AGENZIA delle ENTRATE – Risposta n. 44 del 17 gennaio 2023
IVA – Consignment stock – Importazione di beni – Facoltà per l’esportatore abituale di assolvere l’IVA in dogana mediante l’utilizzo del plafond disponibile previa emissione delle dichiarazioni di intento
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
ALFA società attiva nel mercato dei prodotti per il settore automotive ha stipulato nel … un contratto di consignment stock con il fornitore …, operatore di diritto … appartenente al gruppo giapponese …, player mondiale nella fornitura di prodotti in vetro ”XXX”.
A seguito dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, dal mercato unico e dall’unione doganale (c.d. Brexit), si sono prodotte delle modifiche operative sostanziali nei rapporti commerciali in essere tra ALFA e il proprio fornitore. Dal 1° gennaio 2021, infatti, per le merci provenienti dal Regno Unito (quale Paese terzo), la società non realizza più, ai fini IVA, acquisti intracomunitari bensì importazioni.
Al riguardo, la società fa presente di detrarre l’IVA assolta in dogana, pur agendo in qualità di importatore (rectius detentore) della merce e non come proprietario della stessa. Sempre a parere dell’istante, per i beni importati in virtù di un contratto di consignment stock, infatti, l’acquirente (che acquisirà la proprietà della merce solo al momento dell’estrazione dal deposito) ha comunque l’obbligo, da un lato, di assolvere l’IVA in dogana e, dall’altro, il diritto ad esercitare la detrazione dell’imposta assolta, ai sensi dell’articolo 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Ciò in quanto:
– in generale, per i beni importati, anche se non a titolo definitivo, l’IVA deve essere accertata, liquidata e riscossa in dogana all’atto della loro introduzione nel territorio nazionale;
– la proprietà dei beni importati non è condizione necessaria per ottenere la detrazione dell’IVA pagata, bensì occorre che i beni o servizi presentino un nesso immediato e diretto con l’oggetto dell’attività di impresa, ossia siano ad essa inerenti (cfr. risoluzioni nn. 96/E dell’11 maggio 2007 e 346/E del 5 agosto 2008).
La società evidenzia, altresì, di qualificarsi come ”esportatore abituale”, ma di non aver ancora presentato in dogana le dichiarazioni di intento. L’istante intende, tuttavia, avvalersi in futuro della facoltà di importare beni senza pagamento dell’IVA, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera c) del d.P.R. n. 633 del 1972.
Tanto premesso, viene chiesto di conoscere se sia ammissibile l’utilizzo delle dichiarazioni di intento relativamente alle importazioni effettuate in vigenza di un contratto di consignment stock.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Ad avviso della società istante ”dal momento che, ai fini del diritto ad esercitare la detrazione dell’IVA assolta in dogana, la proprietà dei beni importati non costituisce una condizione necessaria, è possibile ritenere ammissibile, per un esportatore abituale, l’esercizio della facoltà di importare beni senza applicazione dell’IVA, previo invio telematico della dichiarazione di intento. In tal senso, lo stesso principio è mutuabile alle immissioni in libera pratica in vigenza di un contratto di consignment stock, in forza del quale al momento dell’importazione non si sono ancora verificati gli effetti traslativi della proprietà, differiti al successivo momento del prelievo dei beni dal deposito”.
Parere dell’Agenzia delle Entrate
In via preliminare, si osserva che il contratto di consignment stock generalmente utilizzato dagli operatori economici nell’ambito degli scambi internazionali è assimilabile nel nostro ordinamento giuridico ad un contratto estimatorio, in forza del quale il fornitore (UE ovvero extra UE) invia beni (di regola, materie prime e semilavorati) presso un deposito di proprietà o in uso del cliente, senza tuttavia trasferire la titolarità giuridica della merce inviata. L’effetto traslativo della proprietà si realizza, infatti, in un momento successivo all’invio dei beni, coincidente con la relativa estrazione (in blocco o a più riprese) dal deposito.
A seguito dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea (c.d. Brexit), le forniture in essere con gli operatori UK non possono più essere ricondotte nell’ambito degli scambi intra UE. A partire dal 1° gennaio 2021, infatti, per le merci provenienti dal Regno Unito (quale Paese terzo), gli operatori nazionali sono tenuti a presentare la dichiarazione doganale di immissione in libera pratica dei beni introdotti nel territorio dello Stato, con contestuale versamento dell’IVA in dogana, non realizzandosi più un acquisto intracomunitario (da indicare negli elenchi INTRASTAT), bensì un’importazione, ai sensi dell’articolo 67 del d.P.R. n. 633 del 1972.
La risoluzione n. 346/E del 5 agosto 2008 nel richiamare le indicazioni fornite con la risoluzione n. 96/E dell’11 maggio 2007 relativamente al contratto di prestito d’uso di merce importata ha precisato che anche in presenza degli effetti tipici del contratto di consignment stock (i.e. differimento del momento traslativo della proprietà) l’acquirente ha, da un lato, l’obbligo di assolvere l’IVA in dogana e, dall’altro, il diritto a detrarre l’imposta assolta, ai sensi dell’articolo 19 del d.P.R. n. 633 del 1972, previa annotazione della bolletta doganale nel registro di cui al successivo articolo 25.
Ciò in quanto, salvo i casi di esclusione indicati nel Codice Doganale dell’Unione, in generale, per i beni importati, anche se non a titolo definitivo, l’IVA deve essere accertata, liquidata e riscossa in dogana all’atto della relativa immissione in libera pratica. Inoltre, la circostanza che le disposizioni in materia doganale consentono a soggetti diversi dal proprietario effettivo delle merci di presentare una dichiarazione doganale in nome proprio e per conto del proprietario, fa sì che la proprietà dei beni importati non sia condizione necessaria per ottenere la detrazione dell’IVA pagata, che può essere esercitata dall’effettivo destinatario dei beni risultante dalla dichiarazione doganale, purché i medesimi presentino un nesso immediato e diretto con l’oggetto dell’attività d’impresa, ossia siano ad essa inerenti e previa annotazione della dichiarazione doganale nel registro degli acquisti di cui all’articolo 25 del decreto IVA.
In buona sostanza, in ipotesi di importazioni effettuate in vigenza di un contratto di consignment stock, l’esigibilità dell’IVA si realizza all’atto dell’immissione in libera pratica delle merci e contestualmente è riconosciuto al futuro acquirente (rectius detentore) il diritto alla detrazione dell’imposta assolta, subordinatamente alle condizioni sopra indicate.
Tanto premesso, si è dell’avviso che la società istante, in qualità di esportatore abituale (circostanza non riscontrabile in questa sede), possa avvalersi della facoltà di assolvere l’IVA in dogana mediante l’utilizzo del plafond disponibile, previa emissione delle dichiarazioni di intento, in base al combinato disposto degli articoli 67 e 68 del DPR n. 633 del 1972.
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