Agenzia delle Entrate – Risposta n. 282 del 20 maggio 2022
Qualificazione di una società estera ai sensi dell’art. 37, comma 3 del DPR 600/73 e corretta qualificazione dei proventi di una polizza SJP ex art. 44, comma 1 lett.) g-quater del TUIR
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, e’ stato esposto il seguente
QUESITO
L’Istante è un cittadino inglese divenuto fiscalmente residente in Italia ai sensi dell’articolo 2 del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir) a partire dal periodo d’imposta 2020.
L’Istante prima di diventare fiscalmente residente in Italia era residente nel Regno Unito. Ove, in data 15 dicembre 2010, aveva costituito una società denominata inizialmente “Alfa Limited“, divenuta successivamente (dall’8 dicembre 2015) “Beta Limited” (di seguito anche la “Società”) di cui è socio e amministratore insieme alla madre (divenuta amministratrice dal mese di novembre 2020). La società ha sede legale nel Regno Unito ed è ivi residente ai fini fiscali.
Come rappresentato nell’istanza, la Società detiene i seguenti asset:
− i diritti di sfruttamento economico dell’immagine e i diritti di sponsorizzazione dell’Istante;
− una partecipazione pari al 50 per cento del capitale sociale della società denominata “Omega Limited” (di seguito “Partecipata“), con sede legale nel Regno Unito;
− crediti derivanti da numerosi finanziamenti (fruttiferi ed infruttiferi) erogati alla Partecipata e ad una serie di altre società residenti nel Regno Unito.
Oltre a gestire le attività finanziarie e sottostanti agli assets sopra elencati, come riferito dall’Istante, la Società raccoglie e reinveste i proventi che le vengono distribuiti.
Viene, inoltre, rappresentato che la Società è dotata di una struttura organizzativa idonea all’espletamento della propria funzione, presenta annualmente il bilancio d’esercizio redatto secondo i principi contabili applicabili nel Regno Unito e la dichiarazione dei redditi.
Nell’istanza viene rappresentato, inoltre, che la Società non corrisponde all’ Istante alcun corrispettivo né per lo sfruttamento della sua immagine e dei diritti di sponsorizzazione, né come compenso per il suo ruolo di amministratore.
Ciò posto, l’Istante chiede conferma che la Società sia da considerare validamente esistente ai fini fiscali e quindi non interposta ai sensi dell’articolo 37, comma 3, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
In subordine, qualora la stessa sia considerata interposta, ai fini fiscali italiani, chiede quali siano le modalità di tassazione in capo all’Istante dei redditi incassati dalla Società e se sia possibile da parte sua usufruire del credito d’imposta per l’imposta sul reddito pagata dalla Società nel Regno Unito.
L’Istante rappresenta, inoltre, che, in data 8 dicembre 2015, ha sottoscritto un contratto di assicurazione sulla vita con un intermediario assicurativo estero, soggetto quotato al London Stock Exchange regolato e soggetto alla vigilanza dell’Autorità britannica sulla condotta di mercato (Financial Conduct Autority “FCA”) e dell’Autorità britannica di vigilanza prudenziale (Prudential Regulatory Autority “PRA”), abilitato alla distribuzione di prodotti di investimento assicurativi.
Ai sensi della clausola 2 delle Condizioni generali relative alla sottoscrizione di tale polizza la durata della stessa è equivalente alla vita dell’assicurato (Lives Assured), che nel caso di specie è l’Istante.
Le prestazioni afferenti la suddetta polizza dipendono dal valore di una serie di investimenti sottostanti. L’Istante ha la facoltà di decidere la linea dell’investimento, selezionando i fondi di investimento sottostanti alla polizza vita, tra quelli messi a disposizione della società, ma non ha alcun potere di gestione sugli investimenti effettuati dai gestori dei fondi d’investimento sottostanti alla polizza stessa.
In base alla clausola 5 delle Condizioni generali, la copertura del rischio demografico è pari all’1%, in caso di morte dell’assicurato, i beneficiari della polizza percepiranno il 110% del valore della stessa al momento della morte.
In base alla clausola 6 delle Condizioni generali, è prevista la possibilità per l’assicurato di modificare la scelta iniziale in merito agli investimenti effettuati mediante il c.d. “switch”, tuttavia la società può applicare una penale o può rifiutarsi qualora la scelta abbia conseguenze negative su gli altri investitori.
