AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 17 gennaio 2022, n. 27
Interpello articolo 11, comma 1, lettera a), legge 27 luglio 2000, n. 212. Presunzione relativa della residenza fiscale in Italia di società ed enti, c.d. “esterovestizione”. Articolo 73, comma 5-bis, del TUIR
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
La ALFA (di seguito, anche, “Istante”) è una società fiscalmente residente in X, avente ad oggetto l’attività di Y.
La Società Istante è stata costituita in data W con lo scopo di riunire in un unico soggetto le competenze di due importanti gruppi del settore Y, il Gruppo BETA e il Gruppo EPSILON.
In particolare, la ALFA è controllata dalla società italiana DELTA con una partecipazione pari al 51 per cento del capitale sociale. La restante quota del 49 per cento del capitale di ALFA è detenuta dal sig. Caio. Quest’ultimo è fiscalmente residente in X ed è socio e amministratore della società EPSILON che opera nel medesimo settore di ALFA.
La ALFA è gestita da un consiglio di amministrazione composto da due membri:
– il sig. Tizio, residente in Italia, socio e amministratore di DELTA che riveste la carica di Presidente;
– il sig. Caio che, come già affermato, è residente in X e riveste la carica di Segretario.
L’importanza e i poteri dei due soggetti sopra indicati all’interno del C.d.A. di ALFA sono assolutamente paritari. Tuttavia, lo Statuto della Società ALFA stabilisce che in caso di situazione di stallo, vale a dire in una situazione di conflitto tale da generare una paralisi della governance societaria, il voto del Presidente, sig. Tizio, sia preponderante.
ALFA fino ad oggi, a causa dell’emergenza sanitaria provocata dal virus Covi-19, non ha ancora iniziato a svolgere la propria attività. La società ALFA non è una holding e non detiene partecipazioni in altre società, italiane o estere.
Ciò premesso, l’Istante chiede chiarimenti riguardo all’applicazione in capo a ALFA della disciplina sulla c.d. esterovestizione di cui all’articolo 73, comma 5-bis, del TUIR.
ALFA precisa che il quesito non riguarda la prova contraria da fornire in caso di esterovestizione di una società estera, né la residenza dei soggetti descritti nell’istanza di interpello, ma si riferisce esclusivamente ad alcuni chiarimenti di tipo interpretativo relativi al citato comma 5-bis dell’articolo 73 del TUIR.
In particolare, la Società Istante pone due quesiti:
1) se la disciplina dell’esterovestizione di cui al comma 5-bis dell’articolo 73 del TUIR possa essere applicata a ALFA, dal momento che la medesima società non possiede partecipazioni in società italiane;
2) se il requisito previsto dalla lettera b) del citato comma 5- bis, nel descrivere la condizione dell’organo di gestione ” composto in prevalenza da consiglieri residenti nel territorio dello Stato”, si riferisca esclusivamente a una prevalenza “quantitativa” dei consiglieri residenti in Italia (ad esempio, tre consiglieri su cinque) escludendo una possibile valutazione della prevalenza “qualitativa”, riferita ai poteri dei vari amministratori. L’Istante fa riferimento allo Statuto di ALFA che, in caso di situazione di stallo, vede prevalere il voto del consigliere residente in Italia.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante evidenzia, in primo luogo, che ALFA non detiene partecipazioni in società italiane né estere. Per questo motivo, non dovrebbe applicarsi alla società ALFA la disciplina antielusiva in materia di esterovestizione.
A parere dell’Istante, affinché si applichi l’esterovestizione di cui al comma 5- bis dell’articolo 73 del TUIR, la società localizzata all’estero deve necessariamente detenere partecipazioni di controllo in società o enti residenti nel territorio italiano.
Un’interpretazione della norma che estenda la prova contraria sulla residenza fiscale in Italia anche ad ipotesi in cui la società estera non detiene partecipazioni in società italiane andrebbe ben oltre il tenore letterale dell’articolo 73, comma 5- bis, del TUIR e sarebbe eccessivamente penalizzante per i contribuenti, poiché sarebbero coinvolte anche società che non si trovano in una situazione di rischio di elusione.
Inoltre, la ALFA ritiene che il comma 5- bis, lettera b), dell’articolo 73 del TUIR, nel fare riferimento all’organo di gestione composto prevalentemente da soggetti residenti in Italia, si riferisca alla prevalenza “quantitativa” o “numerica” dei membri del C.d.A. con residenza fiscale italiana.
