MINISTERO LAVORO E POLITICHE SOCIALI – Lettera circolare 25 giugno 2013, n. 11533
Sentenza Corte Costituzionale n. 119 del 3-5 giugno 2013 in materia di ricorsi al Comitato regionale per i rapporti di lavoro ex art. 17 D.Lgs. n. 124/2004.
Con la sentenza di cui all’oggetto (di seguito allegata) la Corte Costituzionale è intervenuta sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 17, comma 3, D.Lgs. n. 124/2004 “nella parte in cui dispone la sospensione anziché l’interruzione del termine di cui all’art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689, in caso di proposizione di ricorso amministrativo al Comitato regionale per i rapporti di lavoro.”
La questione trae origine dalla diversa disciplina propria del regime del “doppio binario” introdotto dal Legislatore con riferimento ai nuovi ricorsi amministrativi previsti dagli artt. 16 e 17 del D.Lgs. n. 124/2004.
In particolare il Giudice delle leggi ha accolto l’eccezione di incostituzionalità sollevata dal Giudice rimettente in ordine alla ingiustificata disparità di trattamento venutasi a determinare in seguito alla previsione, per il ricorso di cui all’art. 16 del decreto citato, degli effetti interruttivi del termine per proporre il ricorso giurisdizionale ex art. 22 L. n. 689/1981, rispetto alla previsione di effetti meramente sospensivi per coloro che propongono l’analogo ricorso di cui all’art. 17 della norma in parola.
In pratica, dal tenore letterale delle norme in esame, configuranti la disciplina dei citati ricorsi amministrativi, scaturiva una disparità di trattamento, in ordine alla tempistica per proporre il ricorso giurisdizionale, fra i soggetti che proponevano ricorso ex art. 16 e quelli che proponevano ricorso ex art. 17, laddove i primi potevano beneficiare del termine integrale, in conseguenza del predetto effetto interruttivo, mentre i secondi potevano fruire solo del termine residuale rispetto al periodo già trascorso nelle more della proposizione del gravame amministrativo, con la conseguente compressione del diritto di difesa costituzionalmente garantito e l’evidente disomogeneità di discipline regolanti ricorsi in tutto e per tutto simili.
Nella fattispecie in esame, la Consulta ha ritenuto che le diverse finalità e caratteristiche dei ricorsi in argomento non possano, in ogni caso, giustificare una netta difformità nella regolamentazione dei termini utili per adire l’Autorità giudiziaria.
La Consulta osserva, infatti, che l’applicazione integrale della norma censurata, comportante il solo effetto sospensivo e non interruttivo, porterebbe, una volta percorsa la via amministrativa, ad un potenziale svuotamento della facoltà di ricorrere all’Autorità giudiziaria in ragione dell’azzeramento dei termini per via della loro eventuale consumazione precedente alla proposizione del gravame amministrativo, contrariamente a quello che succede nella corrispondente ipotesi di cui all’art. 16 del D.Lgs. n. 124/2004, dove l’espressa previsione dell’effetto interruttivo legato alla proposizione del relativo ricorso amministrativo preserva per intero il termine per adire il Giudice competente.
Per le ragioni sopra riportate la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, comma 3, del decreto citato “”nella parte in cui dispone che il ricorso al Comitato regionale per i rapporti di lavoro sospende anziché interrompe il termine di cui all’art. 22 della legge n. 689 del 1981”. in quanto configgente con l’art. 3 della Costituzione, per disparità di trattamento e per manifesta irragionevolezza della disciplina della norma censurata, e con l’art. 113, comma 2, sotto il profilo dell’effettività della tutela giurisdizionale nei confronti degli atti della P.A.
In considerazione, pertanto, di quanto statuito dalla Consulta si invitano gli Uffici in indirizzo a voler tener conto del principio di diritto sancito dalla Corte, in ordine all’equiparazione degli effetti legati alla proposizione dei ricorsi amministrativi di cui agli artt. 16 e 17 del D.Lgs. n. 124/2004, comportanti in entrambi i casi l’interruzione del termineutile a proporre il ricorso giurisdizionale ai sensi dell’art. 22 della L. n. 689/1981.
Pertanto, oltre alla logica conseguenza relativa all’impossibilità di proporre in futuro alcuna eccezione di tardività discendente dall’applicazione della norma dichiarata incostituzionale, si rappresenta la necessità di abbandonare qualsiasi difesa basata sul precedente regime di calcolo dei termini per proporre il ricorso in sede giudiziaria.
Allegato
Sentenza Corte Costituzionale n. 119 del 3-5 giugno 2013
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