Ciò posto l’Istante chiede quale sia la corretta qualificazione dei proventi derivanti dalla stipula della polizza assicurativa e il relativo trattamento fiscale.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
In merito al primo quesito, l’Istante ritiene che la Società sia da considerarsi reale e validamente esistente ai fini fiscali; conseguentemente, ritiene che i redditi da questa prodotti nel corso del periodo di imposta 2020 non siano rilevanti ai fini delle imposte dirette in Italia, ma che siano soggetti all’imposta sul reddito delle società, la “UK Corporation tax”, con aliquota del 19 per cento nel Regno Unito.
Al riguardo, l’Istante rappresenta che:
− svolge effettivamente l’attività di gestione degli investimenti;
− redige e deposita annualmente il proprio bilancio di esercizio;
− è tenuta alla presentazione delle dichiarazioni dei redditi ed è soggetta alle imposte sui redditi nel proprio paese di residenza, il Regno Unito;
− presenta una struttura organizzativa adeguata allo svolgimento della propria funzione.
In caso di risposta negativa, l’Istante ritiene che i redditi incassati dalla Società debbano essere imputati direttamente a lui ai sensi articolo 37, comma 3 del d.P.R. n. 600 del 1973 e che i redditi derivanti dallo sfruttamento dell’immagine e dei diritti sponsorizzazione siano redditi diversi derivanti «dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere» ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera l), del Testo unico delle imposte sui Redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir) ed in quanto tali concorrano alla formazione del reddito complessivo del contribuente per il periodo d’imposta 2020.
Nell’ipotesi in cui la Società sia da considerarsi interposta, l’Istante ritiene di poter beneficiare del credito di imposta per le imposte sul reddito assolte dalla Società nel Regno Unito (UK Corporation tax).
In merito al secondo quesito, l’Istante ritiene che la polizza assicurativa sia qualificabile come un contratto di assicurazione sulla vita assimilabile ad una polizza ” linked” di cui al Ramo III. Conseguentemente, ritiene che i redditi derivanti dalla suddetta polizza siano qualificabili come redditi di capitale di cui all’articolo 44, comma 1, lettera g-quater), del Tuir.
Tali redditi, derivando da un contratto assicurativo stipulato con una impresa assicuratrice estera, che non ha esercitato l’opzione per l’applicazione dell’imposta sostitutiva ai sensi dell’articolo 26-ter, comma 3, del d.P.R. 600 del 1973, devono essere tassati dal sottoscrittore della polizza (Istante) con l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26 per cento.
In particolare, l’Istante ritiene che costituisce reddito di capitale, ai sensi dell’articolo 44, comma 1 lettera g-quater), del Tuir, la differenza fra i premi pagati e l’ammontare eventualmente percepito dalla Società per effetto della polizza che sarà, pertanto, soggetto all’imposta sostitutiva del 26 per cento ai sensi dell’articolo 26-ter, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973.
Infine, l’Istante ritiene che, in relazione a tale polizza, sia tenuto ad assolvere agli obblighi di monitoraggio fiscale di cui al decreto legge 28 giugno 1990, n. 167 e che, pertanto, debba compilare il Quadro RW del Modello dei Redditi Persone Fisiche 2021 inserendo il valore della polizza stipulata e versando l’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero con aliquota pari allo 0,2%.
PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
L’interposizione nel sistema tributario è regolata dal comma 3 dell’articolo 37 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, secondo cui «in sede di rettifica o di accertamento d’ufficio sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l’effettivo possessore per interposta persona».
Il successivo comma 4 prevede che «il contribuente può comunque richiedere un parere all’amministrazione in ordine all’applicazione delle disposizioni di cui al comma 3 al caso concreto, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera a), della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante lo Statuto dei diritti del contribuente».
Relativamente all’ambito di applicazione della citata disposizione normativa, in base ai principi espressi dalla recente giurisprudenza di legittimità (cfr. Corte di Cassazione, sentenza 29 luglio 2016, n. 15830; sentenza 19 ottobre 2018, n. 26414;
Ordinanza del 13 gennaio 2017 n. 818; Ordinanza 30 ottobre 2018, n. 27625), sono ad essa riconducibili sia le ipotesi di interposizione fittizia che quelle di interposizione reale, per mezzo delle quali la tassazione avviene in capo a un soggetto differente rispetto al reale percettore del reddito.
