AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 14 febbraio 2022, n. 3
Trasmissione dei dati dei corrispettivi giornalieri – Quesiti sulla compilazione del tracciato XML – Articolo 2 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127
Con la consulenza giuridica specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
[ALFA], nel prosieguo istante, onde poter fornire alle proprie associate corrette informazioni, pone una serie di questioni che riguardano la trasmissione dei dati dei corrispettivi giornalieri ex articolo 2 del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127 ed il relativo tracciato XML.
In particolare, seguendo l’elenco formulato dall’istante:
«1. Blocco 4 <DatiRT> – 4.1.2 <Natura> – codice N1.
Il codice N1 fa riferimento alle operazioni “escluse ex art. 15”. Questo articolo, tra le altre ipotesi, comprende anche:
a) il “valore normale dei beni ceduti a titolo di sconto, premio o abbuono in conformità alle originarie condizioni contrattuali, tranne quelli la cui cessione è soggetta ad aliquota più elevata” (art. 15, primo comma, n. 2) del DPR n. 633/1972).
Al fine di semplificare la rappresentazione delle operazioni nel documento commerciale si chiede se, in alternativa all’utilizzo del codice N1, siano adottabili le seguenti soluzioni:
1. cessione a titolo di sconto di beni soggetti ad aliquota propria pari o inferiore a quella applicata agli altri beni oggetto della transazione:
Esempio: Bene A / % IVA 10 / Importo 100,00; Bene B / % IVA 10 / Importo 80,00; Bene C / % IVA 10 / Importo 30,00; Bene C SCONTO / % IVA 10 / Importo (-) 30,00; Totale complessivo 180,00; di cui IVA 16,36; ii. cessione a titolo di sconto di beni soggetti ad aliquota più elevata:
Esempio: Bene A / % IVA 10 / Importo 100,00; Bene B / % IVA 10 / Importo 80,00; Bene C / % IVA 22 /Importo 30,00; Bene C – OMAGGIO / Importo (-) 30,00; Totale complessivo 180,00; di cui IVA 21,77.
b) “L’importo degli imballaggi e dei recipienti, quando ne sia stato espressamente pattuito il rimborso alla resa” (art. 15, primo comma, n. 4) del DPR n. 633/1972).
Si chiede se l’esercente possa emettere, per l’importo riscosso come cauzione per “vuoto a rendere”, un documento commerciale con codice Natura N1 e se, al momento della resa, possa emettere un documento commerciale di reso con codice Natura N1 e causale “VR” di cui alla lettera C) delle Specifiche tecniche RT ver. 10, pag. 15/47.
2. Blocco 4 <DatiRT> – 4.1.2 <Natura> – codice N2.
Il codice N2 fa riferimento alle operazioni “non soggette”. Si chiede se tale codice debba essere utilizzato nei documenti commerciali emessi per le seguenti operazioni:
a) L’addebito al cliente della “Tassa di soggiorno” dovuta unitamente al corrispettivo per le prestazioni alberghiere. Si chiede di precisare se il relativo importo debba qualificarsi come “cessione di denaro” da valorizzare con il codice “N2” ovvero rientri tra le “somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, purché regolarmente documentate” di cui all’art. 15, primo comma, n. 3) del DPR n. 633/1972, da valorizzare con il precedente codice “N1 “;
b) L’addebito al cliente del “Contributo Regionale e Provinciale” dovuto unitamente al corrispettivo per le prestazioni di manutenzione (controllo fumi) degli impianti di riscaldamento a caldaia. Si chiede di precisare se il relativo importo debba qualificarsi come “cessione di denaro” da valorizzare con il codice “N2” ovvero rientri tra le “somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, purché regolarmente documentate” di cui all’art. 15, primo comma, n. 3) del DPR n. 633/1972, da valorizzare con il precedente codice “N1 “;
c) le cessioni gratuite di beni la cui produzione o il cui commercio non rientra nell’attività propria dell’impresa se di costo unitario non superiore ad euro cinquanta (art. 2, secondo comma, n. 4) del DPR n. 633/72);
d) le cessioni gratuite di beni per i quali non sia stata operata, all’atto dell’acquisto o dell’importazione, la detrazione dell’imposta a norma dell’articolo 19, anche se per effetto dell’opzione di cui all’articolo 36-bis (art. 2, secondo comma, n. 4) del DPR n. 633/72);
e) le cessioni che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro. Tra queste, in particolare, si citano:
i. le cessioni di buoni corrispettivo “multiuso” di cui all’art. 6-quater del DPR n, 633/72) (art. 2, terzo comma, lett. a) del DPR n. 633/72);
ii. le somme incassate dall’esercente a titolo di caparra confirmatoria o di caparra penitenziale, di cui agli artt. 1385 e 1386 c.c.;
f) le cessioni di campioni gratuiti di modico valore appositamente contrassegnati (art. 2, terzo comma, lett. d) del DPR n. 633/72);
g) le cessioni di valori bollati e postali, marche assicurative e similari (art. 2, terzo comma, lett. i) del DPR n. 633/72);
h) le cessioni di beni soggetti alla disciplina dei concorsi e delle operazioni a premio di cui al DPR 26.10.2001, n. 430, ad esclusione dell’eventuale “contributo di spesa” imponibile richiesto all’acquirente, di cui all’art. 3, comma 2 del medesimo DPR n. 430/2001 (art. 2, terzo comma, lett. m) del DPR n. 633/72);
i) le operazioni (cessioni e/o prestazioni) soggette al regime IVA c.d. “monofase” di cui all’art. 74, primo comma del DPR n. 633/72 (es.: tabacchi, giornali, libri, ecc.) (art. 74, secondo comma del DPR n. 633/72); j) le operazioni (cessioni e/o prestazioni) effettuate dai soggetti che operano nel regime IVA c.d. “forfetario agevolato” di cui all’art. 1, comma 58 della Legge 23.12.14 n. 190, ovvero se per tali operazioni non debba o possa, in alternativa, essere utilizzato il successivo codice “N6”.
3. Blocco 4 <DatiRT> – 4.1.2 <Natura> – codice N3.
Il codice N3 fa riferimento alle operazioni “non imponibili”. Si chiede se tale codice debba essere utilizzato nei documenti commerciali emessi per le seguenti operazioni:
a) operazioni effettuate in base a trattati e accordi internazionali (cessioni a diplomatici e funzionari UE, NATO, ecc. – art. 72 del DPR n. 633/72);
b) cessioni a viaggiatori domiciliati o residenti fuori della UE – art. 38-quater del DPR n. 633/72. In tal caso, poiché queste operazioni devono essere documentate da fattura elettronica emessa con la specifica procedura ADM – OTELLO, si chiede di precisare se ed eventualmente come debba essere evidenziato il collegamento del documento commerciale alla fattura).
4. Blocco 4 <DatiRT> – 4.1.2 <Natura> – codice N4.
Il codice N4 fa riferimento alle operazioni “esenti”. Si chiede se tale codice debba essere utilizzato oltre che nei documenti commerciali eventualmente emessi per le operazioni considerate esenti ai sensi dell’art. 10 del DPR n. 633/72, anche per le cessioni di beni e servizi c.d. “anti-COVID” da effettuare in esenzione da IVA fino al 31.12.2022, ma con diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte, come stabilito dall’art. 1, c. 452 e 453 della L. 30.12.20 n. 178.
5. Blocco 4 <DatiRT> – 4.1.2 <Natura> – codice N6.
Il codice N6 fa riferimento alle operazioni “Altro non IVA “. Si chiede se tale codice debba essere utilizzato nei documenti commerciali emessi per le operazioni (cessioni e/o prestazioni) effettuate dai soggetti che operano nel regime IVA c.d. “forfetario agevolato” di cui all’art. 1, comma 58 della Legge 23.12.14 n. 190, in alternativa a quanto già indicato al codice “N2”.
