La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 47640 depositata il 28 novembre 2023, intervenendo in tema di sequestro preventivo di cui alla D.lgs. n. 231/2001, ha ribadito che “… poiché il criterio su cui plasmare l’onere motivazionale del provvedimento di sequestro deve essere rapportato alla natura anticipatrice della misura cautelare, deve ritenersi corretto, con riferimento, come nel caso di specie, al sequestro che abbia ad oggetto cose profitto del reato, l’indirizzo che afferma la necessità che il provvedimento si soffermi sulle ragioni per le quali il bene potrebbe, nelle more del giudizio, essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato. Una esigenza, questa, rapportata alla ratio della misura cautelare e volta a preservarne, anticipandone i tempi, gli effetti sul presupposto che, ove si attendesse l’esito del processo, gli stessi potrebbero essere vanificati dal trascorrere del tempo. …”
La vicenda ha riguardato una società il cui amministratore e legale rappresentante accusato dei i delitti di cui agli articoli 640 bis e 56, 640 bis e la società per l’illecito amministrativo di cui all’articolo 24 D.lgs n. 231/2001. Nei confronti degli stessi veniva disposto dal GIP un decreto di sequestro preventivo. Sia l’amministratore che la società, avverso il decreto di sequestro preventivo, presentarono ricorso al Tribunale del riesame. I giudici aditi accolsero parzialmente le doglianze dei ricorrenti annullando il decreto impugnato nella parte in cui dispone il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente. Avverso la decisione del Tribunale del riesame la società, ai sensi dell’art. 39 del D.lgs n. 231/2001, propone ricorso in cassazione fondato su due motivi.
Gli ermellini annullano, accogliendo il primo motivo inerente l’assenza del difetto di motivazione sia del decreto di sequestro che dell’ordinanza del riesame in ordine al requisito del periculum in mora, l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale per il suo riesame. In particolare risulta significativa la circostanza che l’indagato e la società erano a conoscenza dell’indagine da novembre 2020, e che alcun cespite è stato dismesso, anzi il patrimonio risulta accresciuto.
I giudici di legittimità precisano che in giurisprudenza si è “… sottolineato il parallelismo con il sequestro conservativo di cui all’art. 316 cod. proc. pen. che presenta le stesse caratteristiche di preservazione della operatività delle statuizioni, relative al “pagamento della pena pecuniaria, delle spese di procedimento e di ogni altra somma dovuta all’erario dello Stato”, anch’esse condizionate alla definitività della pronuncia cui accedono.
E proprio in relazione al sequestro conservativo è stato ricordato come le Sezioni Unite, Zambito del 2014 hanno affermato che per l’adozione del sequestro conservativo è sufficiente che vi sia il fondato motivo per ritenere che manchino le garanzie del credito, ossia che il patrimonio del debitore sia attualmente insufficiente per l’adempimento delle obbligazioni di cui all’art. 316, commi 1 e 2, cod. proc. pen., non occorrendo invece che sia simultaneamente configurabile un futuro depauperamento del debitore, necessario solo a fronte di un patrimonio di per sé adeguato.
In particolare, è stato spiegato che «le garanzie mancano quando sussista la certezza, allo stato, dell’attuale inettitudine del patrimonio del debitore a far fronte interamente all’obbligazione nel suo ammontare presumibilmente accertato; si disperdono, quando l’atteggiamento assunto dal debitore è tale da far desumere l’eventualità di un depauperamento di un patrimonio attualmente sufficiente ad assicurare la garanzia a causa di un comportamento del debitore idoneo a non adempiere l’obbligazione. I due eventi, come chiaramente espresso dall’art. 316, con la formula disgiuntiva rilevano (o possono rilevare) autonomamente».
In sintesi è il parametro della “esigenza anticipatoria” della confisca a dovere fungere da criterio generale cui rapportare il contenuto motivazionale del provvedimento, con la conseguenza che, ogniqualvolta la confisca sia dalla legge condizionata alla sentenza di condanna o di applicazione della pena, il giudice dovrà spiegare, in termini che, naturalmente, potranno essere diversamente modulati a seconda delle caratteristiche del bene da sottrarre, e che in ogni caso non potranno non tenere conto dello stato interlocutorio del provvedimento, e, dunque, della sufficienza di elementi di plausibile indicazione del periculum, le ragioni della impossibilità di attendere il provvedimento definitorio del giudizio. …”