La disciplina antielusiva in esame non presuppone necessariamente un comportamento fraudolento da parte del contribuente, essendo sufficiente un uso improprio, ingiustificato o deviante di un legittimo strumento giuridico, che consenta di eludere l’applicazione del regime fiscale che costituisce il presupposto d’imposta ( cfr., fra le altre, Cass. civ. Sez. V, 10-06-2011, n. 12788).
In altri termini, pur restando ferma la legittimità dal punto di vista civilistico di una determinata operazione, il contribuente non può derogare alla corretta applicazione delle regole fiscali (cfr. risoluzione 13 febbraio 2001, n. 21/E).
Ciò posto, la valutazione diretta a rinvenire nella Società un soggetto interposto, o viceversa un soggetto economico distinto rispetto all’Istante, non può prescindere da un’analisi di elementi fattuali che tengano conto della specifica attività svolta dalla medesima Società, dei rapporti contrattuali intercorrenti tra l’Istante e la Società, nonché dei rapporti tra quest’ultima e i terzi (clienti, fornitori, dipendenti) così come descritti nell’istanza e nella documentazione pervenuta alla scrivente.
Dalle informazioni desumibili dall’istanza di interpello, risulta che l’Istante ha rivestito la carica di amministratore dal momento della costituzione e fino al 2020, successivamente, a seguito del suo trasferimento in Italia è stata nominata amministratrice la madre dell’Istante che, come riferito nell’istanza, si occupa della gestione degli investimenti effettuati dalla Società e del re-investimento dei relativi proventi e non risulta altro personale dipendente.
Pertanto, nonostante la Società sia formalmente dotata di un’autonoma gestione è evidente come la stessa possa facilmente essere ricondotta all’Istante in quanto è da quest’ultimo interamente partecipata e gestita anche da un soggetto appartenente alla sua sfera familiare.
In merito all’attività svolta dalla Società viene evidenziato che la stessa detiene altri asset oltre ai diritti di sfruttamento economico dell’immagine e dei diritti di sponsorizzazione dell’Istante. In particolare, la Società detiene il 50 per cento della società Partecipata ed una serie di crediti derivanti da finanziamenti fruttiferi ed infruttiferi nei confronti di varie società residenti nel Regno Unito.
Seppure in linea teorica la società sembra costituita per svolgere diverse attività allo stato attuale non ha operato alcun investimento rilevante, né l’Istante ha rappresentato contratti in divenire o proposte di business rilevanti. Dalla documentazione prodotta, la Società risulta operare – oltre che nello sfruttamento di diritti – nel settore dei finanziamenti a società e soggetti alla stessa collegati. Volendo estendere l’analisi alle società finanziate emerge che, a parte l’operazione marginale sull’immobile in UK effettuata mediante il finanziamento operato dalla stessa Società, non ci sono attività rilevanti se non una ulteriore serie di finanziamenti.
Sulla base di quanto descritto, emerge che si tratta di società tutte detenute dai medesimi soggetti interessate da una serie di rapporti credito/debito che risultano sospesi (anche in relazione ai pagamenti dei relativi interessi) e che, come evidenziato in alcuni bilanci, sarebbero rimborsabili su opzione. Per quanto concerne i finanziamenti alle persone fisiche (amministratori delle predette società) emerge che gli stessi sono finalizzati a restituire somme provenienti dalla stessa Società.
Riguardo alla Partecipata viene evidenziato che la stessa si occupa di acquistare immobili localizzati nel Regno Unito, di ristrutturarli e di rivenderli. Come è possibile evincere dal bilancio della Partecipata al 31 dicembre 2019, la stessa deteneva un complesso immobiliare, che è stato oggetto di ristrutturazione e di migliorie ed è stato successivamente venduto.
Attualmente la Partecipata “svolge alcuni servizi amministrativi per altre società collegate, e gli amministratori sono alla ricerca di nuove opportunità di investimento nel settore immobiliare“.
Come risulta dai bilanci relativi agli anni di imposta 2019 e 2020 gli utili sono formati oltre dai compensi corrisposti alla Società in qualità di titolare esclusiva dei diritti di sfruttamento e di immagine dell’Istante, dagli interessi sui finanziamenti che, tuttavia, “non sono stati effettivamente corrisposti” dalle società debitrici.
