Nel processo tributario trova applicazione l’articolo 153 del c.p.c., in base al contenuto del comma 2 dell’art. 1 del D.Lgs. n. 546/1992. Pertanto il giudice tributario può applicare l’istituto della rimessione in termini, quindi il contribuente o la parte ricorrente che è incorsa nella decadenza per cause ad essa non imputabile, quindi esterno alla sua volontà (cause di forza maggiore o per inadeguatezza del termine stesso), o del suo legale può richiedere la rimessione in termine per ripresentare istanze o attività che altrimenti gli sarebbero precluse. Il giudice tributario, sulla base del comma 2 dell’art. 294 c.p.c., “… se ritiene verosimili i fatti allegati, ammette, quando occorre, la prova dell’impedimento, e quindi provvede sulla rimessione in termini delle parti. …”
L’istituto in commento fonda la sua giustificazione sulla necessità di munire della massima garanzia diritto di difesa dei destinatari degli atti amministrativi della pubblica amministrazione, nel rispetto dei principi costituzionali di cui agli artt. 24 e 113 Costituzione.
Inoltre la parte incorsa nella decadenza deve provvedere alla presentazione dell’istanza con tempestività, nel rispetto del principio secondo cui l’appellante che si sia limitato a resistere all’eccezione di tardività, ma non abbia formalmente e tempestivamente richiesto con l’atto di appello, di essere rimesso in termini, non può dolersi della dichiarazione di inammissibilità.
Tempestività della richiesta di rimessione in termini
In ordine al requisito della necessità della tempestività dell’istanza di rimessione in termini la giurisprudenza ha puntualizzato “… che l’appellante che si sia limitato a resistere all’eccezione di tardività dell’impugnazione sollevata “ex adverso”, ma non abbia formalmente e tempestivamente richiesto, con l’atto di gravame, di essere rimesso in termini, non può dolersi della declaratoria di inammissibilità dell’appello deducendo, con il ricorso per cassazione, la violazione della disciplina della rimessione in termini, poiché quest’ultima, tanto nella versione prevista dall’art. 184-bis proc. civ., quanto in quella di cui al novellato art. 153, comma 2, cod. proc. civ., presuppone la tempestività dell’iniziativa della parte, da intendere come immediatezza della reazione al palesarsi della necessità di svolgere un’attività processuale ormai preclusa (Cass., sez. 3, 27 settembre 2016, n. 19290; Cass. ordinanza n. 268/2022). …”
L’art. 153 c.p.c., comma 2, richiede tempestività per la la rimessione in termini da parte di chi incorre nella decadenza dei termini per cause non imputabili ad esso. Con tempestività si intende immediatezza nel reagire alla mancanza. In altri termini la tempestività da intendere come immediatezza della reazione della parte stessa al palesarsi della necessità di svolgere un’attività processuale ormai preclusa
Il concetto di “immediatezza della reazione” non implica, dunque, come “corollario” che l’istanza di rimessione debba intervenire, comunque, entro il termine del quale si alleghi essere stata impossibile l’osservanza per causa non imputabile alla parte, dovendo, viceversa, interpretarsi solo come necessità che la parte istante “si attivi in un termine ragionevolmente contenuto e rispettoso del principio “della durata ragionevole del processo”. (vedasi Cass. ordinanza n. 25289 dell’ 11 novembre 2020; Cass. Sez. 5, ord. 1 marzo 2019, n. 6102, Rv. 652790-01; Cass. Sez. 5, sent. 6 giugno 2012, n. 9114, Rv. 622946-01)
Remissione in termini – orientamento della giurisprudenza
I giudici della Corte Suprema con l’ordinanza n. 268 depositata il 5 gennaio 2022 hanno evidenziato e riconfermato che “… in tema di contenzioso tributario, l’istituto della rimessione in termini, previsto dall’art. 184 bis c.p.c. (abrogato dall’art. 46 della n. 69 del 2009, e sostituito dalla norma generale di cui all’art. 153, comma 2, c.p.c.), è applicabile al rito tributario, operando sia con riferimento alle decadenze relative ai poteri processuali “interni” al giudizio, sia a quelle correlate alle facoltà esterne e strumentali al processo, quali l’impugnazione dei provvedimenti sostanziali (Cass., sez. 5, 17 giugno 2015, n. 12544).
