CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 06 giugno 2018, n. 14580
Tributi – Riscossione – Iscrizione a ruolo conseguente ad avviso di accertamento – Cartella di pagamento – Obbligo di preventivo invio del cd. “avviso bonario” – Esclusione
Ritenuto che
A. G. impugnava innanzi alla CTP di Bergamo una cartella di pagamento, anno di imposta 2004, per IVA, IRAP e IRPEF, addizionali, sanzioni ed interessi, assumendo la mancata notifica dell’avviso di accertamento presupposto e la decadenza del potere accertativo dell’Ufficio, ai sensi dell’art. 43, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973, nonché la nullità della cartella per mancato invio del c.d. avviso bonario di cui all’art. 60, comma 6, del d.P.R. n. 633 del 1972. La CTP respingeva il ricorso proposto dal contribuente, che impugnava la sentenza innanzi alla CTR della Lombardia. La CTR accoglieva parzialmente l’appello, ritenendo tempestiva la notifica dell’avviso di accertamento, accogliendo la censura relativa al mancato invio dell’invito ex art. 60 del d.P.R. n. 633 del 1972 limitatamente alle pretese fiscali relative ad IVA, e concludendo per l’Inefficacia della cartella con riferimento a tali voci. L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per la cassazione della sentenza, con un solo motivo. G. R. si è costituito, spiegando ricorso incidentale, illustrando un unico motivo.
Considerato che
1. Con l’unico motivo di ricorso principale l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 60, comma 6, del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., in ragione della infondatezza della doglianza inerente al c.d. avviso bonario, il cui invio è necessario unicamente nel caso di controlli formali automatizzati delle dichiarazioni (per es. ex art. 54 del d.P.R. n. 633 del 1972 o ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973) e non certo nel caso di riprese fiscali contenute in un avviso di accertamento.
2. Il motivo è fondato. Questa Corte ha affermato che: “In tema di IVA ed in ipotesi di mancato versamento di imposta dichiarata dallo stesso contribuente, sanzionato dalla legge con l’applicazione di una pena pecuniaria pari al cento per cento dell’importo non versato, la previsione del preventivo invito al pagamento, contenuta nell’art. 60, sesto comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, quale adempimento necessario e prodromico alla Iscrizione a ruolo dell’imposta (che aveva quale unica funzione quella di dare al contribuente la possibilità di attenuare le conseguenze sanzionatorie della realizzata omissione di versamento), è rimasta implicitamente caducata, e comunque priva di conseguenze nel caso di sua inosservanza, per effetto dell’art. 13, comma 1, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, che, nel ridurre la sanzione inizialmente prevista dall’art. 44 del citato d.P.R. n. 633 del 1972 (dal cento per cento al trenta per cento dell’importo non versato), ha fatto venire meno ogni interesse del contribuente ad un adempimento dal quale non potrebbe più trarre vantaggio”. (Cass. n. 20691 del 2014, conf. n. 8856 del 2006, Cass. n. 19161 del 2003, Cass. n. 3450 del 2002, Cass. n. 907 del 2002).
La CTR non ha fatto buon governo dei principi espressi, ritenendo di accogliere la censura proposta dal contribuente relativa al mancato invio dell’invito di cui all’art. 60 d.P.R. n. 633 del 1972, pertanto, in parte qua, va cassata.
3. Con l’unico motivo di ricorso incidentale, il contribuente G. R., censura la sentenza impugnata, denunciando la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c, in relazione all’art. 149 c.p.c. e degli artt. 1334, 1335, 2964 e 2966 del c.c., con riferimento agli artt. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972, atteso che nella specie sarebbe pacifico, perché così attesta Equitalia, che la notifica dell’avviso di accertamento sia avvenuta il 2 gennaio 2011, oltre il termine di decadenza di cui all’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 e art. 57 del d.P.R. n. 633 del 1972, termine che nel caso di specie scadeva il 31 dicembre 2010.
Si argomento che l’avviso di accertamento è un atto di natura impositiva, quale presupposto dell’obbligazione tributaria, di natura recettizia, ne consegue che non potrebbe essere applicato, come invece ritiene la CTR, il principio espresso dalla sentenza n. 477 del 2002 della Corte costituzionale, e ripreso dall’art. 149 c.p.c., per cui il momento perfezionativo del procedimento notificatorio deve ritenersi scisso nel senso che per il notificante, la notifica si perfeziona al momento della consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario o al messo notificatore.
