La Corte di cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 3722 depositata il 28 gennaio 2014 intervenendo in tema di concussione ha statuito che il professionista che consegna ai funzionari dell’Agenzia delle Entrate, su sollecitazione di questi, una somma di denaro per evitare la formalizzazione di presunte irregolarità dopo un controllo fiscale non commette il reato di concussione ma incorre nella nuova e meno grave condotta penale di indebita induzione a dare o promettere utilità. Questo perché i funzionari avevano prospettato all’imprenditore un danno in sé lecito che sarebbe conseguito all’accertamento delle irregolarità fiscali effettivamente sussistenti e quindi non vi era stata alcuna costrizione.
La vicenda ha riguardato due funzionari dell’Agenzia delle Entrate i quali effettuavano una verifica fiscale nei confronti di un imprenditore titolare di un bar. I due funzionari rilevate irregolarità fiscali e previdenziali, prospettarono al contribuente gravi conseguenze in caso di formalizzazione degli accertamenti. Lo inducevano, quindi, a pagare a loro favore una somma di denaro per evitare l’attività di accertamento. L’importo doveva, su richiesta dei funzionari, essere consegnato per il tramite del commercialista dell’azienda che avrebbe fatto da mediatore. Su denuncia dell’imprenditore la GdF consegnava dell banconote segnate ed intervenne all’uscita dallo studio del professionista dei due funzionari rilevando che una parte di essa era stata trattenuta dal consulente e infatti veniva rinvenuta nel suo studio a seguito di una perquisizione.
Il Tribunale condannava il commercialista in concorso con i due funzionari per il reato di concussione. La condanna veniva confermata anche dalla Corte di Appello.
Per la cassazione della sentenza del giudice di seconde cure la difesa proponeva ricorso, basato su tre motivi di censura, alla Corte Suprema. Lamentava, in particolare, l’insussistenza del fatto e chiedendo, in subordine, la riqualificazione del reato in «induzione indebita a dare o promettere utilità» a seguito delle intervenute modifiche normative al reato di concussione.
Gli Ermellini accolgono il ricorso cassando la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello. I giudici di legittimità accogliendo la sola richiesa della corretta qualificazione giuridica del fatto hanno rammentato che la legge 190/12 ha modificato l’originaria previsione del delitto di concussione previsto dall’articolo 317 del codice penale che sanzionava, con la reclusione da 4 a 12 anni, la condotta del pubblico ufficiale, o dell’incaricato di un pubblico servizio, che costringeva o induceva taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità. Infatti le nuove disposizioni anticorruzione hanno eliminato la concussione per induzione, mantenendo solo quella per costrizione.
La condotta di induzione è quindi confluita nel nuovo articolo 319-quater («Induzione indebita a dare o promettere utilità») che sanziona ora, con la reclusione da tre a otto anni, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che induce taluno a dare o promettere indebitamente, a loro stessi o a un altro, denaro o altra utilità.
Nella specie, secondo la Corte di cassazione la condotta illecita rientrava proprio nella nuova ipotesi di reato, dal momento che i pubblici ufficiali avevano prospettato alla vittima un danno in sé lecito, in quanto sarebbe conseguito a un loro doveroso accertamento di irregolarità fiscali effettivamente sussistenti, prospettando quindi un male “giusto”. Tale ipotesi rientra, a detta della Corte, nella nuova figura normativa che non consiste in una vera e propria minaccia, mentre, all’opposto, la costrizione (e quindi la concussione) vale, con la nuova formulazione, a coprire qualsiasi ipotesi di minaccia di un male “ingiusto”.
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