La Corte di Cassazione sez. tributaria con la sentenza n. 22491 depositata il 02 ottobre 2013 intervenendo in materia di sanzioni accessorie fiscali ha affermato che la definizione agevolata della multa inflitta per la mancata emissione degli scontrini fiscali non evita la sanzione della sospensione dell’attività, per un periodo che va da 15 giorni a due anni.
La vicenda ha visto come protagonista una società esercente attività si somministrazione di alimenti a cui erano state, nel periodo dal 1998 al 2001, notificati cinque p.v.c redatti dalla Guardia di Finanza per violazioni delle norme che regolano l’emissione di scontrini e ricevute fiscali. Pertanto l’Agenzia delle Entrate in ottemperanza dell’art. 12, comma 2, d.lgs 471/97 disponeva il provvedimento di sospensione per 15 gg dell’autorizzazione amministrativa all’esercizio della detta attività.
La società colpita dal provvedimento di cui sopra proponeva ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale motivando la richiesta di annullamento dello stesso con l’aver “provveduto al pagamento in via agevolata delle sanzioni pecuniarie derivanti dai detti p.v.c, sicché, ai sensi dell’art. 16, comma 3, d.lgs 472/1997, siffatta definizione agevolata impediva l’irrogazione delle sanzioni accessorie, e quindi anche della disposta sospensione; contro deduceva l’Agenzia, ritenendo che l’art. 12, comma 2, d.lgs 471/97 era norma speciale rispetto all’art. 16, comma 3, d.lgs 472/1997 e costituiva quindi una deroga al principia di inapplicabilità delle sanzioni accessorie di cui a tale ultima disposizione.” I giudici aditi accoglievano il ricorso della ricorrente.
L’Amministrazione Finanziaria ricorreva, contro la decisione di primo grado, alla Commissione Tributaria Regionale che rigettava l’appello dell’Agenzia. I giudici della CTR affermavano che, come rilevata dalla stessa Agenzia, “la sanzione in parola, non aveva più come presupposto l’irrogazione della sanzione principale (ma solo la definitività dell’accertamento della violazione) e veniva quindi a perdere la complementarietà, caratteristica ontologica delle sanzioni accessorie; soggiungeva, inoltre, che le sanzioni pecuniarie comminate e pagate apparivano commisurate al danno arrecato all’Erario, mentre sproporzionata appariva la disposta sospensione.”
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione l’Agenzia, affidato ad un unico motivo di censura.
Gli Ermellini accoglieva il ricorso dell’Agenzia delle entrate contro la sentenza che aveva negato l’applicabilità della sanzione ad un esercizio commerciale pizzicato per tre volte in cinque anni ad operare fuori dalle regole.
Infatti per i giudici di legittimità rilevano che il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art 12, comma 2 (denominato “sanzioni accessorie in materia di imposte dirette ed imposta sul valore aggiunto”) prevede che “qualora siano state definitivamente accertate, in tempi diversi, tre distinte violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale compiute in giorni diversi nel corso di un quinquennio, anche se non sono state irrogate sanzioni accessorie in applicazione delle disposizioni del decreto legislativo recante i principi generali per le sanzioni amministrative in materia tributaria, è disposta la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività ovvero dell’esercizio dell’attività medesima per un periodo da quindici giorni a due mesi”.
Per cui secondo la Suprema Corte dunque “deve ribadirsi che l’irrogazione della sanzione prevista dall’articolo 12”, del Dlgs 471/1997 che prevede appunto la sospensione della licenza, “non può ritenersi mai impedita dalla definizione agevolata di una o più delle tre violazioni ‘dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale compiute in giorni diversi nel corso di un quinquennio’, costituenti, nel loro insieme, la fattispecie unica punita con la sanzione della ‘sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività ovvero dell’esercizio dell’attività’ “.
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