6. Blocco 4 <DatiRT> – 4.1.3 <VentilazioneIVA>.
Si chiede di precisare:
a) se sia in facoltà dell’esercente che adotta tale metodo di determinazione dell’IVA, indicare sul documento commerciale, in luogo della sigla “VI” riportata nella Tabella “CODIFICHE – Natura e Ventilazione IVA”, posta in calce al Lay-out del documento commerciale, ver. giugno 2020, l’aliquota propria del bene ceduto o del servizio prestato, ovvero il corrispondente codice “Natura”, ferma restando l’esclusione della valorizzazione del blocco 4.1.1 <IVA>.
Si fa presente che l’emissione del documento commerciale recante la sigla “VI” comporta per il cliente destinatario l’indicazione non corrispondente al vero di un importo pari a zero nella voce “di cui IVA” e tale incoerenza risulta ancora più evidente nel caso in cui l’esercente sia tenuto all’emissione della fattura a richiesta del cliente;
b) se gli esercizi commerciali (es.: farmacie) che adottano il metodo della ventilazione dei corrispettivi per la cessione dei prodotti medicinali:
i. possano applicare il metodo della ventilazione anche per la cessione dei beni c.d. “anti-COVID”, effettuate in esenzione da IVA fino al 31.12.2022, come stabilito dall’art. 1, c. 452 e 453 della L. 30.12.20 n. 178. In caso di risposta negativa si chiede come debbano trattare la cessione di tali prodotti considerando che l’attuale Tracciato Tipi dati per i corrispettivi, ver. 7.0 non sembra consentire la gestione mista di beni soggetti e non soggetti a ventilazione;
ii. debbano comunque escludere dalla ventilazione ed applicare quindi l’IVA c.d. “puntuale” per tutte le prestazioni di servizi effettuate, sia se rientranti nell’art. 1, c. 452 e 453 della L. 30.12.20 n. 178, ovvero se di diversa natura.
7. Blocco 4 <DatiRT> – 4.1.5 <RifNormativo>. Si chiede di precisare se, in assenza di indicazione sul documento commerciale emesso, tale riferimento normativo possa considerarsi assorbito dall’indicazione del codice “Natura” utilizzato.
8. Blocco 4 <DatiRT> – 4.1.9 <BeniInSospeso>. Nella Descrizione funzionale contenuta nel Tracciato si afferma che: “Il campo è utilizzato anche per la vendita di beni e servizi mediante riscatto di buoni monouso (…). ” Si chiede di precisare:
a) se tale procedura debba essere seguita solo nel caso di riscatto di buoni monouso emessi e ceduti all’acquirente dal medesimo esercente che ha già riscosso il corrispettivo;
b) se, per il riscatto dei buoni monouso emessi da terzi e che l’acquirente ha acquistato da terzi, cui seguirà fattura, l’esercente debba invece valorizzare il successivo campo 4.1.11 <NonRiscossoFatture>;
c) se le operazioni sub b), relative a buoni-corrispettivo, rilevino anche ai fini della valorizzazione del blocco 4.2.5 <Ticket>, la cui Descrizione funzionale considera tra i “ticketfatturati a terzi” anche i “buonipromozionali”.
9. Blocco 4 <DatiRT> – 4.1.11 <NonRiscossoFatture>. Nella Descrizione funzionale contenuta nel Tracciato si afferma che in questo campo deve essere riportato: l’”Ammontare totale dei corrispettivi non riscossi contenuti nei documenti commerciali emessi e collegati a fatture”. Si chiede di precisare:
a) Se tale campo debba essere valorizzato sia in caso di cessioni di beni, sia in caso di prestazioni di servizi, e in entrambi i casi esclusivamente qualora il corrispettivo sia interamente non riscosso dall’esercente e per il quale è emessa congiuntamente o sarà emessa successivamente, una fattura;
b) Se la fattura di cui al punto precedente debba essere solo una fattura “immediata” o possa essere anche una fattura “differita” di cui, rispettivamente, all’art. 21, comma 4, primo periodo e secondo periodo, lett. a) del DPR n. 633/72;
c) Se tale campo debba essere valorizzato anche nel caso in cui la fattura “collegata ” sia emessa a carico di terzi (es.: prestazioni di servizi di assistenza tecnica su prodotti in garanzia, gratuiti per il cliente ma con pagamento del corrispettivo a carico del Fabbricante o di terzi);
d) Se per le operazioni consistenti in cessioni di beni o prestazioni di servizi, il cui corrispettivo sia invece riscosso dall’esercente in tutto o in parte al momento della loro ultimazione e le operazioni siano comunque “collegate” ad una fattura (immediata o differita), questo campo non debba essere valorizzato.
In tal caso si chiede inoltre di precisare se, ai fini della liquidazione periodica IVA, l’esercente debba provvedere a scorporare tale importo dai corrispettivi giornalieri e se il riporto, nel campo 2.2.1.16 <AltriDatiGestionali> del Tracciato XML Fattura elettronica ver. 1.6.2, degli estremi del documento commerciale emesso e recante il codice fiscale o la partita IVA del cliente, sia valido e sufficiente per evitare un’apparente quanto inesistente duplicazione del corrispettivo.
10. Blocco 4 <DatiRT> – 4.1.12 <TotaleDaFattureRT>. Nella Descrizione funzionale contenuta nel Tracciato si afferma che: “La compilazione di questo campo è obbligatoria qualora l’RT, che consente la predisposizione ed emissione di fatture, riporti i relativi importi in aggiunta ai dati dei corrispettivi che trasmette telematicamente”. Si chiede di precisare le modalità con cui potrebbe essere effettuata la trasmissione “in aggiunta” dei dati dei corrispettivi.
11. Blocco 4 <DatiRT> – 4.1.14 <NonRiscossoOmaggio>. Si chiede di precisare:
a) Se il termine “omaggio” debba intendersi qui riferito esclusivamente alle “cessioni gratuite di beni” imponibili ad IVA a norma dell’art. 2, secondo comma, n. 4) del DPR n. 633/72 e non anche alle altre operazioni gratuite come sopra indicate con riferimento ai codici Natura “N1″ e N2” che sono rispettivamente escluse o non soggette all’imposta;
b) Se tale campo possa o debba essere valorizzato anche per le prestazioni di servizi gratuite considerate imponibili ad IVA a norma dell’art. 3, terzo comma, del DPR n. 633/72;
c) Se l’esercente, in alternativa all’emissione del documento commerciale, possa tuttora utilizzare, sia per le cessioni gratuite imponibili di beni, sia per prestazioni gratuite imponibili di servizi, le procedure indicate nella Circolare MF n. 32 del 27/4/1973, par. VI (autofattura singola o globale mensile, ovvero annotazione su un registro degli omaggi).
12. Blocco 4 <DatiRT> – 4.1.15 <CodiceAttivita>. Nella Descrizione funzionale contenuta nel Tracciato si afferma che in questo campo deve essere riportato il: “Codice attività, indicando senza separatori quanto presente nella tabella ATECO di classificazione delle attività economiche, a cui l’importo parziale si riferisce.” E’ inoltre indicato che trattasi di elemento non obbligatorio e con unica occorrenza (cod. <0.1> nella colonna “Obbligatorietà e occorrenze”).
In merito si chiede di precisare:
a) Se la libera scelta di valorizzare o meno tale campo, ferma restando la facoltà dell’esercente di avvalersene, debba intendersi riservata ai soli soggetti che gestiscono contemporaneamente due o più distinte attività con contabilità separata ai fini IVA per obbligo o per opzione, ovvero sia riconosciuta anche ai soggetti che effettuano contemporaneamente più attività aventi distinti codici ATECO, ma tutte siano gestite con unica contabilità ai fini IVA e con la determinazione di un volume d’affari annuo complessivo;
b) se vi sia un limite tecnico al numero di codici ATECO gestibili;
c) se sia consentito all’esercente di inserire in un unico documento commerciale di vendita o prestazioni beni o servizi relativi a distinte attività con distinti codici ATECO gestite con contabilità separata (si fa presente che sull’argomento sono stati rilevati pareri non uniformi da parte degli Enti certificatori).
