La Corte di Cassazione con la sentenza n. 7226 depositata il 13 marzo 2020 intervenendo in tema di deducibilità e detraibilità IVA delle spese di di ristrutturazione dello studio professionale ha riaffermato che “Il trattamento fiscale delle spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili strumentali all’attività del professionista è disciplinato dall’art. 54 2 comma TUIR […] prevede che tali costi incrementativi del cespite immobiliare sono deducibili nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risultante all’inizio del periodo di imposta.”
La vicenda ha riguardato un professionista a cui veniva notificato un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione Irpef, Irap e Iva le spese straordinarie sostenute per la ristrutturazione dell’immobile adibito a studio professionale di avvocato. Il contribuente avverso tale atto impositivo proponeva ricorso inanzi alla Commissione Tributaria Provinciale. I giudici di prime cure accolsero le doglianze del ricorrente. Avverso la decisione della CTP l’Agenzia delle Entrate la impugnava dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale. I giudici di appello confermavano la sentenza impugnata. L’Amministrazione avverso la decisione della CTR proponeva ricorso in cassazione fondato su due motivi.
Gli Ermellini accolgono le doglianze dell’Agenzia e decidono nel merito rigettando l’originario ricorso proposto dal contribuente.
Per i giudici di legittimità “La circostanza che il contribuente non fosse titolare di diritti reali dell’immobile non incide sulla disciplina delle deduzioni sopra esposta; la norma infatti fa esclusivo riferimento alle <<spese relative all’ammodernamento, alla ristrutturazione e alla manutenzione di immobili utilizzati nell’esercizio di arti e professioni>> senza distinguere gli immobili di proprietà del contribuente da quelli, di proprietà di terzi, condotti in locazione dal professionista o utilizzati ad altro titolo.”
Inoltre, ai fini della detraibilità IVA dei costi in commento i giudici del palazzaccio hanno riaffermato che in base all’art. 19 bis 1 lett i) <<non è ammessa in detrazione l’imposta relativa all’acquisto di fabbricati o di porzione di fabbricato, a destinazione abitativa né quella relativa alla locazione o alla manutenzione, recupero o gestione degli stessi, salvo che per le imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell’attività esercitata la costruzione dei predetti fabbricati o delle predette porzioni >> pertanto, in continuità con i precedenti giurisprudenziali della stessa Corte hanno ribadito che <<il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis. 1, comma 1, lett i), esclude che l’imprenditore possa portare in detrazione l’imposta addebitatagli a titolo di rivalsa dal venditore quando l’operazione sia relativa a fabbricati a destinazione abitativa, salvo che per le imprese che hanno ad oggetto esclusivo o principale dell’attività esercitata la costruzione dei predetti fabbricati, sicché, ove l’operazione non rientri nell’oggetto esclusivo o principale dell’attività, il compratore dovrà dimostrarne non solo l’inerenza e la strumentalità in base a elementi oggettivi e in concreto, secondo la generale previsione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, ma anche che il bene non rientra più nella categoria di beni a destinazione abitativa, per i quali in base ad un criterio legale oggettivo è prevista l’esclusione della detrazione>>
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