La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza n. 27392 depositata il 6 dicembre 2013 intervenendo in tema di licenziamento è intervenuta nuovamente sul medesimo caso non ha potuto fare altro che convalidare il licenziamento operato dall’azienda di fronte alle prove presentate dalla stessa, che tramite una perizia sull’hard disk è riuscita a dimostrare che il lavoratore, non solo aveva messo a repentaglio la sicurezza aziendale con il peer to peer, ma utilizzava il programma di condivisione per scaricare illecitamente film, musica e materiale pornografico da internet, nonché per effettuare acquisti in un noto negozio virtuale. A nulla vale, inoltre, l’invocazione del “ne bis in idem” da parte del lavoratore, in quanto i fatti contestati nel secondo provvedimento espulsivo sono ben diversi dal primo.
In precedenza la Corte era intervenuta sul caso con la sentenza n. 26397/2013 con cui aveva escluso il licenziamento del dipendente che aveva installato un programma di condivisione file sul pc aziendale con lo scopo di scaricare film e musica, perché il fatto contestato al lavoratore era stato considerato generico e il provvedimento sproporzionato rispetto all’illecito.
La vicenda ha riguardato un dipendente cui veniva contestato di aver installato il programma ‘eMule’ sul pc aziendale, scaricando dalla rete innumerevoli files video, immagini, audio – di contenuto vario, anche pornografico – a soli scopi personali, e utilizza il pc per finalità diverse dall’attività lavorativa. il tutto in violazione di specifiche norme della “Policy Aziendale”, puntualmente riportate. Al termine della procedura disciplinare veniva emesso il provvedimento di licenziamento.
Il lavoratore impugnava il provvedimento di espulsione inanzi al Tribunale, in veste di giudice del lavoro, dichiarando la legittimità del licenziamento disciplinare per giusta causa intimato. Il lavoratore impugnava la pronuncia del giudice di prime cure inanzi alla Corte di Appello che confermava la decisione del Tribunale, accogliendo la domanda in tal senso proposta dalla detta società, e rigettato la riconvenzionale spiegata dal dipendente intesa a sentir dichiarare illegittimo il menzionato recesso. In particolare i giudici territoriali puntualizzano che la contestazione degli addebiti, contrariamente a quanto sostenuto dal C., era stata tempestiva in quanto effettuata a mezzo missiva consegnata a mani del dipendente il primo giorno utile, ossia, al momento della sua materiale reintegra nel posto di lavoro ( a seguito della decisione del Tribunale di Roma di declaratoria di illegittimità del licenziamento intimato il 19.12.2006) non potendo avvenire prima in quanto ai momento in cui la società era venuta a conoscenza dei fatti posti a fondamento del secondo recesso il C. non era più suo dipendente per essere stato licenziato;
Il dipendente per la cassazione di tale sentenza propone ricorso, basato su otto motivi di censura, alla Corte Suprema.
Gli Ermellini rigettano il ricorso del lavoratore ritenendo infondate le motivazioni.
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