La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 25684 depositata il 15 novembre 2013 intervenendo in materia di recupero di crediti fiscali ha statuito che le norme della L. 27 luglio 2000, n. 212, ossia il c.d Statuto del contribuente, sono emanate in attuazione degli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost. e pertanto sono da qualificarsi come principi generali dell’ordinamento tributario.
La vicenda ha riguardato una società a cui l’Amministrazione aveva notificato avviso di recupero del credito d’imposta per investimenti in aree svantaggiate, previsto dall’art. 8 della legge n. 388 del 2000. La contribuente impugnava l’atto impositivo inanzi alla Commissione Tributaria Provinciale che respingevano le doglianze della società ricorrente. Avverso la decisione del giudice di prime cure la società proponeva appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale che confermava la sentenza di primo grado affermando, in particolare, che l’omessa trasmissione, prescritta dall’art. 62 della legge n. 289 del 2002 per il mantenimento del benefìcio, del c.d. modello CVS ha comportato la decadenza dal beneficio stesso.
La società contribuente propone ricorso, basato su tre motivi di censura, per cassazione avverso la sentenza della CTR alla Corte Suprema.
Gli Ermellini hanno ritenuto i motivi del ricorso infondati e pertanto rigettato lo stesso. In particolare riaffermando il principio secondo cui in tema di contributi concessi sotto forma di credito d’imposta dall’art. 8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 per l’effettuazione di nuovi investimenti nelle aree svantaggiate del Paese, l’inosservanza del termine – inizialmente individuato nel 31 gennaio 2003 dall’art. 1, comma 1, lett. a), n. 2, del d.l. 12 novembre 2002, n. 253, e poi definitivamente fissato al 28 febbraio 2003 dall’art. 62, primo comma, lett. e), della legge 27 dicembre 2002, n. 289 – entro il quale i soggetti che hanno conseguito il diritto al contributo anteriormente alla data dell’8 luglio 2002 devono comunicare all’Agenzia delle entrate i dati occorrenti per la ricognizione degli investimenti realizzati, comporta la decadenza dal beneficio, non assumendo alcun rilievo la circostanza che il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sia stato emesso in data tale da non consentire al contribuente di disporre, rispetto alla predetta scadenza, del termine di sessanta giorni previsto dall’art. 3, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (c.d. Statuto del contribuente) per le norme che introducono adempimenti tributari, in quanto l’interessato è stato posto nella situazione giuridica oggettiva di conoscibilità della scadenza del termine per adempiere il suo onere di comunicazione fin dal 13 novembre 2002, data di pubblicazione del d.l, n. 253 del 2002, ed il predetto termine legale non è comunque superabile con una diversa previsione temporale di natura amministrativa (Cass. n. 19627 del 2009; conformi Cass. nn. 3578 e 16442 del 2009, 19127 del 2010);
In tal senso, in alcuni casi, le predette disposizioni sono idonee a prescrivere specifici obblighi a carico dell’Amministrazione finanziaria e costituiscono, in quanto espressione di principi già immanenti nell’ordinamento, criteri di guida in materia tributaria.
D’altra parte non hanno non hanno rango superiore alla legge ordinaria e pertanto non possono fungere da norme parametro di costituzionalità, nè consentire la disapplicazione della norma tributaria.
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