Inoltre, si rileva che nello statuto della Società non viene esplicitata l’attività della stessa e nel Registro delle imprese del Regno Unito risulta attribuito alla Società il codice SIC (Standard Industrial Classification), che descrive la principale attività di una società, quello relativo a “Other sports activities“.
Ciò posto, non risultando definita con chiarezza l’attività d’investimento della Società, unitamente all’assenza di una struttura organizzativa-gestionale, si ritiene che la stessa non possa essere considerata un soggetto economico distinto rispetto all’ Istante. La costituzione della Società non appare, infatti, sorretta da una autonoma e significativa funzione propria, suscettibile in quanto tale di produrre redditi alla stessa imputabili.
La formale intestazione in capo alla Società dell’attività svolta dall’Istante, fonte produttiva di reddito, porta ad indentificare nello stesso il centro di imputazione dei suoi redditi (nel caso di specie i compensi elargiti per attività di sponsorizzazione e dei diritti di immagine), non giustificandosi quindi l’utilizzo dello strumento societario.
Si ritiene, pertanto, che la Società sia da considerare un soggetto interposto nei confronti dell’Istante e che i redditi risultano solo formalmente imputati alla Società estera, ma sostanzialmente conseguiti attraverso lo sfruttamento dell’immagine dell’ Istante.
Di conseguenza, tutti i proventi incassati dalla Società devono concorrere per effetto dell’interposizione rilevata alla formazione del reddito complessivo del socio residente in Italia.
Si precisa, inoltre, che, sotto il profilo della normativa tributaria domestica, la categoria reddituale di cui all’articolo 67 del Tuir, richiamata dall’Istante, ha carattere residuale e, quindi, i compensi relativi alla cessione dei diritti di immagine potranno essere qualificati come «redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente o dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere» [cfr. articolo 67, comma 1, lettera l), del Tuir] solo se l’attività prestata dal contribuente non sia annoverabile fra quelle di lavoro autonomo (cfr. articolo 53 del Tuir) o di impresa (cfr. articolo 55 del Tuir).
La Società residente nel Regno Unito diviene dunque irrilevante ai fini fiscali italiani ed i redditi che formalmente le appartengono sono attribuiti direttamente all’ Istante, che viene a trovarsi nella medesima situazione di un contribuente residente in Italia che consegue proventi derivanti dallo sfruttamento dei suoi diritti di immagine e sopporta i relativi oneri, fra cui la tassazione subita all’estero.
Per evitare che un soggetto subisca sul medesimo reddito la tassazione sia nel Paese in cui è prodotto il reddito sia nel Paese di residenza (doppia, tassazione), l’articolo 165 del Tuir prevede che «Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all’estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d’imposta ammesse in diminuzione».
Al riguardo, si fa presente che la disciplina del credito di imposta estero dovrebbe applicarsi, in linea di principio, solo in relazione alle imposte pagate all’estero direttamente dall’Istante, vale a dire il soggetto che dichiara i redditi nel nostro Paese. Nel caso in esame, il contribuente viene tassato sui redditi della Società in base alla disciplina sull’interposizione e, di conseguenza, anche i pagamenti effettuati dalla società interposta potranno assumere rilevanza ai fini del foreign tax credit. Tuttavia, si sottolinea che il rimedio contro la doppia imposizione sarà riconosciuto dal nostro ordinamento per le imposte assolte nel Regno Unito esclusivamente con riferimento ai redditi di fonte UK e non anche per eventuali redditi di fonte italiana.
Tenuto conto di quanto disposto dal paragrafo 2 dell’articolo 17 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Regno unito, infatti, si configurano quali redditi di fonte italiana i proventi derivanti dallo sfruttamento dei diritti di immagine strettamente connessi alle prestazioni sportive rese in Italia.
Per quanto riguarda il secondo quesito, relativo alla qualificazione fiscale dei proventi derivanti dalla polizza assicurativa, si fa presente quanto segue.
I contratti di assicurazione sulla vita cui le disposizioni fiscali fanno riferimento sono definiti, ai sensi dell’articolo 1882 del codice civile, come quei contratti con i quali l’assicuratore, in relazione agli eventi della vita dell’assicurato (tipicamente la morte o la sopravvivenza ad una certa età: c.d. “rischio demografico”), assume l’obbligo di pagare un capitale o di corrispondere una rendita al contraente o ad un terzo, in corrispettivo di un premio unico o periodico.