In caso di risposta affermativa, si chiede se tale procedura possa considerarsi conforme ai principi di una ordinata contabilità e di indicare quale debba essere il corretto comportamento operativo dell’esercente in caso di richiesta della fattura da parte del cliente.
13. Blocco 4.2 <Totali> – 4.2.3 <PagatoElettronico>. Si chiede di precisare se il bonifico bancario o postale possa essere indicato nel documento commerciale come pagamento elettronico solo se l’esercente ha ottenuto la “disponibilità” del relativo importo (V. Circ. AE n. 44/E del 26/11/2012 e n. 1/E del 15 febbraio 2013, par. 3.2) ovvero, in mancanza di tale disponibilità, debba essere indicato come pagamento “non riscosso”.
14. Blocco 4.2 <Totali> – 4.2.4 <ScontoApagare>.: Nella Descrizione funzionale contenuta nel Tracciato si afferma che: “In questo campo va indicato anche l’importo dei pagamenti effettuati con buono multiuso”. Si chiede di precisare:
a) se tale procedura debba essere seguita solo nel caso di riscatto – totale o parziale – di buoni multiuso emessi dal medesimo esercente che ha già riscosso l’importo corrispondente al valore facciale del buono;
b) come debba essere emesso dall’esercente il documento commerciale nel caso di vendita di beni o prestazione di servizi con riscatto – totale o parziale – dei buoni multiuso emessi da terzi e da questi ceduti all’acquirente, e quale documento debba essere emesso dall’esercente nei confronti del terzo per richiedere il ristoro del mancato incasso del corrispettivo della cessione o prestazione effettuata;
c) se le operazioni sub b), relative a buoni-corrispettivo, rilevino anche ai fini della valorizzazione del blocco 4.2.5 <Ticket>, la cui Descrizione funzionale considera tra i “ticketfatturati a terzi” anche i “buonipromozionali”;
d) se il campo 4.2.4 <ScontoApagare> possa essere valorizzato indistintamente per l’applicazione dei bonus fiscali che sono riconosciuti dalla normativa ai destinatari nella forma del c.d. “sconto in fattura”:
es., ex multis, il c.d. “bonus vacanze” (es.: soggiorno hotel 5 giorni x 100,00 = 500,00; Totale complessivo 500,00; di cui IVA 45,45; sconto a pagare/bonus vacanze es.: 200,00; Importo pagato 300,00);
e) se il campo 4.2.4 <ScontoApagare> possa essere valorizzato indistintamente, nella cessione di bombole di gas, per l’applicazione del c.d. “sconto accise” di cui all’art. 8, c. 10 della L. n. 448/98:
es.: Bombola di gas 15 Kg = 25,27; Totale complessivo 25,27; di cui IVA 2,30; sconto a pagare/sconto accise (-) 2,27 (es.: pari a 15×0,151); Importo pagato 23,00);
f) Il documento “Lay-out standard ver. 30.6.20” contiene in nota, tra l’altro, le indicazioni per la “Gestione arrotondamento obbligatorio previsto dall’ art. 13- quater DL.50/2017”, che prevedono la valorizzazione del campo 4.2.4 <ScontoApagare> in caso di arrotondamento per difetto (e la qualificazione come pagamento contanti in caso di arrotondamento in eccesso). Si chiede di precisare se tale forma di arrotondamento debba considerarsi obbligatoria ovvero se il Registratore telematico possa prevedere che la sua funzione sia attivabile facoltativamente da parte dell’esercente. (Si fa presente che sull’argomento sono stati rilevati pareri non uniformi da parte degli Enti certificatori).
B) Quesiti che fanno riferimento alla disciplina generale della trasmissione telematica dei corrispettivi
15. Nelle Specifiche tecniche RT ver. 10, pag. 7/47, sono indicati i valori che può assumere il terzo carattere alfabetico della matricola dei Registratori telematici. Tra gli altri, sono indicati: “I” per utilizzo in ambiente interno; “E” per utilizzo in ambiente esterno; “M” per Registratore di cassa adattato.
Nel caso di utilizzo in ambiente esterno (es.: vendita ambulante) di un Registratore di cassa già approvato per le operazioni di vendita su aree pubbliche e successivamente “adattato” a Registratore telematico con matricola contenente la lettera “M”, si chiede di precisare se lo stesso possa ritenersi idoneo all’utilizzo in ambiente esterno pur in assenza della lettera “E”.
Si chiede inoltre di precisare se, nel caso di soggetto esercente il commercio su aree pubbliche, nell’intestazione del documento commerciale l’ubicazione dell’esercizio debba intendersi sostituita dall’indicazione del domicilio o residenza dell’esercente medesimo.
16. Si rappresenta il caso di un soggetto esercente il c.d. commercio elettronico indiretto, nel quale il contratto di compravendita si perfeziona tra le parti “a distanza” (on line), ma la consegna del bene materiale ed eventualmente anche l’incasso del corrispettivo sono effettuati, per clausola contrattuale, in un “punto di ritiro” scelto dall’acquirente tra quelli indicati dal venditore.
In tal caso l’esercente, rinunciando all’esonero di cui al DM 10.5.19, si dota nel punto di ritiro di un Registratore telematico con il quale emette documenti commerciali ed effettua la memorizzazione e la trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate sia dei dati dei corrispettivi, sia dei dati richiesti dalla specifica disciplina della c.d. Lotteria degli scontrini, in conformità ai rispettivi Tracciati XML.
Si chiede di confermare se tale procedura, in conformità alla normativa vigente, costituisce titolo valido per la partecipazione alla c.d. lotteria degli scontrini sempre che, ovviamente, il pagamento sia effettuato dall’acquirente in forma elettronica e siano soddisfatti gli altri requisiti soggettivi e oggettivi stabiliti dalla specifica disciplina.
17. Si rappresenta il caso di un esercente la vendita al dettaglio che abbia emesso un documento commerciale riportando in esso il “codice lotteria” esibito dal cliente e questi, successivamente, ma comunque prima che l’operazione commerciale possa considerarsi “ultimata”, richieda anche l’emissione della fattura fornendo a tal fine il proprio codice fiscale (se persona fisica), ovvero il numero di partita IVA (se esercente arte o professione).
Si chiede di precisare se l’esercente in tal caso possa o debba rifiutare l’emissione della fattura nella considerazione dell’incompatibilità espressa dalla vigente normativa tra il codice fiscale e/o la partita IVA, con il codice lotteria già acquisito nel documento commerciale emesso per la medesima transazione.
18. Guasto del Server-RT. Nel caso di mancato funzionamento del Server-RT, i punti cassa ad esso collegati possono continuare ad effettuare operazioni e ad emettere i relativi documenti commerciali memorizzando i dati su supporti informatici in modalità off-line.
Si chiede di confermare se, come si ritiene, tale memorizzazione possa costituire – di fatto e di diritto – la tenuta del registro c.d. “di emergenza” di cui al punto 5 del Provvedimento di codesta Agenzia n. 182017 del 28.10.16. Si chiede inoltre di confermare se la trasmissione telematica di tali dati mediante la procedura di emergenza di cui al punto 2.8.2 delle Specifiche tecniche ver. 10 allegate al medesimo provvedimento costituisca per l’esercente una facoltà e non un obbligo, come è indicato nelle già menzionate Specifiche tecniche, fermo ovviamente restando l’obbligo per l’esercente di tenere conto di tali dati al fine della corretta liquidazione periodica IVA.
