolmente attendersi dalle attività patrimoniali di cui tale persona dispone. …”
Sulla seconda questione posta dalla Corte di Cassazione riguardante “… se l’articolo 167 della direttiva IVA nonché i principi di neutralità dell’IVA e di proporzionalità debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale il soggetto passivo è privato del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte, a causa dell’importo, considerato insufficiente, delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA effettuate da tale soggetto passivo a valle. …” i giudici unionali hanno evidenziato che “… secondo una costante giurisprudenza, il diritto dei soggetti passivi di detrarre dall’IVA di cui sono debitori l’IVA dovuta o assolta a monte per i beni acquistati e per i servizi ricevuti costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’IVA. Il diritto a detrazione previsto agli articoli 167 e seguenti della direttiva IVA costituisce, quindi, parte integrante del meccanismo dell’IVA e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni. Detto diritto si esercita immediatamente per l’intero importo dell’IVA che ha gravato sulle operazioni effettuate a monte. Il regime delle detrazioni mira infatti a sgravare interamente il soggetto passivo dall’onere dell’IVA dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Il sistema comune dell’IVA garantisce quindi la perfetta neutralità dell’imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano, in linea di principio, a loro volta soggette all’IVA. Il soggetto passivo è autorizzato a detrarre l’IVA dovuta o assolta per i beni o servizi acquistati quando questi, agendo in quanto tale nel momento dell’acquisto di detti beni o servizi, li impieghi ai fini di sue operazioni soggette ad imposta [v., in tal senso, sentenze del 25 novembre 2021, Amper Metal, C-334/20, EU:C:2021:961, punto 23 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 25 maggio 2023, Dyrektor Izby Administracji Skarbowej w Warszawie (IVA – Acquisto simulato), C-114/22, EU:C:2023:430, punti 27 e 28 nonché giurisprudenza ivi citata].
(…) Più specificamente, dall’articolo 168 della direttiva IVA emerge che, per poter beneficiare del diritto a detrazione, devono essere soddisfatte due condizioni. In primo luogo, l’interessato deve essere un «soggetto passivo» ai sensi di tale direttiva. In secondo luogo, i beni o i servizi invocati a fondamento di tale diritto devono essere utilizzati a valle dal soggetto passivo ai fini delle proprie operazioni soggette a imposta e, a monte, detti beni devono essere ceduti o tali servizi devono essere forniti da un altro soggetto passivo [v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2022, Finanzamt R (Detrazione dell’IVA connessa a un contributo di socio), C-98/21, EU:C:2022:645, punto 39 e giurisprudenza ivi citata].
(…) Per quanto riguarda la seconda di tali condizioni, che è l’unica a cui fa riferimento la presente questione, occorre ricordare che, affinché il diritto a detrazione dell’IVA assolta a monte sia riconosciuto al soggetto passivo, è, in linea di principio, necessaria la sussistenza di un nesso diretto e immediato tra una specifica operazione a monte e una o più operazioni a valle che conferiscono il diritto a detrazione. Il diritto a detrarre l’IVA gravante sull’acquisto di beni o servizi a monte presuppone che le spese effettuate per acquistare questi ultimi facciano parte degli elementi costitutivi del prezzo delle operazioni tassate a valle che conferiscono il diritto a detrazione [sentenza dell’8 settembre 2022, Finanzamt R (Detrazione dell’IVA connessa a un contributo di socio), C-98/21, EU:C:2022:645, punto 45 e giurisprudenza ivi citata].
(…) Il diritto a detrazione è tuttavia parimenti ammesso a beneficio del soggetto passivo, anche in mancanza di un nesso diretto e immediato tra una specifica operazione a monte e una o più operazioni a valle che conferiscono un diritto a detrazione, qualora i costi dei beni e dei servizi in questione facciano parte delle spese generali del soggetto passivo e, in quanto tali, siano elementi costitutivi del prezzo dei beni o dei servizi che esso fornisce. Costi di tal genere presentano, infatti, un nesso diretto e immediato con il complesso dell’attività economica del soggetto passivo (v., in tal senso, sentenza del 12 novembre 2020, Sonaecom, C-42/19, EU:C:2020:913, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).
(…) Da quanto precede risulta che nessuna disposizione della direttiva IVA subordina il diritto a detrazione al requisito che l’importo delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA, effettuate a valle da un soggetto passivo nel corso di un determinato periodo, raggiunga una certa soglia. Al contrario, dalla giurisprudenza citata al punto 27 della presente sentenza risulta che il diritto alla detrazione dell’IVA è garantito, purché ricorrano le condizioni richieste, circostanza che spetterà al giudice del rinvio verificare, indipendentemente dai risultati delle attività economiche del soggetto passivo interessato. …”
La Corte UE riafferma al punto 40 della sentenza in commento che “… Il beneficio del diritto a detrazione può infatti essere negato solo qualora i fatti invocati per dimostrare una siffatta evasione o un siffatto abuso siano stati sufficientemente dimostrati con elementi diversi da supposizioni (v., in tal senso, sentenza dell’11 novembre 2021, Ferimet, C-281/20, EU:C:2021:910, punto 52 e giurisprudenza ivi citata). …” ed inoltre che “… una presunzione generale di evasione e di abuso non può giustificare un provvedimento fiscale che pregiudichi gli obiettivi di una direttiva (v., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2017, Eqiom e Enka, C-6/16, EU:C:2017:641, punto 31 e giurisprudenza ivi citata). Allo stesso modo, non si può ammettere che una siffatta presunzione, benché confutabile, conduca a negare il diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte per motivi estranei alla constatazione di un’invocazione fraudolenta o abusiva di tale diritto. …”
Pertanto alla luce di quanto esposto nei punti da 27 a 42 della sentenza in commento i giudici unionali affermano che “… seconda questione dichiarando che l’articolo 167 della direttiva IVA nonché i principi di neutralità dell’IVA e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale il soggetto passivo è privato del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte, a causa dell’importo, considerato insufficiente, delle operazioni rilevanti ai fini dell’IVA effettuate da tale soggetto passivo a valle. …”
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