La Corte di Cassazione sez. tributaria con la sentenza n. 12187 depositata il 20 maggio 2013 torna a pronunciarsi sulla natura giuridica dei fondi comuni d’investimento. “Natura giuridica” dei fondi comuni d’investimento e “soggettività” tributaria: il problema della responsabilità del gestore.
Con la sentenza in commento la Corte ha riaffermato il principio giuridico (statuito dalla Prima Sezione nella nota decisione n. 16605 del 15 luglio 2010) secondo cui «i fondi comuni di investimento (nella specie, fondi immobiliari chiusi) disciplinati nel d. lgs. n. 58 del 1998 e succ. mod. sono privi di un’autonoma soggettività giuridica, ma costituiscono patrimoni separati della società di gestione del risparmio, la quale è legittimata ad agire in giudizio per far accertare i diritti di pertinenza del patrimonio separato in cui il fondo si sostanzia».
La Corte Suprema ha potuto ribadire la tesi della carenza di soggettività giuridica dei fondi comuni d’investimento a seguito del ricorso per regolamento necessario di competenza promosso da una società di gestione avverso l’ordinanza con la quale la Commissione Tributaria Provinciale che aveva dichiarato la litispendenza e disposto la cancellazione dal ruolo della causa promossa avanti a tale organo per l’annullamento del provvedimento di attribuzione del codice fiscale ad un fondo comune immobiliare.
Nella pronuncia, la questione della natura giuridica del fondo comune d’investimento funge esclusivamente da presupposto logico per il rigetto dell’eccezione di difetto di legittimazione sollevata nei confronti della società di gestione ricorrente. Tuttavia, la decisione offre lo spunto per riflettere su talune caratteristiche liminari della disciplina dei fondi comuni d’investimento che, con tutte le cautele del caso, parrebbero anticipare l’opportunità di alcuni successivi approfondimenti critici della tesi della carenza di autonoma soggettività giuridica del fondo.
In particolare la questione, oggetto del procedimento promosso innanzi alla CTP di Milano, se il fondo comune d’investimento possa, o meno, essere titolare di un codice fiscale proprio, distinto da quello della società che lo gestisce, nell’evocare l’articolato problema del trattamento fiscale dei fondi comuni (che, ai sensi dell’art. 73, comma primo, lett. (c), TUIR sono considerati soggetti passivi distinti dalla società di gestione ai fini IRES) contribuisce a mettere in luce una potenziale “frattura” tra disciplina fiscale e disciplina gius-privatistica del fondo comune, che sembra prospettare talune ricadute sul complesso di rapporti contrattuali che regolano i diversi attori coinvolti nel fenomeno della gestione collettiva del risparmio.
Basti pensare al tema dell’applicazione al caso di responsabilità nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria della regola di cui all’art. 36, comma sesto, TUF, che in virtù dell’autonomia patrimoniale del fondo, sancisce che quest’ultimo risponda delle obbligazioni “contratte per suo conto” esclusivamente con il “proprio” patrimonio; o, ancora, al tema della sorte di tale responsabilità nell’ipotesi di vicende traslative aventi ad oggetto il fondo comune, laddove, ad esempio, la titolarità del patrimonio autonomo-fondo sia trasferita da una società di gestione ad un’altra ovvero si proceda alla fusione tra due fondi. A questi profili si aggiungono le rilevanti implicazioni sulla prassi contrattuale d’impresa e sulle tecniche negoziali di allocazione dei rischi ad esse associati.
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