19. Il punto 4.2 del testo attualmente vigente del Provv. AE182017 del 28.10.16 stabilisce che: “A partire dal 1° ottobre 2021 i dati dei corrispettivi sono trasmessi esclusivamente nel rispetto del predetto allegato tecnico denominato “TIPI DATI PER I CORRISPETTIVI -versione 7.0 – marzo 2020”. “
Si chiede cortesemente di precisare:
a) Se dal 1° ottobre 2021 eventuali invii dei file in versione 6.0 non saranno accolti dall’Agenzia, comportando a carico dell’esercente la violazione sanzionabile dell’omessa trasmissione dei dati dei corrispettivi;
b) Se, come si ritiene, saranno accolti dall’Agenzia anche eventuali file in versione 6.0 con data di chiusura giornaliera compresa entro il 30 settembre e trasmessi dal 1° ottobre 2021 ma comunque entro 12 giorni dalla data di chiusura giornaliera;
c) Se, nell’ipotesi di file 6.0 non accolti, si renda applicabile la sanzione in misura fissa pari a 100 euro per ciascuna trasmissione, come stabilita dall’art. 11, c. 2 quinquies del D. Lgs. n. 471/1997;
d) Se, in considerazione del fatto che la medesima norma non consente l’applicazione della disposizione agevolativa di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 e che, conseguentemente, nelle ipotesi di prolungata impossibilità tecnica per l’esercente di disporre della richiesta versione 7.0 l’ammontare della sanzione potrebbe assumere dimensioni abnormi, sia ipotizzabile la previsione di un provvedimento legislativo di moratoria di applicazione delle sanzioni, come avvenuto in passato per analoghi casi di scadenze relative ad adempimenti tributari».
Soluzione interpretativa prospettata
In riferimento ai quesiti posti, oltre quanto sopra riportato, l’istante non prospetta alcuna soluzione interpretativa.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Partendo dal presupposto che i chiarimenti chiesti si riferiscano ad operazioni rientranti nel novero dell’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (decreto IVA) e non a cessioni/prestazioni di servizi tra soggetti passivi d’imposta (per le quali vige, nel caso, l’obbligo di fatturazione), seguendo la numerazione dei quesiti indicata dall’istante, si osserva quanto segue.
1. Operazioni escluse ex articolo 15
a) In generale, come già indicato nella circolare n. 25 del 3 agosto 1979, per le cessioni a titolo di sconto, premio o abbuono «la non imponibilità sussiste a condizione che le medesime siano previste nelle pattuizioni originarie, ovvero che non abbiano ad oggetto beni ad aliquota più elevata rispetto a quella relativa ai beni oggetto della cessione principale. Conseguentemente, sono soggette al tributo le cessioni a titolo di sconto, premio o abbuono pattuite successivamente alla contrattazione originaria, non potendo tra l’altro trovare applicazione nella specie la disposizione di cui al punto n. 4 dell’art. 2, che limita la tassazione delle cessioni gratuite soltanto a quelle di propria produzione o commercio» (nello stesso senso, peraltro, si veda la successiva risoluzione n. 362125 del 24 luglio 1986 dove si è ribadito che le «cessioni a titolo di sconto o di abbuono anche se riflettono beni diversi da quelli che hanno formato oggetto della cessione originaria, rientrano nella sfera di applicazione della richiamata disposizione contenuta nell’art. 15, n. 2), del D.P.R. n. 633, sempreché, beninteso, le cessioni stesse siano poste in essere in conformità alle originarie condizioni contrattuali e non riflettono beni soggetti ad aliquota più elevata rispetto a quella applicabile ai beni oggetto della cessione cui ineriscono»).
Alla luce di quanto sopra, segnalato che nel caso “ii. cessione a titolo di sconto di beni soggetti ad aliquota più elevata”, il codice N1 non risulterebbe invero utilizzabile – si ricorda che l’aliquota più elevata, ex articolo 15, comma 1, n. 2), del d.P.R. n. 633 del 1972 impone che il valore normale del bene rientri nella base imponibile e che, quindi, il relativo importo figuri nel computo dell’IVA e non ne sia escluso – la soluzione ipotizzata per tale ipotesi, fermo il rispetto delle altre condizioni normativamente imposte per gli sconti, non permette di evincere con certezza se la richiamata inclusione nella base imponibile sia operata.
Ove così fosse, nulla osterebbe alle soluzioni ipotizzate negli esempi formulati;
b) Si è da tempo chiarito «che gli addebiti e gli accrediti relativi a somme versate a titolo di cauzione per imballaggi dei quali sia pattuita la resa, non concorrono, ai sensi dell’art. 15 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, a formare la base imponibile della cessione ai fini dell’I.V.A., a condizione, ben s’intende, che tali somme siano indicate distintamente in fattura. Peraltro, è appena il caso di precisare, qualora entro il termine pattuito gli imballaggi non vengano restituiti, sull’ammontare dei medesimi si rende dovuta la relativa imposta» (così la risoluzione n. 505010 del 17 dicembre 1973).
Fermo restando che l’imposta dovuta a fronte della mancata restituzione potrà essere documentata con le modalità indicate nel decreto del Ministro per le finanze 11 agosto 1975, la circolare n. 3/E del 21 febbraio 2020 ha precisato che è rimasta invariata la necessità che, «per le procedure di reso e annullo, le stesse forniscano gli elementi che servono a correlare la restituzione del bene o l’annullo dell’operazione ai documenti probanti l’acquisto originario, quindi, in particolare, il codice identificativo del documento attestante l’operazione originaria, qualora il cliente lo produca al momento del reso. Si evidenzia, infatti, che il cliente ben potrebbe produrre altri elementi che possono confermare all’esercente l’avvenuto acquisto, come nel caso della ricevuta del POS o dei vuoti a rendere: in tali casi, l’esercente potrà riportare nel documento commerciale di reso gli estremi della ricevuta del POS o un codice generico (es. ND);».
In richiamo a questa precisazione, le “SPECIFICHE TECNICHE PER LA MEMORIZZAZIONE ELETTRONICA E LA TRASMISSIONE TELEMATICA DEI DATI DEI CORRISPETTIVI GIORNALIERI DI CUI ALL’ART. 2, COMMA 1, DEL DECRETO LEGISLATIVO 5 AGOSTO 2015, N. 127”, versione 10 giugno 2020, disponibili nell’apposita sezione del sito istituzionale della scrivente (www.agenziaentrate.it/portale/web/guest/schede/comunicazioni/fatture-e- corrispettivi/fatture-e-corrispettivi-st/st-invio-corrispettivi-registratori-telematici-temp), hanno previsto che «Caso C): Emissione di documenti di reso/annullo utilizzando altri elementi probanti l’acquisto
[…] In tali casi, deve essere possibile procedere con l’emissione di un documento per annullo o reso inserendo in modalità manuale le seguenti informazioni, che saranno riportate anche sul documento di reso/annullo:
— in sostituzione della matricola del dispositivo, una sigla descrittiva:
– “POS” nel caso di ricevuta POS;
– “VR” nel caso di vuoti a rendere;
– “ND” in altri eventuali casi residuali (es. reso/annullo di scontrino fiscale emesso da Misuratore Fiscale o di documento commerciale web emesso tramite la procedura on-line ecc.);».
Nel rispetto di quanto appena ricordato, l’importo incassato per il “vuoto a rendere”, escluso dalla base imponibile della cessione ex articolo 15, comma 1, n. 4) del decreto IVA, potrà essere oggetto del procedimento descritto: emissione di un documento commerciale con codice natura N1 al momento dell’acquisto del bene e, a quello della resa del vuoto, emissione di un nuovo documento commerciale di reso con codice natura N1 e causale “VR”.
2. Operazioni non soggette
a) L’articolo 4 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 ha previsto che «1. I comuni capoluogo di provincia, le unioni di comuni nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte possono istituire, con deliberazione del consiglio, un’imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio, da applicare, secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo, sino a 5 euro per notte di soggiorno. […]».
In merito, riprendendo quanto detto in riferimento all’antesignana “imposta di soggiorno, di cura e turismo” di cui all’articolo 1 del regio decreto 24 novembre 1938, n. 1926 (cfr. la risoluzione n. 501618 del 25 novembre 1975), la scrivente, esprimendo il proprio parere sul contributo di soggiorno per la città di Roma ex articolo 14, comma 16, lettera e), del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, (si vedano i “chiarimenti normativi ed operativi in ordine all’applicazione del Contributo” disponibili sul sito istituzionale della capitale www.comune.roma.it/web- resources/cms/documents/notaoperativacontrsogg.pdf) aveva escluso che lo stesso concorresse alla formazione della base imponibile della prestazione alberghiera e, dunque, che fosse soggetto ad IVA.
