Corte di Cassazione, sezione penale, sentenza n. 47640 depositata il 28 novembre 2023

sequestro preventivo – motivazione

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza in data 16 Marzo 2023 il Tribunale del riesame di Cagliari ha accolto parzialmente, il ricorso avanzato da I. spa e A.G. avverso il decreto di sequestro preventivo, disposto dal Gip del tribunale in data 15 Febbraio 2023, del profitto diretto del reato fino alla concorrenza di euro 972.342,00 e in caso di incapienza nella forma per equivalente delle somme di denaro, conti correnti, depositi di risparmio, polizze assicurative, beni immobili, mobili registrati e non, aziende, quote sociali e altre utilità economiche di proprietà o nella disponibilità dei predetti, sottoposti a indagini per i delitti di cui agli articoli 640 bis e 56, 640 bis e per l’illecito amministrativo di cui all’articolo 24 D.lgs n. 231/2001.

2. Il Tribunale del riesame ha annullato il decreto nella parte in cui dispone il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, confermando nel resto il provvedimento impugnato.

3. Ricorre per Cassazione la società I. spa, già costituita nel procedimento ai sensi dell’articolo 39 D.lgs n. 231/2001, deducendo:

3.1. difetto di motivazione sia del decreto di sequestro che dell’ordinanza del riesame in ordine al requisito del periculum in mora. Lamenta che non sono state indicate le ragioni per cui, nel caso concreto, sussista una carenza delle garanzie patrimoniali o un pericolo che le stesse siano disperse. Sostiene che la motivazione del decreto e dell’ordinanza è solo apparente e comunque prive dei requisiti di coerenza completezza e ragionevolezza. In particolare, la motivazione sarebbe del tutto apparente laddove si sostiene che la società potrebbe volontariamente dismettere ogni cespite potenzialmente aggredibili e che le società commerciali sono soggette ad alterne fortune. Evidenzia che anche a voler considerare la motivazione come non apparente la stessa si presenta viziata da una insuperabile carenza di coerenza e ragionevolezza con riferimento ad entrambi i profili richiamati. Rileva che i dati di fatto che emergono dall’ordinanza impugnata risultano del tutto inconciliabile con la volontà di sottrarre garanzie e beni all’eventuale esecuzione della confisca. L’indagato e la società erano al corrente dell’esistenza delle indagini dal novembre 2020 e da allora non solo non è stato dismesso alcun cespite ma al contrario è stato accresciuto il patrimonio;

3.2. violazione di legge per difetto di motivazione con riguardo ai principi di proporzionalità adeguatezza e gradualità. Lamenta che a fronte di dati di fatto incontestabile il tribunale non si è soffermato sulla individuazione della determinazione del profitto del reato, né ha in alcun modo chiarito perché il sequestro debba riguardare l’intero contributo ricevuto dalla società ammontante a 972.342,96 € e non la sola parte di contributo ritenuta essere stata illegittimamente rendicontata escludendo così dall’ammontare del sequestro tutti i costi di cui non è contestata la legittimità con la conseguenza che è stato confermato un provvedimento di sequestro sproporzionato ed eccessivo.

Considerato in diritto

1. Il secondo motivo di ricorso è infondato.

Il motivo attiene al profilo della sussistenza del reato contestato più che al vizio di motivazione del provvedimento impugnato.

Il tribunale ha dato atto della documentazione prodotta e delle modalità di ottenimento del contributo regionale nella disamina del fumus rilevando come il contributo sia stato ottenuto attraverso la creazione di una situazione di apparenza circa le caratteristiche del personale impiegato, tali da non integrare i requisiti del bando e del relativo programma PISDAS.

La I. aveva creato una situazione di falsa apparenza con riferimento al rispetto degli obblighi posti a carico dalla società sulla base del bando e del disciplinare al fine di poter beneficiare dei contributi pubblici concessi.

La quantificazione delle somme oggetto di sequestro è quindi una conseguenza diretta delle modalità della condotta e correttamente non è stata limitata ad una sola parte o ad una particolare frazione, dal momento che dagli accertamenti investigativi è emerso che la realizzazione del progetto PISDAS all’interno del territorio sardo aveva costituito solo un impegno formale assunto dalla I. spa che fin dalla fase della partecipazione alla procedura si era limitata a simulare impiego di personale e mezzi nelle sedi sovvenzionate creando una situazione di falsa apparenza con riferimento al rispetto degli obblighi posti a carico della società sulla base del bando che all’articolo 3 aveva stabilito che “sono ammissibili a finanziamento unicamente le imprese che intendono realizzare piani di sviluppo aziendale in unità produttive ubicate nel territorio della Sardegna con un’organizzazione stabile”.

2. Il secondo motivo è fondato alla stregua delle seguenti considerazioni.

Lamenta il ricorrente un’apparenza di motivazione con riguardo alla sussistenza del periculum in mora. In particolare, si duole che non sono state indicate le ragioni per cui, nel caso concreto, sussista una carenza delle garanzie patrimoniali o un pericolo che le stesse possano essere disperse.

