La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 1811 depositata il 17 gennaio 2014 intervenendo in tema commercio elettronico ha statuito che non può ritenersi sic et simpliciter residente in Italia ex art. 73 TUIR una società estera che ivi svolga attività di gioco on line, poiché «il dato formale della “nazionalità” della concessione o del mercato di riferimento non si concilia con la definizione di oggetto principale desumibile dal dettato della norma e dalla sua interpretazione giurisprudenziale», posto che «l’oggetto principale coincide con l’attività concretamente svolta».
Gli Ermellini hanno chiarito che non è rilevante dove si trovi la piattaforma web sul quale si svolga attività di commercio elettronico ma il luogo in cui la società che la gestisce sia fiscalmente da considerarsi residente. Nel caso di specie, quindi, è risultato determinate il luogo in cui si svolge l’attività principale delle società. Per cui la persona giuridica debba considerarsi residente nello Stato in cui è localizzata la sede di direzione effettiva dell’ente (nel caso delle web company le gestione della piattaforma web).
La vicenda ha riguardato una società Maltese esercente attività di gioco online il cui server era localizzato a Malta che aveva chiesto la relativa concessione allo stato italiano ed i clienti erano italiani, con sede operativa in Italia. Nei confronti della predetta società veniva disposto dal GIP, su richiesta del PM, il provvedimento di sequestro per equivalente per i reati di cui reati all’art. 5 e 11 d.lgs. 74/2000. Per il Tribunale del riesame l’aver richiesto ed ottenuto la concessione in Italia pertanto è stato il motivo sufficiente a configurare in prima analisi l’oggetto sociale in Italia e, di conseguenza, ivi anche la residenza.
La società maltese avverso la pronuncia del Tribunale propone ricorso, basato su quattro motivi di censura, alla Corte Suprema.
Gli Ermellini accolgono il ricorso annullando senza rinvio l’ordinanza impugnata. I giudici di legittimità hanno puntualizzato l’importanza del luogo in cui si svolgesse effettivamente l’oggetto principale dell’attività indipendentemente da dove si fosse richiesta ed ottenuto la concessione (presupposto oggettivo per lo svolgimento dell’attività). Per cui nella fattispecie esaminata dalla Corte la gestione della piattaforma era fondamentale per lo svolgimento dell’oggetto sociale ed essendo la stessa svolta da Malta la residenza fiscale doveva essere rinvenuta proprio a Malta, non rilevando il fatto che la clientela fosse perlopiù italiana.
I giudici del Palazzaccio per dirimere la controversia hanno richiamato ed applicato per analogia sostanzialmente quanto previsto da criteri e principi stabiliti dalla Convenzione Ocse che stabiliscono che la persona giuridica debba considerarsi residente nello Stato in cui è localizzata la sede di direzione effettiva dell’ente.
Inoltre è stato richiamato il criterio dell’oggetto principale dell’attività regolato dai commi 4 e 5 dell’art. 73 TUIR Italiano, il quale stabilisce che per oggetto principale si intende «l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto» e che, in mancanza dell’atto costitutivo o dello statuto nelle forme di atto pubblico o di scrittura privata autenticata, si deve aver riguardo «all’attività effettivamente esercitata».
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