La Corte di Cassazione con la sentenza n. 30945 depositata il 7 novembre 2023, intervenendo in tema di risoluzione del rapporto di lavoro nelle ipotesi di somministrazione irregolare, ha ribadito il principio di diritto secondo cui “… In tema di somministrazione irregolare, l’art. 80 bis del d.l. n. 34 del 2020, conv., con modif., dalla l. n. 77 del 2020 – ove è previsto che il secondo periodo del comma 3 dell’art. 38 del d.lgs. n. 81 del 2015, ai sensi del quale tutti gli atti compiuti o ricevuti dal somministratore nella costituzione o gestione del rapporto si intendono come compiuti o ricevuti dal soggetto che ha effettivamente utilizzato la prestazione, si interpreta nel senso che tra gli atti di costituzione e di gestione del rapporto di lavoro non è compreso il licenziamento – deve qualificarsi come norma di interpretazione autentica, in quanto, chiarendo la portata della norma interpretata, intervenendo, con effetti retroattivi, su quei profili applicativi che avevano dato luogo ad incertezze, prescrive una regola di giudizio destinata ad operare in termini generali per le controversie già avviate come per quelle future …”
Pertanto per il Supremo consesso il rapporto di lavoro non può considerarsi estinto se il recesso è irrogato dal somministratore e non dall’utilizzatore.
La vicenda ha riguardato un lavoratore subordinato, somministrato, il quale impugnava il licenziamento, comunicatogli dal formale datore di lavoro. I giudici di appello, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, hanno dichiarato “la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con l’impresa utilizzatrice, tuttora in essere” e ha ordinato alla società “la ricostituzione del rapporto di lavoro”, condannando la stessa al pagamento di una indennità pari a 12 mensilità oltre accessori.
Gli Ermellini ribadiscono il principio di diritto secondo cui “In tema di somministrazione irregolare, nell’ipotesi di costituzione del rapporto di lavoro direttamente in capo all’utilizzatore ai sensi dell’art. 27, comma 1, del d.lgs. n. 276 del 2003, è onere del lavoratore impugnare il licenziamento nei confronti di quest’ultimo, posto che, in virtù del subentro disposto “ex lege”, gli atti di gestione compiuti dal somministratore producono nei confronti dell’utilizzatore tutti gli effetti negoziali, anche modificativi del rapporto di lavoro, ivi incluso il licenziamento” (Cass. sentenza n. 17969/2016; ordinanza n. 6668/2019)
Inoltre, i giudici di legittimità hanno precisato che “… in ragione della completa sovrapponibilità dei testi normativi di cui all’art. 27, secondo comma, d.lgs.276 del 2003 e dell’art. 38, terzo comma, d.lgs. n. 81 del 2015, deve ritenersi che l’art. 80 bis cit., di interpretazione autentica dell’art. 38, sebbene privo di portata vincolante rispetto alla disciplina previgente, costituisca criterio ermeneutico decisivo per giungere ad identica conclusione anche in riferimento alla disposizione dettata dall’art. 27 cit. (sulla portata della norma di interpretazione autentica rispetto a disposizioni previgenti v. Cass. n. 24192 del 2006, n. 21746 del 2005; n. 1335 del 2003, tutte in materia di imposte sui redditi). …”
Per la Suprema Corte il licenziamento irrogato dal somministratore (datore solo in senso formale) non ha alcun effetto estintivo del rapporto intercorrente tra il lavoratore e l’utilizzatore (datore in senso sostanziale).
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