Successivamente, l’articolo 180, comma 3, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, modificando l’articolo 4 del d.l. n. 23 del 2011, vi ha introdotto il comma 1-ter, a mente del quale, tra l’altro, «Il gestore della struttura ricettiva è responsabile del pagamento dell’imposta di soggiorno di cui al comma 1 e del contributo di soggiorno di cui all’articolo 14, comma 16, lettera e), del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, della presentazione della dichiarazione, nonché degli ulteriori adempimenti previsti dalla legge e dal regolamento comunale. […]».
In merito, va evidenziato che il gestore della struttura ricettiva, pur divenendo responsabile dell’imposta, non ha assunto la veste di soggetto passivo della stessa, che permane in capo ai clienti della struttura, sottoposti alla rivalsa.
Risulta quindi applicabile al caso di specie l’articolo 15, comma 1, n. 3), del decreto IVA, con utilizzo del relativo codice natura (N1).
b) In merito al «”Contributo Regionale e Provinciale” dovuto unitamente al corrispettivo per le prestazioni di manutenzione (controllo fumi) degli impianti di riscaldamento a caldaia» l’istante non fornisce alcun riferimento normativo. Laddove intenda richiamarsi al contributo, di natura non tributaria, previsto dall’articolo 10, comma 3, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 74 – in base al quale «Nel disciplinare la materia [i.e. «esercizio, conduzione, controllo, manutenzione e ispezione degli impianti termici per la climatizzazione invernale ed estiva degli edifici e per la preparazione dell’acqua calda per usi igienici sanitari» ndr.] le Regioni e le Province autonome, tenendo conto delle peculiarità del territorio, del parco edilizio e impiantistico esistente, delle valutazioni tecnico-economiche concernenti i costi di costruzione e di gestione degli edifici, delle specificità ambientali, del contesto socio-economico e di un corretto rapporto costi-benefici per i cittadini, possono: […] c) assicurare la copertura dei costi necessari per l’adeguamento e la gestione del catasto degli impianti termici, nonché per gli accertamenti e le ispezioni sugli impianti stessi, mediante la corresponsione di un contributo da parte dei responsabili degli impianti, da articolare in base alla potenza degli impianti, secondo modalità uniformi su tutto il territorio regionale. […]» – occorre rilevare che sullo stesso la scrivente si è già espressa con la risposta ad interpello n. 141 pubblicata il 28 dicembre 2018 sul proprio sito istituzionale (www.agenziaentrate.gov.it/portale/web/guest/normativa-e-prassi/risposte-agli-interpelli).
Ivi, pur affrontando il caso di una specifica previsione regionale, si è precisato che «la tariffa relativa al segno identificativo per l’attività di accatastamento, manutenzione e controllo degli impianti termici resta fuori dal campo di applicazione dell’IVA per carenza del presupposto oggettivo di cui all’art. 3, comma 1, del d.P.R. 633 del 1972. La fattispecie descritta esula, dunque, dal campo di applicazione del tributo.
Tenuto conto di tale impostazione, la questione evidenziata al superiore punto 3 – concernente la misura dell’aliquota IVA applicabile alla tariffa relativa ai segni identificativi – non assume rilevanza.
Per completezza, si fa presente che il riaddebito della tariffa di ciascun segno identificativo (i.e. bollino) da parte della ditta di manutenzione al responsabile dell’impianto, nell’ambito del servizio di controllo e di manutenzione dell’impianto termico dalla stessa reso, non concorre a formare la base imponibile di detto servizio, in quanto l’importo relativo al “bollino” (i.e. segno identificativo) non ha natura di corrispettivo di detto servizio, bensì è dovuto a titolo di ristoro dell’anticipazione fatta dalla ditta in nome e per conto del proprietario dell’impianto».
Trattasi, dunque, di importo escluso dal computo della base imponibile ex articolo 15, comma 1, n. 3), del decreto IVA, da valorizzare con il codice N1.
c) In base all’articolo 2, comma 2, del decreto IVA, «Costituiscono inoltre cessioni di beni: […] 4) le cessioni gratuite di beni ad esclusione di quelli la cui produzione o il cui commercio non rientra nell’attività propria dell’impresa se di costo unitario non superiore ad euro cinquanta e di quelli per i quali non sia stata operata, all’atto dell’acquisto o dell’importazione, la detrazione dell’imposta a norma dell’articolo 19, anche se per effetto dell’opzione di cui all’articolo 36-bis».
Ne deriva che, fatte salve peculiari previsioni – si veda, ad esempio, l’articolo 10, comma 1, numeri 12 e 13 in riferimento alle cessioni fatte «ad enti pubblici, associazioni riconosciute o fondazioni aventi esclusivamente finalità di assistenza, beneficenza, educazione, istruzione, studio o ricerca scientifica e alle ONLUS» e a «popolazioni colpite da calamità naturali o catastrofi dichiarate tali ai sensi della legge 8 dicembre 1970, n. 996, o della legge 24 febbraio 1992, n. 225» (cessioni da qualificarsi come esenti dall’imposta) – in generale le cessioni gratuite di beni non prodotti, né normalmente commercializzati dall’impresa, non sono soggette ad IVA ex articolo 2, comma 2, n. 4) del decreto IVA, se di valore non eccedente i 50 euro, ovvero, quando superiore, a fronte della non detraibilità dell’imposta sugli acquisti.
Tale previsione, valida anche per i professionisti (cfr., in questo senso, già la circolare n. 20 del 30 aprile 1980), comporta, nei documenti commerciali emessi in riferimento a tali prestazioni, l’utilizzo del codice natura N2.
d) Vale quanto osservato nel punto precedente.
e) i. La scrivente ha evidenziato in più occasioni che il «considerando 8 della Direttiva voucher [direttiva UE 2016/1065 del Consiglio del 27 giugno 2016, ndr.] precisa che per i buoni multiuso l’IVA sarà esigibile quando i beni o i servizi cui il buono si riferisce sono ceduti o prestati; qualsiasi trasferimento precedente non sarà soggetto ad IVA. A sua volta, la relazione illustrativa al d.lgs. n. 141 del 2018 [che ha introdotto, tra gli altri, l’articolo 6-quater del decreto IVA, ndr.] precisa che “i trasferimenti (n.d.r. medio tempore) del buono corrispettivo multiuso non comportano anticipazione della cessione del bene o della prestazione di servizio e, pertanto, non assumono rilevanza ai fini IVA” (cfr. risposta n. 519 del 2019)» (così la risposta n. 617 pubblicata il 23 dicembre 2020 sul sito istituzionale della scrivente).
Indicazione in linea anche con i più risalenti documenti di prassi: «Si ritiene che la cessione dei buoni effettuata dall’emittente a favore dell’azienda cliente non assuma rilevanza ai fini dell’IVA ai sensi dell’articolo 2, terzo comma, lettera a), del DPR n. 633 del 1972. In sostanza, in questa fase, la circolazione del documento di legittimazione non integra alcuna cessione di beni o prestazione di servizi ed il relativo pagamento assume carattere di “mera movimentazione di carattere finanziario”. Dovrà essere, invece, fatturato separatamente, con aliquota ordinaria, qualsiasi eventuale servizio prestato dall’emittente verso corrispettivo specifico quale stampigliatura, personalizzazione, consegna a domicilio, etc.» (con queste parole la risoluzione n. 21/E del 22 febbraio 2011). Non risulta dunque dubbio che la circolazione dei voucher c.d. “multiuso” in un momento anteriore alla cessione del bene o alla prestazione di servizio cui danno diritto non è soggetta ad IVA e rientra tra le operazioni identificabili con natura N2.
ii. Senza entrare nel merito delle relazioni tra IVA ed imposta di registro – cui possono essere soggette le caparre (si veda, ad esempio, la risposta n. 311, pubblicata il 24 luglio 2019 sul sito istituzionale della scrivente, in merito a quelle corrisposte nell’ambito di contratti preliminari) – va ricordato che la caparra confirmatoria (articolo 1385 c.c.) anche se prevista da un’apposita clausola contrattuale, non costituisce il corrispettivo di una prestazione di servizi o di una cessione di beni, in quanto assolve ad una funzione risarcitoria, comune alla caparra peninteziale (laddove il risarcimento è riconosciuto, in misura predeterminata, in favore di una parte a fronte della facoltà di recesso dell’altra; cfr. l’articolo 1386 c.c.).