3.1. Il motivo è infondato in ragione delle considerazioni che seguono:
a) Va premesso che per la notifica degli atti tributari sono applicabili le disposizioni generali di cui agli articoli 137 e ss. del c.p.c., fatti salvi gli adattamenti resi necessari dalla peculiarità della materia tributaria, previsti dalle singole leggi di imposta. Tra le disposizioni di cui al codice di rito civile viene in particolare evidenza l’art. 149 c.p.c. rubricato “notificazione a mezzo servizio postale”, fruibile ogniqualvolta non si sia espresso divieto di utilizzo in base alla legge. Poiché la normativa di diritto tributario non contiene alcuna limitazione in tale senso (l’articolo 60, comma 1, lettera e) del d.P.R. n. 600 del 1973 esclude espressamente l’applicabilità delle sole disposizioni di cui agli artt. 142, 143, 146, 150 e 151 del c.p.c.), l’utilizzo del servizio postale per la notifica degli avvisi e di tutti gli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente deve ritenersi pienamente ammissibile.
b) Il principio della scissione soggettiva dei momenti di perfezionamento del procedimento di notificazione prende avvio originariamente dai dubbi di legittimità costituzionale che hanno investito la disciplina delle notifiche all’estero, di cui agli artt. 142 e 143 c.p.c. A norma di questa ultima disposizione, nella formulazione anteriore all’intervento della Corte costituzionale (sentenza n. 10 del 1978) ed alle modifiche disposte dalla legge 6 febbraio 1981 n. 42, se la notificazione doveva farsi a persone non residenti, né dimoranti, né domiciliate nella Repubblica, essa si aveva per eseguita con l’affissione di copia dell’atto nell’albo dell’Ufficio giudiziario per cui si procede, e con la spedizione di altra copia per raccomandata (art. 142, comma 1, c.p.c.)- Nei confronti del destinatario, invece, la notificazione si considerava eseguita il ventesimo giorno successivo al compimento di dette formalità (art. 143, comma 3, c.p.c.). La legge prevedeva espressamente che il momento di perfezionamento per il notificatario fosse diverso e successivo rispetto a quello del notificante, così come ancora oggi accade per la notifica a persone di cui siano sconosciute la residenza, la dimora e il domicilio (art. 143 c.p.c.). Successivamente, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 10 del 1978, si limita solo a dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 143, comma 3, c.p.c., “nella parte in cui non prevede, per quanto attiene alla operatività della notifica nei confronti del destinatario dell’atto da notificare, nei casi previsti dal precedente art. 142, che la sua applicazione sia subordinata alla accertata impossibilità di eseguire la notificazione nei modi consentiti dalle convenzioni internazionali e dal d.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200, recante nuove disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari”. Con la legge n. 42 del 1981, viene introdotto un terzo comma all’art. 142 c.p.c. e modificato il terzo comma dell’art. 143, sicché vengono create due discipline distinte per la notificazione di atti all’estero.
Con la sentenza n. 477 del 2002, la Corte muove un passo decisivo verso l’individuazione di una regola generale valida per tutte le forme di notifica. L’occasione viene data dal dubbio di legittimità costituzionale, sollevato dalla Corte di cassazione, del combinato disposto degli artt. 149 c.p.c. e 4 comma 2, legge 20 novembre 1982, n. 890, in materie di notifiche a mezzo posta, considerate lesive dei parametri costituzionali. La Corte emette un giudizio di illegittimità del combinato disposto “nella parte in cui prevede che la notificazione si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anziché a quella, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario”, riconoscendo come il principio della sufficienza del compimento delle sole formalità che non sfuggono alla disponibilità del notificante “per la sua portata generale, non può non riferirsi ad ogni tipo di notificazione e dunque anche alle notificazioni a mezzo posta. In effetti è palesemente irragionevole, oltre che lesivo del diritto di difesa del notificante, che un effetto di decadenza possa discendere (…) dal ritardo del compimento di un’attività riferibile non al medesimo notificante, ma a soggetti diversi (l’Ufficiale giudiziario e l’agente postale) e che, perciò, resta del tutto estranea alla sfera di disponibilità del primo”. In sostanza, per il notificante, gli effetti della notificazione devono essere ricollegati “al solo compimento delle formalità a lui direttamente imposte dalla legge, ossia alla consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario, essendo la successiva attività di quest’ultimo e dei suoi ausiliari (quale appunto l’agente postale) sottratta in toto al controllo ed alla sfera di disponibilità del notificante medesimo”.