7.5 Si è, poi, ritenuto, quanto alla necessità della tempestività dell’istanza di rimessione in termini, che l’appellante che si sia limitato a resistere all’eccezione di tardività dell’impugnazione sollevata “ex adverso”, ma non abbia formalmente e tempestivamente richiesto, con l’atto di gravame, di essere rimesso in termini, non può dolersi della declaratoria di inammissibilità dell’appello deducendo, con il ricorso per cassazione, la violazione della disciplina della rimessione in termini, poiché quest’ultima, tanto nella versione prevista dall’art. 184-bis proc. civ., quanto in quella di cui al novellato art. 153, comma 2, cod. proc. civ., presuppone la tempestività dell’iniziativa della parte, da intendere come immediatezza della reazione al palesarsi della necessità di svolgere un’attività processuale ormai preclusa (Cass., sez. 3, 27 settembre 2016, n. 19290).
8. Inoltre, l’istituto della rimessione in termini, di cui all’art. 153, secondo comma, c.p.c., presuppone un fatto impeditivo della tempestiva proposizione dell’impugnazione, estraneo alla volontà della parte, e quindi non imputabile, della cui prova essa è onerata, avente carattere di assolutezza, e non di impossibilità relativa, né tantomeno di mera difficoltà (Cass., sez. un., 4 dicembre 2020, n. 27773), in rapporto causale determinante con il verificarsi della decadenza (Cass., 4 aprile 2013, n. 8216; Cass., sez. L, 23 gennaio 2003, n. 1014).
[…]
Pertanto, il difensore della società avrebbe dovuto attivarsi con anticipo per provvedere alle formalità della notificazione, essendo edotto della circostanza che il 14 novembre 2012, vi sarebbe stato uno sciopero del servizio Si è ritenuto, infatti, che la scelta discrezionale di depositare l’atto l’ultimo giorno utile impone di informarsi degli orari degli uffici di cancelleria e di regolarsi di conseguenza (Cass., sez. 3, 6 luglio 2018, n. 17729). Tra l’altro, l’art. 2, primo comma, della legge 12 giugno 1990, n. 146, relativa ai servizi pubblici essenziali, stabilisce le procedure da seguirsi nella proclamazione degli scioperi ed impone i limiti concernenti la necessità dell’erogazione agli utenti delle prestazioni indispensabili per garantire loro il godimento dei diritti della persona (Cass., sez. L, 14 settembre 2000, n. 12150; Cass., sez. L, 15 marzo 2001, n. 3785).
[…]
il principio della sottrazione alla decadenza del soggetto incorsovi per cause a lui non imputabili, desumibile dal sistema normativo complessivo e dall’evoluzione giurisprudenziale, deve affermarsi anche in materia di contenzioso tributario, in forza dell’applicazione in via analogica degli art. 2963, terzo comma, cod. civ. e dell’art. 155, quarto comma, cod. civ.; ne consegue, ai fini della proroga dei termini per effetto del mancato funzionamento degli uffici giudiziari, che detto termine scadrà il giorno immediatamente successivo a quello del mancato o irregolare funzionamento, sempre che la parte interessata offra la prova del disfunzionamento attraverso la produzione della dichiarazione di accertamento del dirigente dell’ufficio giudiziario (Cass., sez. 5, 31 agosto 2007, n. 18353).
…”
La Corte di Cassazione a sezioni unite con la sentenza n. 21884 del 2022 ha ribadito che il “… principio – enunciato, in particolare, dalle sentenze n. 8053 del 7 aprile 2014 e n. 14916 del 20 luglio 2016 di queste Sezioni Unite, ma che ha trovato poi ampio e consolidato consenso nella giurisprudenza successiva – secondo cui le disposizioni degli artt. 1 (“I giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile”: comma 2) e 49 (“Alle impugnazioni delle sentenze delle commissioni tributarie si applicano le disposizioni del titolo III, capo I, del libro II del codice di procedura civile, e fatto salvo quanto disposto nel presente decreto”: comma 1) del d.lgs. n. 546 del 1992, relative al processo e alle impugnazioni in generale, istituiscono “un’autentica specialità del rito tributario, sancendo la prevalenza della norma processuale tributaria, ove esistente, sulla norma processuale ordinaria, la quale ultima si applica, quindi, in via del tutto sussidiaria, oltre che nei limiti della compatibilità”. …”
In particolare i giudici di legittimità con la sentenza n. 11029 depositata il 26 aprile 2023 hanno evidenziato, attraverso un sunto sul tema, che “…. a norma dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 546 del 1992, che recita che «i giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile», anche il processo tributario è regolato, in tema di rimessione in termini, dall’art. 153, comma 2, cod. proc. civ. (l’art. 184 bis cod. proc. civ. è stato abrogato dall’art. 46 della legge n. 69 del 2009), che prevede che «la parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per cause ad essa non imputabili può chiedere al giudice istruttore di essere rimessa in termini». A sua volta, l’art. 294, comma 2, cod. proc. civ. prevede che «Il giudice, se ritiene verosimili i fatti allegati, ammette, quando occorre, la prova dell’impedimento, e quindi provvede sulla rimessione in termini delle parti».