«La stessa non è, quindi, soggetta a Iva per mancanza del presupposto oggettivo di cui agli artt. 2 e 3 del D.P.R. n. 633/1972. Conforme a tale interpretazione è la prassi amministrativa: le somme versate a titolo di caparra confirmatoria, non costituendo un parziale pagamento anticipato del prezzo, non rientrano nell’ambito applicativo dell’Iva (cfr. risoluzione dell’Amministrazione finanziaria del 19 maggio 1977, n. 411673). […] Secondo l’orientamento della Suprema Corte, ove sia dubbia l’effettiva intenzione delle parti, le somme versate anteriormente alla formale stipulazione di un contratto a prestazioni corrispettive (ed in particolare di un contratto di compravendita) devono ritenersi corrisposte a titolo di anticipo (o di acconto) sulla prestazione dovuta in base all’obbligazione principale, e non già a titolo di caparra» (con queste parole la risoluzione n. 197/E del 1° agosto 2007).
Ferme le precisazioni appena viste, si può concordare con la soluzione prospettata (utilizzo del codice natura N2).
f) Ai sensi dell’articolo 2, comma 2, n. 4), del decreto IVA, le cessioni gratuite di beni la cui produzione o il cui commercio rientra nell’attività propria dell’impresa sono operazioni imponibili ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.
Il successivo comma 3 dello stesso articolo «prevede una deroga alla generale regola dell’imponibilità per le “cessioni di campioni gratuiti di modico valore appositamente contrassegnati”. Per rientrare in questa eccezione è necessario, quindi, che si verifichino le seguenti condizioni, richieste congiuntamente: 1) deve trattarsi di campioni gratuiti; 2) i beni devono essere appositamente contrassegnati; 3) i campioni devono essere di modico valore» (si veda la risoluzione n. 83/E del 3 aprile 2003).
Nel rispetto di tali condizioni, si può concordare con la soluzione prospettata (utilizzo del codice natura N2).
g) «il regime di non assoggettabilità all’Iva previsto dalla lettera i) del comma 3 dell’art. 2 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, concernente “le cessioni di valori bollati e postali, marche assicurative e similari”, ha valenza oggettiva, con la conseguenza che dette cessioni devono considerarsi escluse dal campo di applicazione dell’imposta a prescindere dal soggetto, pubblico o privato, che le ponga in essere, purché, beninteso, si tratti di valori ancora utilizzabili venduti al valore facciale» (così già la circolare n. 13 del 30 gennaio 1993).
È indubbio, dunque, che tali cessioni non siano soggette ad IVA e rientrino tra le operazioni identificabili con natura N2.
h) Fermo restando che non costituiscono operazioni a premio le cessioni a titolo di sconto, premio o abbuono sopra viste sub 1. a), «Ai sensi dell’art. 2, comma 3, lettera m), dello stesso D.P.R. n. 633 del 1972, non sono considerate cessioni agli effetti dell’Iva “le cessioni di beni soggette alla disciplina dei concorsi e delle operazioni a premio di cui al R.D.L. 19 ottobre 1938, n. 1933, convertito nella legge 5 giugno 1939, n. 937, e successive modificazioni ed integrazioni”. […] Al riguardo, si osserva che l’assegnazione del bene non può, per la parte corrispondente al pagamento del contributo, considerarsi “premio” e rientrare nella disciplina delle operazioni di cui al citato R.D.L. n. 1933 del 1938 e successive modificazioni. Come precisato nella circolare n. 89/E del 24 marzo 1998, in tali operazioni il premio è costituito dallo “sconto (premio) relativo alle operazioni a premio che prevedono il pagamento di un contributo da parte del destinatario” e non anche dal contributo versato da quest’ultimo. Tale somma assume invece natura di corrispettivo per una cessione di beni: il requisito della parziale onerosità del trasferimento vale ad escludere che lo stesso bene, per la parte assoggettata a corrispettivo, possa configurarsi quale premio. Si evidenzia che, in concreto, il bene è utilizzato promiscuamente per realizzare sia un’operazione soggetta ad Iva – per la parte corrispondente al contributo – sia un’operazione esclusa dal tributo – per la parte che costituisce operazione a premio, ai sensi dell’art. 2, comma 3, lettera m)» (si veda la risoluzione n. 94/E del 27 giugno 2001, ma, parimenti, la successiva n. 368/E del 22 novembre 2002).
Dunque, esclusa la parte corrispondente al contributo – si ricorda che ex articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 2001, n. 430 «Il contributo richiesto non deve essere superiore al 75 per cento del costo del prodotto o servizio, sostenuto dalla ditta promotrice, al netto dell’imposta sul valore aggiunto. Il premio consiste nello sconto di prezzo rappresentato dalla differenza tra il valore normale del bene offerto e il contributo richiesto» – il valore residuo della cessione risulta non soggetto ad IVA e, come tale, inquadrabile nelle operazioni aventi natura N2.
i) Il regime speciale IVA c.d. “monofase” è diretto a semplificare l’applicazione dell’imposta, prevedendone l’assolvimento in capo al solo soggetto che si trova “a monte” della catena produttiva-distributiva, sulla base del prezzo di vendita al pubblico del prodotto o del corrispettivo dovuto dall’utente, con la conseguenza che le successive operazioni, che si concretizzano, di fatto, nella mera distribuzione, sono considerate fuori del campo di applicazione dell’IVA (cfr. l’articolo 74, comma 2, del decreto IVA) e, dunque, non oggetto di ordinaria documentazione tramite fattura: «Le operazioni di cui all’art. 74, primo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, assoggettate al regime IVA monofase (commercio di generi di monopolio, commercio di tabacchi, commercio di schede telefoniche, commercio di giornali, ecc.) non limitano il diritto alla detrazione dell’imposta anche se esse non sono soggette agli obblighi di fatturazione, registrazione e dichiarazione dell’imposta» (così già la circolare n. 98/E-107570 del 17 maggio 2000).
Ciò non toglie che:
– «le regole tecniche stabilite dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 30 aprile 2018 consentono di gestire l’emissione e la ricezione via SdI anche di fatture elettroniche “fuori campo IVA” con il formato XML: pertanto, qualora l’operatore decida di emettere una fattura per certificare le predette operazioni, dovrà emetterla elettronicamente via SdI utilizzando il formato XML. In tale ultimo caso, il “codice natura” da utilizzare per rappresentare tali operazioni è “N2.2″» [cfr. le “FAQ – Risposte alle domande più frequenti” all’interno dell’apposita area tematica presente nel sito istituzionale della scrivente (www.agenziaentrate.gov.it/portale/web/guest/aree- tematiche/fatturazione-elettronica) ed in particolare la FAQ n. 15 pubblicata il 27 novembre 2018, aggiornata il 29 aprile 2021];
– l’obbligo di rilasciare il documento commerciale è correlato all’ultimazione dell’operazione, da non intendersi, tuttavia, come effettuazione della stessa ai fini IVA [cfr. la circolare n. 3/E del 2020, nonché l’articolo 2, comma 5, del d.lgs. n. 127 del 2015, come in ultimo modificato dall’articolo 1, comma 1109, lettera a), della legge 30 dicembre 2020, n. 178].