c) Con riferimento alla notificazione degli atti a mezzo posta, la sentenza n. 477 del 2002 dedica il seguente significativo inciso: ” la possibilità di una scissione soggettiva del momento perfezionativo del procedimento notificatorio risulta affermata dalla stessa legge n. 890 del 1982, laddove all’art. 8 prevede, secondo l’interpretazione vigente, che, nel caso di assenza del destinatario e di mancanza, inidoneità o assenza delle persone abilitate a ricevere il piego, la notificazione si perfezioni per il notificante alla data di deposito del piego presso l’ufficio postale e, per il destinatario, al momento del ritiro del piego stesso ovvero alla scadenza del termine di compiuta giacenza. Confermandone in tal modo la necessità che le norme impugnate siano dichiarate costituzionalmente illegittime nella parte in cui prevedono che la notificazione si perfezioni per il notificante alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anziché alla data, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario”.
d) Ciò premesso, vanno esaminati gli effetti della sentenza con particolare riguardo alla notificazione degli atti tributari. La questione è se, in tema di notifica di atti recettizi, quale l’avviso di accertamento, di rettifica, di liquidazione ecc., possa trovare applicazione il principio della scissione.
Nella specie viene in rilievo la notifica dell’avviso di accertamento, sulla cui natura sostanziale e non processuale si è unanimemente espressa questa Corte (Cass. n. 17044 del 2013 e Cass. n. 12781 del 2016).
E’ stato, infatti, detto, e questa è la tesi difensiva sostenuta dal contribuente, che gli atti impositivi, in quanto recettizi, esprimerebbero effetti giuridici solo in quanto pervengano a conoscenza del destinatario entro i termini di decadenza dell’azione accertatrice previsti dalle singole leggi di imposta, e la semplice spedizione dell’avviso di accertamento o rettifica non perfeziona la notifica e non consente il sorgere dell’obbligazione tributaria. Ne consegue che, secondo tali principi, la scissione soggettiva sarebbe limitata solo agli processuali.
e) L’assunto non può essere condiviso.
Orbene, in ragione dei principi espressi dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 477 del 2002, in tema di notificazione di atti impositivi a mezzo posta, è chiaramente lesivo del diritto di difesa del notificante che un effetto di decadenza possa discendere dal ritardo del compimento di un’attività riferibile “non al medesimo notificante, ma a soggetti diversi (l’ufficiale giudiziario e l’agente postale)” che resta del tutto estranea alla disponibilità del primo.
E’ fin troppo evidente, infatti, che se l’atto che si deve compiere, come nella specie (notifica dell’avviso di accertamento entro un certo termine decadenziale1). consiste in una partecipazione comunicativa, il decorso del termine imposto per la decadenza pregiudica direttamente il titolare (il mittente) e solo indirettamente la controparte (destinatario), che è comunque tutelata poiché la legittima formazione del procedimento notificatorio presuppone che la notificazione si perfezioni anche nei confronti del destinatario, non essendo sufficiente l’intervenuto perfezionamento per il notificante. Infatti, la fissazione di un termine di decadenza (art. 2966 c.c.) è il criterio in base al quale viene distinto il confine tra la tutela dell’interesse del titolare ad esercitare il potere e l’interesse della , controparte (o anche l’interesse pubblico) a non lasciare a tempo indeterminato (sine die) la modificazione giuridica. Ne consegue che se l’atto richiesto per l’esercizio del potere è un atto recettizio, la ricezione non rileva, in via generale, ai fini dell’impedimento della decadenza, poiché l’atto è da considerare già esistente e impeditivo della decadenza, mentre la condizione di efficacia della ricezione è del tutto estrinseca alla decadenza per la quale la fissazione del termine concerne unicamente il compimento dell’atto e non certo l’efficacia della dichiarazione, e tanto anche nel rispetto del principio della buona fede. E’, infatti, naturale concludere che se dovesse aversi riguardo alla data della ricezione sarebbe irrimediabilmente aggravata la posizione dell’onerato: costui dovrebbe sopportare i rischi dei ritardi a lui non imputabili, con conseguente incertezza circa il termine in cui potere esercitare il diritto.
f) II suddetto principio è stato sostenuto da questa Corte già con la sentenza n. 1647 del 2004, secondo cui: ” Dalla sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2002 – con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 149 c.p.c. e dell’art. 4, terzo comma, della legge 20 novembre 1982, n. 890, nella parte in cui prevede che la notificazione si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario anziché a quella, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario -, benché emessa in tema di notifica di atti giudiziari, deve trarsi /’/ principio generale (in applicazione del criterio secondo il quale tra varie interpretazioni possibili va riferita quella che esclude dubbi di legittimità costituzionale) per cui anche la notificazione a mezzo posta degli avvisi di accertamento tributari si perfeziona, per l’amministrazione, al momento della spedizione dell’atto notificando e non della ricezione dello stesso da parte del contribuente”.
