La Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con la sentenza n. 34851 depositata il 13 dicembre 2023, intervenendo in tema di applicabilità dell’art. 363-bis c.p.c. e di giurisdizione, ha risolto in termini positivi l’applicabilità dell’istituto del rinvio pregiudiziale di cui all’articolo 363-bis del c.p.c.. Infatti ha affermato che è applicabile al processo tributario l’art. 363-bis del c.p.c., in quanto il “… generale rinvio alle norme del codice di procedura civile contenuto nell’art. 1, comma secondo, del d.lgs. n. 546 del 1992, che ne consente l’applicazione anche al processo tributario, per quanto non disposto dalle relative disposizioni e nei limiti della compatibilità con le stesse, dell’unicità della disciplina del giudizio di cassazione, applicabile anche al processo tributario, in virtù del rinvio contenuto nell’art. 62, comma secondo, del d.lgs. 546 cit., e della collocazione topografica dell’art. 363-bis cod. proc. civ., inserito proprio tra le disposizioni che disciplinano il giudizio di cassazione, nonché del tenore letterale della norma in esame, che nell’individuare l’organo legittimato a sollevare la questione pregiudiziale d’interpretazione fa riferimento al «giudice di merito», senza ulteriori specificazioni. …”
Il Supremo consesso ha anche evidenziato che “… è proprio la funzione nomofilattico-deflattiva assegnata al rinvio pregiudiziale ad avvalorarne la riferibilità anche al giudizio tributario di merito, non potendosi disconoscere l’utilità di tale strumento proprio in una materia come quella tributaria, nell’ambito della quale si rivela particolarmente pressante l’esigenza di assicurare l’uniforme interpretazione del diritto, anche al fine di contenere la proliferazione di un contenzioso notoriamente assai consistente sotto il profilo quantitativo e spesso connotato da caratteri di serialità, nonché di consentire una più rapida definizione delle controversie pendenti. …”
Inoltre i giudici di legittimità hanno precisato che “… lo strumento introdotto dall’art. 363-bis cod. proc. civ. (…) rimesso all’iniziativa del giudice, il quale può avvalersene non soltanto nel giudizio di primo grado, ma anche in appello, e quindi dopo che sia già intervenuta una decisione, e potendo essere utilizzato soltanto per la risoluzione di una questione esclusivamente di diritto. In sede di rinvio pregiudiziale, resta pertanto precluso il compimento d’indagini di fatto, anche nel caso in cui la questione sollevata rivesta carattere processuale, dovendo questa Corte limitarsi a prendere in esame il quesito di diritto formulato dal giudice di merito, rispetto al quale la situazione di fatto dallo stesso prospettata viene in considerazione esclusivamente ai fini della valutazione in ordine alla rilevanza della questione, che costituisce una delle condizioni di ammissibilità individuate dal primo comma dell’art. 363-bis. …”
Infine nella sentenza in commento si è affermato che l’art. 363-bis c.p.c. configurandosi come uno strumento complementare a quelli già previsti dal codice di rito, rispetto ai quali svolge una funzione diversa, orientata non solo e non tanto tanto alla definizione della singola controversia pendente dinanzi al giudice che dispone il rinvio, quanto all’enunciazione di un principio di diritto suscettibile di applicazione in un numero indefinito di giudizi, già pendenti o futuri, nei quali si ponga la medesima questione. Per cui la funzione “… dell’art. 363-bis cod. proc. civ., la quale consiste invece nel deflazionare il contenzioso inerente ad una determinata materia, favorendo la definizione dei giudizi pendenti e prevenendo l’instaurazione di giudizi futuri mediante la sollecitazione di una pronuncia nomofilattica di questa Corte, avente efficacia vincolante soltanto nell’ambito del giudizio in cui è adottata, ma idonea, per l’autorevolezza della fonte da cui promana e la sua capacità persuasiva, ad orientare le successive decisioni dei giudici di merito e le scelte degli operatori economici e giuridici in ordine alla convenienza dell’instaurazione di ulteriori giudizi. Non a caso, tra le condizioni di ammissibilità del rinvio la norma in esame richiede, oltre alla necessarietà della questione ai fini della definizione anche parziale del giudizio ed alla mancata risoluzione della stessa da parte della Corte di cassazione, l‘esistenza di gravi difficoltà interpretative, che il giudice remittente è tenuto a dimostrare anche mediante la specifica indicazione delle diverse interpretazioni possibili, e l’idoneità della questione a porsi in numerosi giudizi, in tal modo escludendo la possibilità di rimettere al Giudice di legittimità la soluzione di questioni che non richiedano un particolare sforzo ermeneutico o rivestano una portata meramente episodica, in quanto strettamente collegate alla peculiarità della situazione di fatto sottoposta all’esame del giudice di merito. In effetti, relativamente all’istituto in esame, la funzione acceleratoria riveste una portata meramente secondaria ed eventuale rispetto a quella nomofilattico-deflattiva, essendo l’utilità del rinvio apprezzabile non solo e non tanto in relazione al singolo giudizio nello ambito del quale viene disposto, la cui durata non risulta necessariamente abbreviata, quanto e soprattutto in relazione all’intero contenzioso nel quale si pone il quesito di diritto formulato dal giudice di merito, la cui definizione è destinata sicuramente ad essere agevolata dalla risoluzione immediata della questione interpretativa. …”
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