La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 5721 depositata il 4 marzo 2024, intervenendo i tema di atti impositivi, ha statuito il seguente principio di diritto secondo cui “… L’avviso di accertamento tributario è un atto amministrativo espressione della potestà impositiva dell’Amministrazione finanziaria munito di efficacia dichiarativa, ma non anche certificativa, e il suo contenuto non dev’essere impugnato dal destinatario della sua notifica con la querela di falso dell’art.221 cod. proc. civ. di fronte al giudice ordinario, bensì entro 60 giorni ex art.18 d.lgs. n.546 del 31 dicembre 1992 davanti al giudice tributario, autorità indicata come competente all’interno dell’atto ricevuto insieme alle informazioni su come proporre ricorso. …”
La vicenda ha riguardato un professionista a cui veniva notificato un avviso di accertamento relativo ad II.DD., IVA e accessori emesso in dipendenza di operazioni ritenute inesistenti e costi per sponsorizzazioni ritenute non inerenti all’attività svolta. Il contribuente impugnava tale atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale (attualmente Corte di Giustizia Tributaria di primo grado). Il giudice di prime cure accoglieva la domanda del contribuente per ragioni di merito, senza pronunciarsi sulla questione preliminare di nullità dell’avviso per vizio di firma per assenza di valida delega sollevata dal contribuente. L’Agenzia delle entrate propose appello avverso la sentenza di primo grado. I giudici di appello accolsero l’appello principale dell’Agenzia delle Entrate e rigettava l’appello incidentale. Il contribuente, avverso la sentenza di appello propose ricorso in cassazione fondato su due motivi.
I giudici di legittimità accolsero il ricorso del contribuente.
Per il Supremo consesso occorre tenere “… distinta l’efficacia dell’atto di accertamento tributario dall’efficacia del processo verbale di constatazione, il quale per consolidata giurisprudenza di questa Sezione assume un valore probatorio diverso a seconda della natura dei fatti da esso attestati, potendosi distinguere al riguardo un triplice livello di attendibilità: a) il verbale è assistito da fede privilegiata, ai sensi dell’art. 2700 cod. civ., relativamente ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale, nonché quanto alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni a lui rese; b) quanto alla veridicità so- stanziale delle dichiarazioni a lui rese dalle parti o da terzi — e dunque anche del contenuto di documenti formati dalla stessa parte e/o da terzi — esso fa fede fino a prova contraria, che può essere fornita qualora la specifica indicazione delle fonti di conoscenza consenta al giudice ed alle parti l’eventuale controllo e valutazione del contenuto delle dichiarazioni; c) in mancanza della indicazione specifica dei soggetti le cui dichiarazioni vengono riportate nel verbale, esso costituisce comunque elemento di prova, che il giudice deve in ogni caso valutare, in concorso con gli altri elementi, potendo essere disatteso solo in caso di sua motivata intrinseca inattendibilità o di contrasto con altri elementi acquisiti nel giudizio, attesa la certezza, fino a querela di falso, che quei documenti sono comunque stati esaminati dall’agente verificatore (Cass. 24 novembre 2017 n.28060; conforme Cass. 5 ottobre 2018 n.24461; Cass. 21 novembre 2018 n.30031). …”
Pertanto per i giudici di piazza Cavour “… l’avviso di accertamento è un atto amministrativo, espressione della potestà impositiva dell’Amministrazione finanziaria a conclusione del procedimento amministrativo con cui viene determinata la pretesa impositiva (Cass. 11 marzo 2002 n.3513; con- forme, Cass. 16 febbraio 2023 n.4824).
L’atto impositivo è munito di efficacia dichiarativa, che accerta l’obbligazione tributaria sorta non appena si verifica il presupposto del tributo e solo se non impugnato, o se l’impugnazione nei suoi confronti viene meno ad esempio per estinzione del processo tributario (Cass. 8 febbraio 2008 n.3040; Cass. 19 ottobre 2015 n.21143), è suscettibile di attribuire certezza ai fatti contestati dall’Amministrazione finanziaria al debitore all’interno dell’atto a lui notificato. …”
Gli Ermellini precisano che “… L’avviso di accertamento non è suscettibile di per sé di produrre un effetto certificativo, effetto proprio di atti amministrativi tipici e nominati che determinano effetti di certificazione erga omnes come nel caso di certificati anagrafici, albi legali, casellario giudiziale, pubblici registri e simili.
(…) Pertanto, l’atto impositivo – oltre che essere passibile di riesame in autotutela ai sensi del D.M. Finanze 11 febbraio 1997 n. 37 senza effetto sospensivo dei termini né dell’efficacia dell’atto – è impugnabile dal destinatario della sua notifica non con la querela di falso dell’art.221 cod. proc. civ., bensì entro 60 giorni ex art.18 d.lgs. n.546 del 31 dicembre 1992 davanti al giudice tributario, autorità indicata come competente all’interno dell’atto ricevuto insieme alle informazioni su come proporre ricorso. …”
In altri termini la problematica della delega di firma va valutata nell’ambito della “verificazione accertativa” e non certificativa; per cui l’inesistenza della delega impone al giudice tributario di valutare la legittimità dell’operato dell’Amministrazione Finanziaria non potendosi limitare ad affermare in sentenza che la dichiarazione di esistenza sia sufficiente a superare l’eccezione del contribuente ricorrente.