Sul punto occorre ricordare che le SU Ellade del 24/6/2021 hanno affermato che, poiché il criterio su cui plasmare l’onere motivazionale del provvedimento di sequestro deve essere rapportato alla natura anticipatrice della misura cautelare, deve ritenersi corretto, con riferimento, come nel caso di specie, al sequestro che abbia ad oggetto cose profitto del reato, l’indirizzo che afferma la necessità che il provvedimento si soffermi sulle ragioni per le quali il bene potrebbe, nelle more del giudizio, essere modificato, disperso, deteriorato, utilizzato od alienato. Una esigenza, questa, rapportata alla ratio della misura cautelare e volta a preservarne, anticipandone i tempi, gli effetti sul presupposto che, ove si attendesse l’esito del processo, gli stessi potrebbero essere vanificati dal trascorrere del tempo.

È stato sottolineato il parallelismo con il sequestro conservativo di cui all’art. 316 cod. proc. pen. che presenta le stesse caratteristiche di preservazione della operatività delle statuizioni, relative al “pagamento della pena pecuniaria, delle spese di procedimento e di ogni altra somma dovuta all’erario dello Stato”, anch’esse condizionate alla definitività della pronuncia cui accedono.

E proprio in relazione al sequestro conservativo è stato ricordato come le Sezioni Unite, Zambito del 2014 hanno affermato che per l’adozione del sequestro conservativo è sufficiente che vi sia il fondato motivo per ritenere che manchino le garanzie del credito, ossia che il patrimonio del debitore sia attualmente insufficiente per l’adempimento delle obbligazioni di cui all’art. 316, commi 1 e 2, cod. proc. pen., non occorrendo invece che sia simultaneamente configurabile un futuro depauperamento del debitore, necessario solo a fronte di un patrimonio di per sé adeguato.

In particolare, è stato spiegato che «le garanzie mancano quando sussista la certezza, allo stato, dell’attuale inettitudine del patrimonio del debitore a far fronte interamente all’obbligazione nel suo ammontare presumibilmente accertato; si disperdono, quando l’atteggiamento assunto dal debitore è tale da far desumere l’eventualità di un depauperamento di un patrimonio attualmente sufficiente ad assicurare la garanzia a causa di un comportamento del debitore idoneo a non adempiere l’obbligazione. I due eventi, come chiaramente espresso dall’art. 316, con la formula disgiuntiva rilevano (o possono rilevare) autonomamente».

In sintesi è il parametro della “esigenza anticipatoria” della confisca a dovere fungere da criterio generale cui rapportare il contenuto motivazionale del provvedimento, con la conseguenza che, ogniqualvolta la confisca sia dalla legge condizionata alla sentenza di condanna o di applicazione della pena, il giudice dovrà spiegare, in termini che, naturalmente, potranno essere diversamente modulati a seconda delle caratteristiche del bene da sottrarre, e che in ogni caso non potranno non tenere conto dello stato interlocutorio del provvedimento, e, dunque, della sufficienza di elementi di plausibile indicazione del periculum, le ragioni della impossibilità di attendere il provvedimento definitorio del giudizio.

3. Venendo al caso di specie l’ordinanza del tribunale del riesame è intervenuta, come detto, nell’ambito di un sequestro di un bene quale profitto del reato, e nel rispondere alle deduzioni difensive sul punto, ha affermato, riprendendo la motivazione del decreto, che la possibilità di dispersione conseguente al normale esercizio dell’attività è facilmente esperibile anche laddove la società sia in bonis e non in condizioni di decozione perché i cespiti, oggetto di aggressione, potrebbero essere dispersi sia in relazione alla normale attività economica, sia alle possibili incertezze gestionali conseguenti anche al provvedimento di apprensione e all’indagine in corso.

La motivazione ha tenuto conto della documentazione prodotta dalla difesa a riprova della solidità patrimoniale della azienda, ma ha poi compiuto una astratta valutazione, utilizzabile per tutte le attività economiche, per ritenere configurabile un futuro depauperamento del debitore, sottolineando come, in generale, le società commerciali sono soggette ad alterne fortune, determinate da un’innumerevole quantità di fattori, alcuni dei quali non dipendenti dalla buona e prudente gestione (come crisi di mercato e simili) che possono inaspettatamente in tempi rapidissimi determinare mutamenti radicali anche in relazione a situazioni apparentemente molto floride. Ha ritenuto, in particolare, che doveva essere considerata anche la agevole possibilità di sviare le somme verso altre attività economiche remunerative, ma che comunque potrebbero essere rischiose per la conservazione delle somme oggetto di sequestro. Eventualità valutata non improbabile in un caso come quello in esame in cui agli indagati è contestato proprio di avere posto in essere un’articolata e sofisticata operazione fraudolenta tesa a incassare contributi pubblici non spettanti, attraverso l’occultamento della situazione reale che avrebbe rivelato l’insussistenza dei presupposti per poterne beneficiare.

È vero che nella valutazione il tribunale deve considerare lo stato interlocutorio del provvedimento, ma la motivazione deve dare conto di sufficienti elementi di plausibile indicazione del periculum, in particolare delle ragioni della impossibilità nel caso concreto di attendere il provvedimento definitorio del giudizio, ragioni che non possono essere individuate in generici principi in tema di esercizio di attività commerciale, come avvenuto nel caso di specie.

In altre parole, il Tribunale ha contravvenuto alla necessità di spiegare le ragioni della necessità, nel caso concreto, di adozione dell’ablazione provvisoria prima della pronuncia di condanna e, con essa, della statuizione di confisca, così incorrendo nel vizio di violazione di legge denunciato.

4. L’ ordinanza deve quindi essere annullata con rinvio al Tribunale di Cagliari, sezione del riesame, per nuovo giudizio sul punto.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Cagliari, sezione per il riesame delle misure cautelari reali, per nuovo esame.