La Corte di Cassazione con la sentenza n. 15211 depositata il 30 maggio 2023, intervenendo in tema di rimborso di imposte versate a seguito di assolvimento indebito del tributo, ha statuito che “… il contribuente che abbia, in dichiarazione, assoggettato propri redditi ad imposta che ritiene non dovuta e provveduto al relativo versamento, in via di autotassazione, può chiederne in linea di principio la restituzione nel termine previsto dall’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973 non essendo ciò precluso dalla mancanza di una dichiarazione integrativa e non avendo tale comportamento valore di una scelta negoziale e volontaria. …”
La vicenda ha riguardato una società per azione, in amministrazione straordinaria, che aveva presentato una istanza di rimborso delle maggior imposte versate in conseguenza dell’evidenziazione in bilancio di utili fittizi confluiti nella dichiarazione dei redditi e tassati in misura piena. L’Agenzia delle Entrate nego il rimborso. Avverso il diniego dell’istanza di rimborso la contribuente propose ricorso alla Commissione Tributaria provinciale (attualmente Corte di Giustizia Tributaria di primo grado). I giudici di prime cure rigettarono il ricorso. La società impugno in appello la decisione della CTP. I giudici di appello confermarono la sentenza impugnata affermando che non era in contestazione che la società avesse esposto in bilancio utili non conseguiti per circa 196 milioni di euro e pagato di conseguenza le imposte su tali utili fittiziamente dichiarati. Il pagamento di imposte su utili inesistenti era stato voluto ed accettato dalla società nell’ambito di un disegno criminoso volto a dare all’esterno un’immagine di solidità e che ciò non configurava alcuna delle ipotesi che davano luogo al diritto al rimborso (errore, duplicazione di versamento e anche inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento). Avverso la decisione di appello la società proponeva ricorso in cassazione fondato su cinque motivi.
Gli Ermellini accolsero il primo, il secondo, il terzo e il quarto motivo del ricorso, assorbito il quinto.
I giudici di legittimità hanno precisato che “… L’art. 38 d.P.R. n. 602 del 1973 autorizza la presentazione dell’istanza di rimborso, oltre che in caso di errore materiale, in quello di «inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento», con disposizione che, secondo una consolidata giurisprudenza di questa Corte, opera in maniera indifferenziata in tutte le ipotesi di ripetibilità del versamento indebito, a prescindere dalla riferibilità dell’errore al versamento, all’an o al quantum del tributo (Cass. 17/04/2019, n. 10693; Cass. 07/08/2015, n. 16617; Cass. 06/03/2015, n. 4578; Cass. 16/11/2011, n. 24058; Cass. 22/05/2006, n. 11987). In particolare, Cass. n. 10693/2019 ha riconosciuto la ripetibilità dell’importo versato anche nel caso in cui il versamento oggetto del rimborso domandato era conseguente ad un comportamento volontario del contribuente, di mancata esposizione delle perdite in dichiarazione. Anche la fattispecie in cui l’istante chiede il rimborso per l’inesistenza fin dall’origine dell’obbligo fiscale ricade poi nel raggio di applicazione dell’art. 38, primo comma, del d.P.R. n. 602 del 1973 (Cass. 27/03/2019, n. 8516). …”
Ed ancora viene evidenziato che “… le norme sulla imposizione diretta, ispirate al principio costituzionale della capacità contributiva, non contemplano infatti ipotesi di responsabilità fiscale <<oggettiva>>, indipendente dall’esistenza di un reddito effettivo; tale ipotesi, invece, si rinviene nella disciplina dei tributi indiretti, come l’Iva, che è dovuta per l’intero ammontare della fattura, anche se emessa per operazione inesistente, ai sensi dell’art. 21, comma 7, d.P.R. 633/1972, o l’imposta di registro, dalla quale non è dispensato l’autore di atto nullo o annullabile ex art. 38 d.P.R. 131/1986. ( Cass. 25/09/2019, n. 23879; Cass. 17/07/2019, n. 19191; Cass. 20/11/2008, n. 27569) …”
Per il Supremo consesso l’affermazione della ripetibilità dell’imposta non dovuta (e non solo di quella versata in conseguenza di un errore di versamento) è connessa all’affermazione per cui “… l’emenda o la ritrattazione contenuta nella dichiarazione integrativa (d.P.R. n. 322 del 1988, ex art. 2, comma 8-bis), che si salda con l’originaria dichiarazione presentata, da un lato, e l’istanza di rimborso (d.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38), da proporre entro 48 mesi, nel caso d’inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento, dall’altro, operano su piani diversi del rapporto d’imposta tra Amministrazione finanziaria e contribuente e costituiscono due opzioni concorrenti e non alternative, che l’ordinamento tributario offre all’interessato, a seconda che egli si attivi nel campo applicativo dell’accertamento fiscale (la dichiarazione integrativa) o nel diverso ambito della riscossione dei tributi (l’istanza di rimborso) (così Cass. 16/07/2019, n. 19002, in tema di Irap; nello stesso senso si vedano anche Cass. 15/03/2019, n. 7389, in tema di Ires; Cass. 30/10/2018, n. 27583; Cass. 11/05/2018, n. 11507).