Questa Corte, anche di recente, ha affermato l’applicabilità dell’istituto della rimessione nei termini pure nel processo tributario (Cass. Sez. U., 6 settembre 2022, n. 26283, in motivazione; Cass., 5 gennaio 2022, n. 268; Cass., 17 giugno 2021, n. 17237).
E’ stato, inoltre, specificato che, in tema di contenzioso tributario, l’istituto della rimessione in termini, opera sia con riferimento alle decadenze relative ai poteri processuali «interni» al giudizio, sia a quelle correlate alle facoltà esterne e strumentali al processo, quali l’impugnazione dei provvedimenti sostanziali (Cass., 1 ottobre 2018, n. 23793; Cass., 1 marzo 2019, n. 6102) e che la rimessione in termini presuppone che la parte incorsa nella decadenza per causa ad essa non imputabile si attivi con tempestività e, cioè, in un termine ragionevolmente contenuto e rispettoso del principio della durata ragionevole del processo (Cass., 11 novembre 2020, n. 25289; Cass., 5 agosto 2021, n. 22342; Cass., 13 ottobre 2022, n. 29919).
Ancor più specificamente le Sezioni Unite di questa Corte, in tema, hanno affermato che l’istituto della rimessione in termini presuppone la sussistenza in concreto di una causa non imputabile, riferibile ad un evento che presenti il carattere dell’assolutezza, e non già un’impossibilità relativa, né tantomeno una mera difficoltà e che sia in rapporto causale determinante con il verificarsi della decadenza in questione (Cass., Sez. U., 4 dicembre 2020, n. 2773; Cass., 6 febbraio 2019, n. 3482; Cass., 23 novembre 2018, n. 30512; Cass., 4 aprile 2013, n. 8216).
Con particolare riferimento alla questione in esame, questa Corte ha, pure, affermato che la rimessione in termini, che richiede la dimostrazione che la decadenza sia stata determinata da una causa non imputabile alla parte, perché cagionata da un fattore estraneo alla sua volontà, non può essere riferita ad un evento esterno al processo, impeditivo della costituzione della parte, quale la circostanza dell’infedeltà del legale che non abbia dato esecuzione al mandato difensivo, giacché attinente esclusivamente alla patologia del rapporto intercorrente tra la parte sostanziale e il professionista incaricato ai sensi dell’art. 83 cod. proc. civ., che può assumere rilevanza soltanto ai fini di un’azione di responsabilità promossa contro quest’ultimo, e non già, quindi, spiegare effetti restitutori al fine del compimento di attività precluse alla parte dichiarata contumace, o, addirittura, comportare la revoca, in grado d’appello, di tale dichiarazione (Cass., 7 luglio 2022, n. 21649; Cass., 10 febbraio 2021, n. 3340; Cass., 24 aprile 2019, n. 11229; Cass., 6 luglio 2018, n. 17729; Cass., 17 novembre 2016, n. 23430; Cass., 28 settembre 2011, n. 19836). Inoltre, non sono state ravvisate le condizioni per la rimessione in termini nella mancata comunicazione, ad opera del domiciliatario, dell’avvenuta notificazione del provvedimento, trattandosi di impedimento riconducibile esclusivamente alla patologia del rapporto intercorso con il professionista incaricato della domiciliazione (Cass., Sez. U., 4 dicembre 2020, n. 2773); nell’intervento regolatore delle Sezioni Unite, derivante da un preesistente contrasto di orientamenti di legittimità in ordine alle norme regolatrici del processo (Cass., 9 novembre 2021, n. 32827); nella chiusura dell’ufficio postale nell’ultimo giorno utile per effettuare la notifica, a causa dello sciopero del personale (Cass., 5 gennaio 2022, n. 268).
