La Corte di Giustizia UE con la sentenza n. C-127/21 depositata il 4 maggio 2023, intervenendo in tema di detraibilità dell’IVA per beni distrutti o divenuti inutilizzabili ha affermato i seguenti principi di diritto secondo cui  “… L’articolo 185 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, deve essere interpretato nel senso che:

  • lo scarto di un bene, che secondo il soggetto passivo è divenuto inutilizzabile nell’ambito delle sue attività economiche abituali, seguito dalla vendita di tale bene in quanto rifiuto, la quale è stata assoggettata all’imposta sul valore aggiunto (IVA), non comporta che siano «mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni», ai sensi di tale disposizione.
  • lo scarto di un bene, che secondo il soggetto passivo era divenuto inutilizzabile nell’ambito delle sue attività economiche abituali, seguito dalla distruzione volontaria di tale bene, comporta che siano «mutati gli elementi presi in considerazione per determinare l’importo delle detrazioni», ai sensi del paragrafo 1 di tale articolo. Tuttavia, una siffatta situazione costituisce una «distruzione», ai sensi del paragrafo 2, primo comma, di detto articolo, indipendentemente dal suo carattere volontario, cosicché tale modifica non comporta un obbligo di rettifica purché tale distruzione sia debitamente provata o giustificata e il suddetto bene avesse oggettivamente perso qualsiasi utilità nell’ambito delle attività economiche del soggetto passivo. Lo smaltimento debitamente provato di un bene deve essere equiparato alla sua distruzione purché implichi concretamente la sparizione irreversibile di tale bene.
  • esso osta a disposizioni di diritto nazionale che prevedono la rettifica dell’IVA detratta a monte in occasione dell’acquisto di un bene, qualora quest’ultimo sia stato oggetto di scarto, poiché il soggetto passivo ha ritenuto che esso fosse divenuto inutilizzabile nell’ambito delle sue attività economiche abituali, e, successivamente, tale bene o sia stato oggetto di una vendita assoggettata all’IVA, o sia stato distrutto o smaltito in modo tale da comportarne concretamente la sparizione irreversibile, purché tale distruzione sia debitamente provata o giustificata e il bene in questione avesse oggettivamente perso ogni utilità nell’ambito delle attività economiche del soggetto passivo.   …”

Pertanto alla luce delle suddette interpretazioni nei casi di beni distrutti volontariamente o divenuti inutilizzabili o siano oggetto di scarto anche se venduti come rifiuti non occorre procedere alla rettifica dell’IVA detratta. I quesiti sono stati posti alla Corte di Giustizia dai giudici bulgari che hanno chiesto quale sia la corretta interpretazione degli articoli 184 e 185 della direttiva Iva, che fanno obbligo ai soggetti passivi di rettificare la detrazione operata inizialmente nel caso in cui si riveli superiore o inferiore a quella cui il soggetto passivo ha diritto, per effetto del mutamento avvenuto successivamente all’acquisto. I giudici unionali hanno ritenuto che non vi è alcun pregiudizio, in tale ipotesi, per cui il soggetto passivo non dovrà procedere ad alcuna rettifica della detrazione IVA operata al momento dell’acquisto.

La distruzione volontaria di beni inservibili non pregiudica la de- trazione dell’Iva fruita interpretazione degli articoli 184 e 185 della direttiva Iva, che fanno obbligo ai sog- getti passivi di rettificare la detrazione operata inizial- mente nel caso in cui si riveli superiore o inferiore a quella cui il soggetto passivo ha dirit- to, per effetto del mutamento

Prima questione – beni divenuti successivamente all’acquisto inutilizzabili e venduti come rifiuti

La Corte Unionale ha chiarito che nessun pregiudizio si concretizza ai fini IVA e quindi non occorre procedere alla rettifica della detrazione IVA operata al momento dell’acquisto nel caso in cui l’eliminazione di beni dal normale circuito economico dell’impresa e la loro cessione come rifiuti, assoggettata all’Iva.

Inoltre hanno evidenziato i giudici unionali che “… conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 27 della presente sentenza, purché i beni siano utilizzati nell’ambito di attività economiche soggette all’IVA, il regime di detrazione riguarda tutte le attività economiche di un soggetto passivo, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di tali attività. Occorre peraltro rilevare che la Corte ha già preso in considerazione, per stabilire che non occorreva rettificare le detrazioni, il fatto che rottami derivanti da immobili acquistati in regime di detrazione dell’IVA e successivamente parzialmente distrutti fossero stati rivenduti nell’ambito di operazioni imponibili a valle (v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2012, TETS Haskovo,C‑234/11, EU:C:2012:644, punto 35). …”

Pertanto “… è irrilevante che la vendita di rifiuti non rientri nelle attività economiche abituali del soggetto passivo che procede a tale vendita o che il valore di realizzazione dei beni di cui trattasi sia ridotto rispetto al loro valore iniziale, per il fatto che essi sono venduti come rifiuti, o che, per lo stesso motivo, la loro natura iniziale sia stata modificata. …”

Seconda questione – scarto di beni divenuti successivamente all’acquisto 

Nell’altra questione sottoposta alla Corte Unionale, inerente allo scarto di un bene divenuto inutilizzabile, seguito dalla sua distruzione, rilevi ai fini della rettifica dell’IVA detratta al momento dell’acquisto. I giudici unionali hanno ritenuto irrilevante ai fini della rettifica IVA nel caso in cui la distruzione o perdita del bene divenuto inutilizzabile sia provata o giustificata.

Nella sentenza in commento, i giudici, hanno precisato che “… per quanto riguarda il significato e la portata dei termini «distruzione» e «perdita», ai sensi dell’articolo 185, paragrafo 2, della direttiva IVA, in mancanza di definizione, essi devono essere determinati conformemente al senso abituale, nel linguaggio corrente, di tali termini, tenendo conto al contempo, in particolare, del contesto in cui sono utilizzati (v., in tal senso, sentenza del 22 aprile 2021, Austrian Airlines,C‑826/19, EU:C:2021:318, punto 22 e giurisprudenza citata).

Nel linguaggio corrente, il termine «distruzione» designa l’azione di alterare profondamente un oggetto, di farlo sparire demolendolo, di distruggerlo. Il termine «perdita», quando si riferisce ad un bene, riguarda, quanto ad esso, il fatto di essere privato di una cosa di cui si possedeva la proprietà o il godimento. Ne consegue che la perdita di un bene non può derivare da un’azione volontaria del suo proprietario o possessore, mentre ciò non è escluso in caso di distruzione. …”