In definitiva, in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi in danno del contribuente, la dichiarazione integrativa intesa alla loro correzione deve essere presentata, ex art. 2, comma 8-bis, d.P.R. n. 322 del 1998, non oltre il termine di presentazione della dichiarazione riguardante il periodo di imposta successivo, portando in compensazione il credito eventualmente risultante, mentre, in caso di avvenuto pagamento di maggiori somme rispetto a quelle dovute, il contribuente, indipendentemente dal rispetto del suddetto termine, può in ogni caso opporsi, in sede contenziosa, alla maggior pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria, senza però poter opporre in compensazione tali somme alle maggiori pretese di quest’ultima, e può chiederne il rimborso entro il termine di quarantotto mesi dal versamento, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973 (Cass. 20/11/2019, n. 30151). …”
I giudici di piazza Cavour ribadiscono che “… Né l’istanza di rimborso è preclusa dall’omessa presentazione della dichiarazione integrativa ai sensi dell’art. 2, comma 8-bis, d.P.R. n. 322 del 1998, non sussistendo alcuna interferenza tra l’autonoma facoltà di emendare gli errori mediante dichiarazione integrativa e la presentazione dell’istanza stessa, operando la prima nell’ambito dell’accertamento del debito tributario e la seconda nell’ambito del procedimento di riscossione.
Tale impostazione è ampiamente condivisa da questa Corte, la quale, in linea con i principi espressi dalle Sezioni Unite nella sentenza 7/06/2016, n. 13378, ha, anche di recente, ribadito che l’emenda o la ritrattazione contenuta nella dichiarazione integrativa (d.P.R. n. 322 del 1988, ex art. 2, comma 8-bis), che si salda con l’originaria dichiarazione presentata, da un lato, e l’istanza di rimborso (d.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 38), da proporre entro 48 mesi, nel caso d’inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento, dall’altro, operano su piani diversi del rapporto d’imposta tra Amministrazione finanziaria e contribuente e costituiscono due opzioni concorrenti e non alternative, che l’ordinamento tributario offre all’interessato, a seconda che egli si attivi nel campo applicativo dell’accertamento fiscale (la dichiarazione integrativa) o nel diverso ambito della riscossione dei tributi (l’istanza di rimborso) (così Cass. 16/07/2019, n. 19002, in tema di Irap; nello stesso senso si vedano anche Cass. 15/03/2019, n. 7389, in tema di Ires; Cass. 30/10/2018, n. 27583; Cass. 11/05/2018, n. 11507).
In definitiva, in caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi in danno del contribuente, la dichiarazione integrativa intesa alla loro correzione deve essere presentata, ex art. 2, comma 8-bis, d.P.R. n. 322 del 1998, non oltre il termine di presentazione della dichiarazione riguardante il periodo di imposta successivo, portando in compensazione il credito eventualmente risultante, mentre, in caso di avvenuto pagamento di maggiori somme rispetto a quelle dovute, il contribuente, indipendentemente dal rispetto del suddetto termine, può in ogni caso opporsi, in sede contenziosa, alla maggior pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria, senza però poter opporre in compensazione tali somme alle maggiori pretese di quest’ultima, e può chiederne il rimborso entro il termine di quarantotto mesi dal versamento, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973 (Cass. 20/11/2019, n. 30151). …”
Pertanto il contribuente è legittimato, ai sensi dell’art. 38 del dpr. 602/1973, alla presentazione dell’istanza di rimborso del tributo indebitamente assolto anche l’ipotesi di inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento ove pure conseguente ad
una precisa scelta, ad un comportamento volontario e non solo di errore materiale. Né l’istanza di rimborso, entro il termine decadenziale, viene precluso dalla mancanza della dichiarazione integrativa non sussistendo alcuna interferenza tra l’autonoma facoltà di emendare gli errori mediante dichiarazione e la presentazione dell’istanza stessa.
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