In ambito assicurativo sempre più di frequente si assiste ad un utilizzo delle polizze vita a contenuto finanziario (polizze linked) in ragione della possibilità che le stesse offrono di associare alla pianificazione patrimoniale e successoria una finalità di investimento finanziario.
Tali polizze sono emesse principalmente da compagnie di assicurazioni estere e sono caratterizzate da una componente demografica contenuta, nonché da performance strettamente dipendenti dall’andamento dei mercati finanziari.
La definizione di tali polizze si rinviene nel codice delle Assicurazioni Private approvato con il decreto legislativo 9 settembre 2005, n. 209, il quale, all’articolo 2, comma 1, le classifica nel Ramo di assicurazione III.
In particolare, il Ramo III comprende le assicurazioni di cui ai Rami I (sulla durata della vita umana) e II (di nuzialità e di natalità) le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di quote di organismi d’investimento collettivo del risparmio o di fondi interni (polizze unit-linked), ovvero legate a indici azionari o ad altri valori di riferimento (polizze index linked).
Ai fini delle imposte sui redditi, l’articolo 44, comma 1, lettera g-quater), del Tuir include tra i redditi di capitale «i redditi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza dei contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione».
Sui predetti redditi l’articolo 26-ter, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973 prevede che l’impresa di assicurazione applichi un’imposta sostitutiva nella misura del 26 per cento, tale imposta sostitutiva non si applica ai soggetti esercenti attività d’impresa (cfr. circolare del 20 marzo 2001, n. 29/E).
Qualora il contratto sia invece stipulato con un’impresa di assicurazione estera, l’imposta sostitutiva può essere applicata, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 26-ter, direttamente dalle imprese estere operanti in regime di libera prestazione di servizi ovvero da un rappresentante fiscale, sostituto d’imposta residente, che risponde in solido con l’impresa di assicurazione per gli obblighi di determinazione e versamento dell’imposta.
Nel caso in cui la polizza sia stipulata con un’impresa di assicurazione estera che non opera in regime di libera prestazione in Italia, l’imposta sostitutiva è applicata dal soggetto residente, sostituto d’imposta, che interviene nella riscossione dei proventi.
Infine, se i redditi sono percepiti all’estero senza l’intervento di un sostituto d’imposta residente, il contribuente deve indicarli nella dichiarazione dei redditi (Quadro RM) e assoggettarli a tassazione con la medesima aliquota del 26 per cento, sulla base dell’articolo 18 del Tuir.
Con riferimento alla base imponibile su cui applicare l’imposta sostitutiva, l’articolo 45, comma 4, del Tuir stabilisce che «i capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla e di capitalizzazione costituiscono reddito per la parte corrispondente alla differenza tra l’ammontare percepito e i premi pagati».
Nel caso di specie, sulla base di quanto rappresentato nell’istanza, la polizza descritta sembra qualificarsi come polizza linked.
Conseguentemente, i redditi derivanti dalla stessa, sono qualificabili come redditi di capitale ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera g-quater), del Tuir e soggetti all’imposta sostitutiva nella misura del 26 per cento da liquidarsi ad opera dell’Istante, come sopra illustrato.
La polizza in esame, inoltre, costituendo un’attività estera di natura finanziaria attraverso cui possono essere conseguiti redditi di fonte estera imponibili in Italia, dovrà essere indicata dall’Istante nel Quadro RW della propria dichiarazione dei redditi, oltre che per assolvere agli obblighi di monitoraggio di cui all’articolo 4 del decreto legge 28 giugno 1990, n. 167, anche per il pagamento dell’Imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (IVAFE) da persone fisiche residenti in Italia ai sensi dall’articolo 19, commi da 13 a 23, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201.
Il presente parere viene reso esclusivamente in relazione ai quesiti formulati, sulla base degli elementi rappresentati, assunti acriticamente così come illustrati nell’istanza di interpello, ed esula da ogni valutazione circa fatti e/o circostanze non rappresentate nell’istanza e riscontrabili solo in eventuale sede di accertamento anche sotto il profilo dell’abuso del diritto ai sensi dell’articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212.
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