A parere dell’Istante, una valutazione sui poteri dei consiglieri ed un’analisi “qualitativa” della loro prevalenza andrebbe al di là della finalità dell’articolo 73, comma 5- bis, del TUIR. Resterebbe in ogni caso ferma la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di sindacare casi in cui vi siano consiglieri residenti all’estero con funzioni “fittizie”, la cui presenza sia finalizzata esclusivamente ad aggirare l’ambito applicativo della norma in questione.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Il quesito oggetto dell’istanza di interpello riguarda l’applicazione della presunzione (relativa) contenuta nell’articolo 73, comma 5- bis, del TUIR, in capo alla società ALFA, costituita in X.
La citata disposizione stabilisce che “salvo prova contraria, si considera esistente nel territorio dello Stato la sede dell’amministrazione di società ed enti, che detengono partecipazioni di controllo, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, nei soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, se, in alternativa:
a) sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;
b) sono amministrati da un consiglio di amministrazione, o altro organo equivalente di gestione, composto in prevalenza di consiglieri residenti nel territorio dello Stato”.
La norma in esame, volta a contrastare il fenomeno delle cosiddette “esterovestizioni”, ha ad oggetto le società estere che detengono partecipazioni di controllo in società ed enti residenti in Italia, ossia partecipazioni nei soggetti indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 73 del TUIR.
Come affermato con Circolare 4 agosto 2006, n. 28/E, par. 8, la disciplina dell’esterovestizione consente all’Amministrazione finanziaria di presumere (salvo prova contraria) l’esistenza nel territorio dello Stato della sede dell’amministrazione di società ed enti che detengono direttamente partecipazioni di controllo in società di capitali ed enti commerciali residenti in Italia, quando, alternativamente:
a) sono controllati, anche indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma del codice civile, da soggetti residenti nel territorio dello Stato;
b) sono amministrati da un consiglio di amministrazione o altro organo di gestione equivalente, formato in prevalenza da consiglieri residenti nel territorio dello Stato.
Dalle informazioni contenute nell’istanza di interpello, tuttavia, non risulta che la società ALFA detenga, a sua volta, partecipazioni in società italiane. La società estera viene descritta come una società destinata a svolgere l’attività di Y, senza detenere partecipazioni in altre società, né italiane, né estere.
Nel presupposto della veridicità e correttezza delle informazioni rese dalla ALFA e, in particolare, della circostanza che la medesima società ALFA non svolga la funzione di holding, la soluzione interpretativa rappresentata dall’Istante con riferimento al primo quesito interpretativo appare condivisibile e, dunque, l’articolo 73, comma 5- bis, del TUIR non trova applicazione nel caso in esame.
La risposta positiva riguardante l’assenza del presupposto principale per applicare la normativa in materia di esterovestizione risulta assorbente rispetto al secondo quesito posto nell’istanza di interpello. La Società Istante, infatti, non sarà tenuta ad applicare la lettera b) del comma 5- bis dell’articolo 73 del TUIR e, dunque, a valutare la “prevalenza” dei consiglieri residenti in Italia rispetto a quelli residenti in XXX.
Considerato che il secondo quesito posto dalla Società Istante perde di concretezza, la scrivente non esprime al riguardo alcun giudizio e, al tempo stesso, la soluzione proposta dal contribuente non può ritenersi condivisa sulla base della formazione del silenzio-assenso di cui all’articolo 11, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto del contribuente).
Inoltre, si evidenzia che il presente parere riguarda esclusivamente la presunzione legale relativa di cui al comma 5- bis dell’articolo 73 del TUIR (richiamata nell’istanza) e non contiene alcuna valutazione degli elementi idonei a individuare una eventuale residenza fiscale in Italia della società costituita all’estero. Con specifico riferimento alla fattispecie rappresentata, infatti, potrebbe assumere rilievo il disposto del comma 3 dell’articolo 73 del TUIR, secondo cui si considera residente la società che, per la maggior parte del periodo d’imposta, ha la sede dell’amministrazione nel territorio dello Stato.
Si segnala, al riguardo, che tale circostanza non può essere comunque esaminata in questa sede. Infatti, come chiarito nella circolare 1 aprile 2016, n. 9/E, par. 1.1, il legislatore ha inteso escludere dall’area dell’interpello, coerentemente alla natura, alle finalità dell’istituto e alle regole istruttorie di lavorazione delle istanze, tutte quelle ipotesi (tra cui la residenza fiscale delle società) che sono caratterizzate da una spiccata e ineliminabile rilevanza dei profili fattuali riscontrabili dalla stessa amministrazione finanziaria solo in sede di accertamento.
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