La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 29079 depositata il 3 luglio 2019 intervenendo in tema di sequestro per equivalente, a seguito di reati tributari, ha affermato chepuò essere disposto il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente di cui all’art. 322 ter c.p., dell’intera somma di denaro depositata su un conto corrente bancario cointestato con un soggetto estraneo al reato, senza che assumano rilievo le presunzioni o i vincoli posti dal codice civile (artt. 1289 e 1834) per regolare i rapporti interni tra creditori e debitori solidali o i rapporti tra banca e depositante, ferma restando la successiva possibilità di procedere a un effettivo accertamento dei beni che siano di esclusiva proprietà di terzi estranei al reato”

Per gli Ermellini ai sensi dell’art. 1854 c.c., nel caso di conto corrente intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto, cosicché gli stessi possono, legittimamente, disporre, nei confronti della banca o del diverso ente creditizio presso cui sia istituito il conto, di tutte le somme esistenti a saldo su tale conto (essendo, simmetricamente, obbligati per l’intero in relazione alle somme a debito).”

Pertanto, si può procedere al sequestro dell’intero saldo, in considerazione della circostanza che il conto corrente cointestato ed entrambi i cointestatari, incluso il soggetto indagato per reati tributari, hanno la possibilità di operare sullo stesso conto senza limitazioni di sorta e con piena disponibilità dello stesso saldo di conto corrente.

La vicenda ha riguardato un contribuente, che a seguito di indagini tributarie era stato accusato per i reati di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2 e 8, che aveva il conto corrente postale cointestato con il padre. Quest’ultimo a seguito del provvedimento di sequestro si era rivolto al Tribunale per richiedere la restituzione delle somme risultanti a credito sul conto corrente postale. I giudici aditi accoglievano  la richiesta. Avverso tale decisione, il Procuratore della Repubblica, proponeva ricorso in cassazione fondato su un unico motivo.

I giudici di legittimità hanno ritenuto fondato il ricorso. Per la Corte Suprema, infatti, secondo un consolidato orientamento, precisano che le somme di denaro depositate su conto corrente bancario cointestato con un soggetto estraneo al reato sono soggette a sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente (art.322 ter c.p) in quanto quest’ultimo si estende ai beni comunque nella disponibilità dell’indagato, non ostandovi le limitazioni provenienti da vincoli o presunzioni operanti, in forza della normativa civilistica, nel rapporto di solidarietà tra creditori e debitori (articolo 1298 codice civile) o nel rapporto tra istituto bancario e soggetto depositante (articolo 1854 codice civile) e ferma restando comunque la successiva possibilità di procedere a un effettivo accertamento dei beni che siano di esclusiva proprietà di terzi estranei al reato.”

Ai sensi dell’articolo 1298, comma 2, codice civile, nei casi di cointestazione dei conti correnti, statuisce che il debito e il credito solidale si dividono in quote uguali, salvo che non risulti diversamente, cosicché è consentito superare la presunzione di contitolarità derivante dalla cointestazione, attraverso presunzioni semplici – purché gravi, precise e concordanti – da parte dell’intestatario che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa.”

In ogi caso rimane  ferma:

  1.  la possibilità di dimostrare la spettanza di tutte le somme al terzo estraneo al reato (o per una quota maggiore rispetto a quella discendente dalla cointestazione secondo quote uguali), onde evitarne la confisca,
  2. l’eventuale esercizio dell’azione di regresso nei confronti dell’indagato.