2.3 Una parte della dottrina più autorevole ha, poi, individuato i presupposti che, ai fini della operatività dell’istituto della rimessione in termini, devono essere sottoposti al vaglio del giudice: 1) aver tenuto un comportamento processuale diligente; 2) l’effettiva formazione di un decadenza che precluda l’esercizio di un potere difensivo legittimamente conferito dalle norme processuali; l’attribuibilità di tale preclusione a una causa «non imputabile» alla stessa condotta della parte; l’inesistenza di altri mezzi processuali utili al superamento della preclusione sopravvenuta; e con specifico riferimento alla «non imputabilità della causa», nozione definita volutamente elastica e comprensiva di fattispecie eterogenee, ha ricondotto la stessa sotto il comune denominatore della irriconducibilità dell’evento (cagionante la preclusione) ad una condotta colposa o, finanche, dolosa della parte che invoca la rimessione in termini, ritenendo, poi, in ultimo, che il concetto di «causa non imputabile», assorba il cosiddetto «caso fortuito» ed anche le «cause di forza maggiore», la prima caratterizzata da una particolare inevitabilità e comprensiva anche di fatti umani quali i provvedimenti delle autorità.
2.4 In conclusione, la rimessione in termini di cui all’art. 153, comma 2, cod. proc. civ., istituto certamente finalizzato all’attuazione ai principi costituzionali di tutela delle garanzie difensive e del giusto processo e, nel contempo, collegato al sistema delle preclusioni, mirando ad evitare le decadenze ad esse collegate ogni qualvolta queste si verifichino senza colpa della parte, richiede la verifica della ricorrenza di due elementi e, cioè, dell’esistenza di un fatto ostativo esterno alla volontà della parte, non governabile da quest’ultima e dell’immediatezza della reazione al palesarsi della necessità di svolgere un’attività processuale ormai preclusa; a fronte di ciò, sussiste l’esigenza, anche in ragione dei caratteri di celerità ed immediatezza, che contraddistinguono il processo tributario, che la «rimessione in termini» e specificamente la «scusabilità» dell’errore siano sottoposti a un vaglio particolarmente severo, da parte del giudice tributario di merito, non potendo assurgere al ruolo di espediente processuale per rimediare alla pura inosservanza di un termine di decadenza espressamente contemplato dalla legge.
2.5 Va precisato, in ultimo, che, l’apprezzamento circa la non imputabilità alla parte del fatto ostativo che ha preclude l’attività processuale, nel caso concreto, è accertamento affidato al giudice del merito, la cui decisione, se congruamente motivata, è insindacabile in sede di legittimità (Cass., 7 dicembre 2022, 35959; Cass., 18 ottobre 2022, n. 30514). …”
Rimessioni in termini e sciopero
La corte di Cassazione con l’0rdinanza n. 268/2022 ha statuito il seguente principio di diritto secondo cui “… “L’istituto della rimessione in termini di cui all’art. 153 c.p.c. (art. 184-bis c.p.c., prima della legge n. 69 del 2009,) trova applicazione anche al processo tributario, ma non sussistono i requisiti della causalità e della assolutezza dell’impedimento, tali da giustificare la tardività della proposizione del ricorso originario del contribuente, nell’ipotesi di chiusura dell’ufficio postale nell’ultimo giorno utile per effettuare la notifica, a causa dello sciopero del personale, poiché – a prescindere dalla necessità che la richiesta di rimessione deve essere tempestiva, con adeguata dimostrazione dell’assolutezza dell’impedimento – , nel rito speciale tributario, il contribuente può effettuare la notifica del ricorso di primo grado mediante consegna diretta alla Agenzia delle entrate, all’impiegato addetto, che ne rilascia ricevuta, ai sensi dell’art. 16, terzo comma, del d.lgs. n. 546 del 1992”. …”
Inoltre i giudici di piazza Cavour hanno precisato che “… ove si fosse verificato effettivamente lo sciopero del servizio postale, ciò non avrebbe costituito una causa ostativa assoluta alla notifica del ricorso introduttivo del giudizio. Infatti, il difensore della contribuente ben avrebbe potuto provvedere con la notificazione effettuata a mezzo di “consegna diretta” presso l’Agenzia delle entrate oppure si sarebbe potuto avvalere della notificazione a mezzo ufficiale giudiziario.
Invero, per questa Corte, nel processo tributario, in forza del rinvio operato dall’art. 20 del d.lgs. n. 546 del 1992 al precedente art. 16, comma 3, è senz’altro valida la notificazione del ricorso introduttivo effettuata dal contribuente al concessionario, senza ricorrere all’ufficiale giudiziario o al servizio postale, ma con la consegna diretta presso la sede di quest’ultimo ad impiegato addetto “che ne rilascia ricevuta sulla copia” (Cass., sez. 5, 3 febbraio 2017, n. 2905). …”
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