A fronte di tale obbligo, nelle ipotesi di cui all’articolo 74, comma 2, del decreto IVA il documento dovrà recare l’indicazione del codice natura N2.
j) Come indicato nella circolare n. 9/E del 10 aprile 2019, cui si rinvia per tutti i dettagli del caso, l’articolo 1, comma 58, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 «stabilisce che i contribuenti in regime forfetario non addebitano l’IVA in rivalsa né esercitano il diritto alla detrazione dell’imposta assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti nazionali, comunitari e sulle importazioni. Le fatture emesse non devono, pertanto, recare l’addebito dell’imposta. […]
I soggetti che applicano il regime forfetario sono poi esonerati dall’applicazione delle disposizioni relative all’obbligo di emissione della fatturazione elettronica (articolo 1, comma 3, del d.lgs. n. 127 del 2015). Continua, viceversa, a rimanere obbligatoria la fatturazione elettronica nei confronti della Pubblica amministrazione.
I contribuenti che applicano il regime forfetario restano soggetti agli obblighi di: […] certificazione dei corrispettivi, fatta eccezione per le attività esonerate ai sensi dell’articolo 2 del d.P.R. 21 dicembre 1996, n. 696, purché, in ogni caso, ottemperino all’obbligo di certificazione dei corrispettivi mediante l’annotazione in un apposito registro cronologico, effettuata con le modalità previste dall’articolo 24 del d.P.R. n. 633 del 1972;».
Sulla scorta di tali indicazioni, la “GUIDA ALLA COMPILAZIONE DELLE FATTURE ELETTRONICHE E DELL’ESTEROMETRO”, disponibile sul più volte citato sito istituzionale della scrivente, ha precisato che il codice N2.2 (sostitutivo del precedente N2 nel tracciato delle fatture elettroniche tramite Sistema di Interscambio, “SdI”) va utilizzato «In tutti i casi in cui un soggetto IVA (ad esempio “Forfettario” o le operazioni cosiddette “monofase” di cui all’articolo 74 del d.P.R. n. 633/72) non è obbligato ad emettere fattura».
Le indicazioni fornite risultano applicabili anche in tema di corrispettivi e documento commerciale per il quale, dunque, il codice natura da utilizzare nel caso di operazioni poste in essere dai soggetti che rientrano nel regime c.d. “forfetario”, è N2.
3. Operazioni non imponibili
a) L’articolo 72 del decreto IVA equipara alle operazioni non imponibili di cui agli articoli 8, 8-bis e 9 del medesimo decreto, le operazioni effettuate nei confronti di organismi internazionali (ONU, NATO, Unione europea, ecc.)
Nel rinviare all’articolo 72 ed ai molteplici documenti di prassi (si veda, ad esempio, tra i chiarimenti più recenti, la risposta n. 45 pubblicata il 19 gennaio 2021) il dettaglio delle condizioni alle quali tale estensione opera (reciprocità, ammontare delle operazioni superiore a 300 euro, ecc.), non vi è dubbio che dette operazioni, non diversamente da quanto accade per le esportazioni ed i servizi internazionali di cui ai richiamati articoli 8, 8-bis e 9 del decreto IVA, vadano inquadrate tra quelle non imponibili, identificate con il codice natura N3 ed i relativi sottocodici in ipotesi di fattura elettronica via SdI (cfr. la citata “GUIDA ALLA COMPILAZIONE DELLE FATTURE ELETTRONICHE E DELL’ESTEROMETRO”).
b) La scrivente ha già chiarito, anche in riferimento alle cessioni di beni a soggetti domiciliati o residenti fuori dall’Unione europea disciplinate dall’articolo 38-quater del decreto IVA, che «i commercianti al minuto e gli esercenti attività equiparate che memorizzano elettronicamente e trasmettono telematicamente all’Agenzia delle entrate i dati dei corrispettivi giornalieri documentano le cessioni di beni e le prestazioni di servizi mediante un documento commerciale, salvo nei casi di emissione della fattura. […] I due documenti sono tra loro alternativi e non concorrenti. Tuttavia, laddove il cedente, oltre ad emettere la fattura tax free, dovesse memorizzare elettronicamente e trasmettere telematicamente all’Agenzia delle entrate il dato del corrispettivo giornaliero, ed emettere quindi il documento commerciale, in tale ipotesi, al fine di dare evidenza, in caso di controllo, che si tratta di una duplicazione della documentazione del medesimo corrispettivo, potrebbe essere utile conservare copia della fattura tax free, sulla quale annotare il riferimento del documento commerciale emesso per certificare la medesima cessione, nonché tenere memoria del citato documento in un apposito registro» (così la risposta n. 13 pubblicata il 24 gennaio 2020).
Tanto ricordato, il documento commerciale eventualmente emesso dovrà recare l’indicazione del codice natura N3 solo nell’ipotesi di cui all’articolo 38-quater, comma 1, del decreto IVA (cessioni senza pagamento dell’imposta), rimanendo le ulteriori cessioni “normali” operazioni soggette ad imposta, salvo suo successivo rimborso al ricorrere delle condizioni legislativamente previste (cfr. il comma 2 del medesimo articolo).
4. Operazioni esenti
Nell’ambito dell’emergenza epidemiologica in corso, l’articolo 1 della legge n. 178 del 2020, al comma 452 ha stabilito che «In deroga all’articolo 124, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, le cessioni della strumentazione per diagnostica per COVID-19 che presentano i requisiti applicabili di cui alla direttiva 98/79/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 ottobre 1998, o al regolamento (UE) 2017/745 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2017, e ad altra normativa dell’Unione europea applicabile e le prestazioni di servizi strettamente connesse a tale strumentazione sono esenti dall’imposta sul valore aggiunto, con diritto alla detrazione dell’imposta ai sensi dell’articolo 19, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, fino al 31 dicembre 2022».
Nello stesso senso il successivo comma 453 ha previsto che «In deroga al numero 114) della tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, le cessioni di vaccini contro il COVID-19, autorizzati dalla Commissione europea o dagli Stati membri, e le prestazioni di servizi strettamente connesse a tali vaccini sono esenti dall’imposta sul valore aggiunto, con diritto alla detrazione dell’imposta ai sensi dell’articolo 19, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, dal 20 dicembre 2020 al 31 dicembre 2022».
Come chiarito nelle risposte rese a seguito dell’entrata in vigore di tali disposizioni, le relative operazioni «devono ritenersi esenti dall’imposta sul valore aggiunto, senza pregiudizio in capo all’Istante del diritto alla detrazione dell’imposta ai sensi dell’articolo 19, comma 1, del Decreto IVA» (così, ad esempio, la risposta n. 548 pubblicata il 18 agosto 2021).
Per le operazioni in esame l’utilizzo del codice natura N4 (relativo alle operazioni esenti) è ammissibile a condizione che ciò non alteri il risultato della trasmissione telematica dei corrispettivi e della dichiarazione IVA.
5. Operazioni “Altro non IVA”
Per le operazioni poste in essere dai soggetti che operano nel regime c.d. “forfetario” si richiama quanto osservato sub 2, sottoquesito j).
6. Ventilazione
In base all’articolo 24, comma 3, del decreto IVA, «Per determinate categorie di commercianti al minuto, che effettuano promiscuamente la vendita di beni soggetti ad aliquote d’imposta diverse, il Ministro delle finanze può consentire, stabilendo le modalità da osservare, che la registrazione dei corrispettivi delle operazioni imponibili sia fatta senza distinzione per aliquote e che la ripartizione dell’ammontare dei corrispettivi ai fini dell’applicazione delle diverse aliquote sia fatta in proporzione degli acquisti».
