La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 33399 depositata il 30 novembre 2023, intervenendo in tema di utilizzabilità della documentazione extracontabile a seguito di autorizzazione del P.M., ha ribadito che “… in tema di accertamento delle imposte, il contribuente è legittimato ad impugnare, unitamente all’atto impositivo, anche un atto istruttorio prodromico, quale il provvedimento di autorizzazione del Procuratore della Repubblica previsto, in materia di IVA, dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 2, richiamato dal d.P.R. n. 600 del 1973, art. 33, in materia di imposte dirette, emesso nei confronti di soggetto estraneo all’accertamento. Principio, questo, già pronunciato da Cass., Sez. 5, sentenza n. 28577 del 18/10/2021 (Rv. 662595 – 01), secondo cui «In tema di accertamento, l’autorizzazione alla perquisizione domiciliare del Procuratore della Repubblica, prevista dall’art. 52, comma 2, del d.P.R. n. 633 del 1972, è subordinata alla presenza di gravi indizi di violazioni tributarie la cui sussistenza e legittimità deve essere oggetto di verifica da parte del giudice, atteso che tale requisito coinvolge la regolarità del procedimento accertativo su cui si fonda la pretesa impositiva; verifica che deve essere compiuta anche nel caso in cui il contribuente impugni l’autorizzazione relativa a perquisizione compiuta presso il domicilio di un terzo e a seguito della quale sono stati rinvenuti documenti poi utilizzati in sede di contestazione tributaria nei confronti dello stesso contribuente». …”
La vicenda ha riguardato una società a responsabilità limitata che a seguito del rinvenimento di documentazione presso l’abitazione della madre del legale rappresentante e della redazione di un p.v.c. l’Agenzia delle Entrate notificava un avviso di accertamento. La società impugnava tale atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale (attualmente Corte di Giustizia Tributaria di primo grado). I giudici di prime cure respingevano il ricorso della società contribuente. Avverso la decisione della CTP veniva, dalla contribuente, proposto appello. I giudici di appello riformavano la sentenza impugnata ritenendo inutilizzabile la documentazione extracontabile rinvenuta dalla G.d.F. in sede di accesso domiciliare presso l’abitazione della madre del legale rappresentante della società sottoposta a verifica fiscale stante l’illegittimità dell’autorizzazione rilasciata dal Procuratore della Repubblica in quanto fondata su delazione anonima, come tale inidonea ad integrare il requisito della sussistenza dei gravi indizi dei violazioni fiscali. L’Agenzia delle Entrate proponeva, avverso la sentenza di appello, ricorso in cassazione fondato su quattro motivi.
Gli Ermellini rigettano il ricorso dell’Amministrazione finanziaria.
I giudici di legittimità, in ordine alla legittimità della società ad eccepire la legittimità dell’autorizzazione rilasciata dal Procuratore della Repubblica, hanno precisato, confermando il principio di diritto secondo cui “… La giurisdizione del giudice tributario, a seguito della modifica introdotta dall’art. 12, comma secondo, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 all’art. 2 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ha carattere pieno ed esclusivo, estendendosi non solo all’impugnazione del provvedimento impositivo, ma anche alla legittimità di tutti gli atti del procedimento, ivi compresi gli ordini di verifica, a seguito dei quali l’attività di accertamento inizia (Cass., Sez. U, n. 6315 del 2009 Rv. 607458 – 01), nonché l’autorizzazione rilasciata dal Procuratore della Repubblica ai sensi dell’art. 52, comma 3, del d.P.R. n. 633 del 1972 (Cass., Sez. U, n. 11082 del 2010, Rv. 612858 – 01).
[…]
L’insegnamento nomofilattico di questa Corte (rinvenibile anche in Cass. n. 23595 del 2011, Rv. 619979 – 01), è quindi chiaro nel ritenere che la giurisdizione del giudice tributario «non ha ad oggetto solo gli atti per così dire finali del procedimento amministrativo di imposizione tributaria (ovverosia gli atti definiti, propriamente, come impugnabili dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19) ma investe – nei limiti, ovviamente, dei motivi sottoposti dal contribuente all’esame di quel giudice ai sensi del medesimo D.Lgs., art. 18, comma 2, lett. e), – tutte le fasi del procedimento che hanno portato alla adozione ed alla formazione di quell’atto tanto che l’eventuale giudizio negativo in ordine alla legittimità e/o alla regolarità (formale e/o sostanziale) su un qualche atto istruttorio prodromico può determinare la caducazione, per illegittimità derivata, dell’atto finale impugnato» (Cass., Sez. U, n. 11082 del 2010, cit., che richiama «in terminis ex multis, Cass. SS.UU. civ., sent. n. 103 del 12 marzo 2001»), atteso che «la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria […] è assicurata mediante il rispetto di una sequenza ordinata secondo una progressione di determinati atti, con le relative notificazioni, destinati, con diversa e specifica funzione, a farla emergere e a portarla nella sfera di conoscenza dei destinatari, allo scopo, soprattutto, di rendere possibile per questi ultimi un efficace esercizio del diritto di difesa» (Cass., Sez. U, 4 marzo 2008 n. 5791; ma già, Cass., Sez. U, 25 luglio 2007 n. 16412). …”
Inoltre per il Supremo consesso, in ordine alla tempistica della loro deduzione, ha precisato che “… gli eventuali vizi degli atti della sequenza procedimentale (nei casi esaminati, degli ordini di verifica e dell’autorizzazione ex art. 52 del d.P.R. n. 633 del 1972), «potranno tuttavia essere dedotti soltanto e nel momento in cui si impugni il provvedimento che conclude l'”iter” di accertamento. Gli eventuali vizi di tale autorizzazione, in quanto attinente esclusivamente al procedimento amministrativo di verifica tributaria e produttiva di effetti solo nell’ambito dello stesso, potranno essere dedotti soltanto e nel momento in cui si impugni il provvedimento che conclude l'”iter” di accertamento. Qualora, invece, l’attività di accertamento non sfoci in un atto impositivo […] l’autorizzazione del P.M., in quanto ipoteticamente lesiva del diritto soggettivo del contribuente a non subire verifiche fiscali al di fuori dei casi previsti dalla legge, e la connessa compressione dei propri diritti anche costituzionali (in particolare, libertà di domicilio, di corrispondenza, di iniziativa economica), sarà autonomamente impugnabile dinanzi al giudice ordinario, nessun elemento di collegamento potendosi ricavare dall’art. 7, comma quarto, della legge n. 212 del 2000, che si limita ad attribuire alla giurisdizione del giudice amministrativo, secondo i normali criteri di riparto, l’impugnazione di atti amministrativi a contenuto generale o normativo, ovvero di atti di natura provvedimentale che costituiscano un presupposto dell’esercizio della potestà impositiva» Cass., Sez. U, n. 11082 del 2010; in senso analogo Cass. Sez. U, n. 6315 del 2009 con riferimento agli ordini di verifica). …”
Infine si evince dall’ordinanza in commento che la comunicazione, anche anonima, sia pure dettagliata, non integra i gravi indizi di cui al comma 2 dell’art. 52 del Dpr n. 633/72 e dell’art. 33 del Dpr n. 600/73.
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