Tale indirizzo è stato ribadito con sentenza n. 15298 del 2008, secondo cui:” il principio secondo cui gli effetti della notificazione eseguita a mezzo del servizio postale si producono per il notificante al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario (ovvero al personale del servizio postale) e per il destinatario al momento della ricezione, ha carattere generale e trova applicazione non solo con riferimento agli atti processuali, ma anche con riferimento agli atti di imposizione tributaria”.
In tema di avviso di accertamento si è espressa Cass. n. 315 del 2010, che ha ritenuto: “Il termine per verifica la tempestività della notificazione dell’avviso di liquidazione spedito a mezzo posta coincide con la data di spedizione del plico e non con quella della sua ricezione da parte del contribuente” (v. Cass. n. 26053 del 2011 e Cass. n. 11457 del 2012).
Va, infatti, condiviso quanto sostenuto dalla questa Corte con la pronuncia n. 351 del 2014, secondo cui: “E’ rimasto precisato che la natura sostanziale e non processuale (né assimilabile a quella processuale) dell’avviso di accertamento tributario che costituisce un atto amministrativo autoritativo attraverso il quale l’amministrazione enuncia le ragioni della pretesa tributaria, non osta all’applicazione di istituti appartenenti al diritto processuale, soprattutto quando vi sia un espresso richiamo di questi nella disciplina tributaria, e ciò alla luce del chiaro riferimento contenuto nel d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60 alle norme sulle notificazioni nel processo civile… sicché non resta che ritenere che il principio di cui si fa applicazione si sia generalizzato e consolidato in relazione a Qualsivoglia forma di notificazione e comunicazione che abbia rilievo anche indiretto ai fini processuali”. In linea con tale orientamento si segnalano anche le pronunce n. 18643 del 2015 e n. 22320 del 2014.
Del pari, con la recentissima sentenza n. 385 del 2017, questa Corte ha affermato che il termine quinquennale di cui all’art. 1, comma 161, I. n. 296 del 2006, previsto per la notifica degli avvisi di accertamento in tema di ICI, costituisce termine di decadenza che ”risultava non ancora decorso al momento della spedizione”, onde la tempestività della notifica dell’atto impositivo considerando la data di spedizione dello stesso.
Va, infine, ricordato che, con la sentenza n. 12332 del 2017, le S.U. di questa Corte hanno ritenuto applicabile il principio della scissione soggettiva della notificazione anche agli atti amministrativi sanzionatori, in ragione del fatto che il sistema sanzionatorio amministrativo è regolato dai principi sanciti dalla I. n. 689 del 1981 che, all’art. 14, prevede che la notificazione può essere effettuata con le forme previste dal codice di procedura civile e, quindi, anche con il mezzo della posta secondo quanto previsto dall’art.4 I. n. 890 del 1982, quale risultante dalla pronuncia di incostituzionalità di cui alla nota sentenza della Consulta n. 477 del 2002. La Corte chiarisce che: “La natura recettizia o meno dell’atto da partecipare (beninteso sempre che non si tratti di atti negoziali…) non è determinante al fine di escludere la separata considerazione degli effetti della fattispecie partecipativa del contenuto dell’atto, atteso che se in tale categoria di atti l’effetto finale si raggiunge solo se vi sia stata conoscenza (legale) del predetto contenuto, ciò non toglie che l’inizio della fattispecie notificatoria (o, più in generale partecipativa dei contenuto delimito} fa emergere la permanenza dell’interesse alla realizzazione dell’effetto che con essa si vuole perseguire potrebbe incorrere- non rispettando il termine normativamente imposto per l’esercizio del diritto”
g) Da siffatti rilievi consegue il seguente principio di diritto:
“In tema di notifica a mezzo posta di atti tributari recettizi (nella specie avviso di accertamento), il principio della scissione soggettiva, come interpretato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 477 del 2002, trova applicazione nella ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria si avvalga per la notifica dell’operato di terzi (ufficiale giudiziario o servizio postale) che compiono attività che esulano dalla disponibilità del notificante, poiché nella diversa ipotesi di notifica di atti eseguita direttamente al contribuente (ad es. a mezzo dei messi dell’ufficio finanziario), eventuali ritardi o omissioni rientrano nella diretta responsabilità dell’Ufficio stesso”.
4. In definitiva, va accolto il ricorso principale, rigettato il ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, la quale procederà al riesame ed alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, per il riesame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
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