In applicazione di tale disposizione è stato emanato il decreto ministeriale 24 febbraio 1973 che ha individuato i soggetti che possono usufruire della c.d. “ventilazione” dei corrispettivi – tra cui commercianti al minuto autorizzati alla vendita di «prodotti per l’igiene personale o farmaceutici» (cfr. l’articolo 1 del d.m.) – e le relative modalità, stabilendo, fra l’altro, che:
– è comunque possibile documentare le vendite dei prodotti tramite fattura seguendo le indicazioni di cui all’articolo 4 del d.m.. Tali vendite, documentate con ordinarie fatture, non saranno ricomprese nel calcolo della ventilazione, ma non escluderanno il soggetto dalla possibilità di ultilizzare il procedimento se contenute nel venti per cento dell’ammontare complessivo dei corrispettivi (cfr. sempre l’articolo 4 del d.m. che, in caso di superamento di tale soglia, dispone la fuoriscita dalla ventilazione «nell’anno solare successivo»);
– i commercianti autorizzati a vendere anche merci diverse da quelle previste nel d.m. mantengono la ventilazione «a condizione che l’ammontare annuo degli acquisti e delle importazioni di tali merci non sia superiore al cinquanta per cento dell’ammontare annuo complessivo degli acquisti e delle importazioni. Se il limite stabilito nel comma precedente viene superato il contribuente non può avvalersi, nell’anno solare successivo, del procedimento di cui agli artt. 2 e 3» (così l’articolo 5 del d.m.).
Sul punto, nella circolare n. 3/E del 2020 si è precisato che «l’avvento delle nuove regole sulla memorizzazione elettronica e l’invio telematico dei corrispettivi non ha abrogato le disposizioni precedentemente in essere e che, di conseguenza, la ventilazione dei corrispettivi è tutt’ora legittima, occorre precisare che tale procedura è espressamente contemplata dalle specifiche tecniche relative al funzionamento dei registratori telematici.
Nel rinviare a tali documenti per tutti i dettagli del caso, è opportuno rammentare che nel documento commerciale rilasciato all’acquirente, in luogo della puntuale indicazione dell’aliquota IVA relativa al bene ceduto, come prevista anche dal layout del documento stesso, potrà essere inserito il valore “VI”, “Ventilazione IVA”».
Alla luce di quanto sopra, deve dirsi che:
a) nulla vieta, in luogo dell’utilizzo del valore “VI” (il quale può, e non necessariamente deve, essere impiegato), che sul documento commerciale venga riportata l’aliquota del bene ceduto ovvero il codice natura dell’operazione laddove non rientrante tra quelle imponibili;
b) i. i beni di cui all’articolo 1, commi 452 e 453 della legge n. 178 del 2020 (già richiamati in riferimento al quesito n. 4), qualora diversi dai farmaci, non rientrano nel novero di cui all’articolo 1 del d.m. 24 febbraio 1973.
Va notato, tuttavia, che in base al citato articolo 5 del medesimo d.m., la ventilazione può essere comunque applicata laddove «l’ammontare annuo degli acquisti e delle importazioni di tali merci non sia superiore al cinquanta per cento dell’ammontare annuo complessivo degli acquisti e delle importazioni». Limite superato il quale, come visto, «il contribuente non può avvalersi, nell’anno solare successivo, del procedimento di cui agli artt. 2 e 3» (cfr. il già richiamato articolo 5, comma 2, del d.m.).
Con specifico riferimento ad operazioni relative a beni esenti da imposta, ma con diritto a detrazione, si richiamano le indicazioni già fornite nella circolare n. 26/E del 15 ottobre 2020 (si veda, in particolare, il paragrafo 2.14);
ii. la ventilazione non si applica alle prestazioni di servizi i cui corrispettivi, laddove si voglia comunque mantenere tale procedimento di registrazione e calcolo dell’imposta in riferimento alle cessioni di beni, potranno essere documentati tramite fattura.
7. Riferimento normativo
Il blocco “4 <DatiRT>” – “4.1.5 <RifNormativo>” dell’”Allegato -Tipi Dati per i corrispettivi Versione 7.0 – Giugno 2020 (aggiornato il 29 marzo 2021)” – allegato al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 182017 del 28 ottobre 2016 e successive modifiche, disponibile nell’apposita sezione del sito istituzionale della scrivente – è rivolto, secondo quanto riportato nella “Descrizione funzionale” del blocco stesso, all’indicazione dell’ «Eventuale riferimento normativo (ex art. 21, comma 6, DPR 633/72)».
In base a tale norma «La fattura è emessa anche per le tipologie di operazioni sottoelencate e contiene, in luogo dell’ammontare dell’imposta, le seguenti annotazioni con l’eventuale indicazione della relativa norma comunitaria o nazionale:
a) cessioni relative a beni in transito o depositati in luoghi soggetti a vigilanza doganale, non soggette all’imposta a norma dell’articolo 7-bis comma 1, con l’annotazione “operazione non soggetta”;
b) operazioni non imponibili di cui agli articoli 8, 8-bis, 9 e 38-quater, con l’annotazione “operazione non imponibile”;
c) operazioni esenti di cui all’articolo 10, eccetto quelle indicate al n. 6), con l’annotazione “operazione esente”;
d) operazioni soggette al regime del margine previsto dal decreto-legge 23 febbraio 1995, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 marzo 1995, n. 85, con l’annotazione, a seconda dei casi, “regime del margine – beni usati”, “regime del margine – oggetti d’arte” o “regime del margine – oggetti di antiquariato o da collezione”;
e) operazioni effettuate dalle agenzie di viaggio e turismo soggette al regime del margine previsto dall’articolo 74-ter, con l’annotazione “regime del margine – agenzie di viaggio”».
Stante l’attuale quadro normativo e tecnologico in essere, si ritiene comunque possibile omettere tale espressa indicazione, considerandola assorbita da quella del corretto codice natura che identifica l’operazione.
8. Beni in sospeso
Il blocco “4 <DatiRT>” – “4.1.9 <BeniInSospeso>’ del già citato “Allegato – Tipi Dati per i corrispettivi Versione 7.0 – Giugno 2020 (aggiornato il 29 marzo 2021)” – in base a quanto riportato nella “Descrizione funzionale” del blocco stesso, deve essere valorizzato con l’«Ammontare complessivo dei corrispettivi già incassati in acconto per cessione di beni che non erano stati consegnati. L’importo deve essere al netto dell’IVA. Il campo è utilizzato anche per la vendita di beni e servizi mediante riscatto di buoni monouso e l’importo deve essere al netto dell’IVA. In caso di Ventilazione questo importo è sempre al lordo dell’IVA».
Si tratta, nella sostanza, di tutte quelle ipotesi in cui il pagamento del bene avviene (di solito in parte) prima della sua consegna, tramite il versamento di acconti o l’emissione (con successivo riscatto, i.e. presentazione al cedente/prestatore) di buoni corrispettivo c.d. “monouso”. Situazioni nelle quali l’operazione si considera effettuata ai fini IVA in un momento precedente alla consegna del bene o al completamento della prestazione (cfr. gli articoli 6, comma 4 e 6-ter del decreto IVA).
In ragione di ciò:
a) il blocco va sicuramente valorizzato laddove l’emittente del buono monouso sia il soggetto che cede il bene/presta il servizio;
b) nell’ipotesi in cui il buono monouso venga emesso da un soggetto terzo e da questi ceduto all’acquirente, nel momento in cui l’acquirente riscatta il buono monouso presso un esercizio commerciale, l’esercente emette un documento commerciale riportando l’imponibile del corrispettivo non riscosso, per effetto del riscatto del buono monouso, nel campo 4.1.9<BeniInSospeso>. Successivamente l’esercente emette nei confronti dell’emittente una fattura per la riscossione del corrispettivo del bene ceduto/prestazione prestata, dal momento che: – «La cessione di beni o la prestazione di servizi a cui il buono-corrispettivo monouso dà diritto, se effettuata da un soggetto diverso da quello che ha emesso detto buono-corrispettivo, è rilevante ai fini dell’imposta sul valore aggiunto e si considera resa nei confronti del soggetto che ha emesso il buono-corrispettivo» (così l’articolo 6-ter, comma 3, del decreto IVA).
c) con riferimento al blocco “4.2.5 <Ticket> “, vale quanto osservato sub b).
9. Fatture
Come indicato nelle già richiamate Specifiche Tecniche, versione 10 giugno 2020, il «Registratore Telematico o Server RT, in particolare, deve essere in grado di gestire la corretta differenziazione dei valori dei corrispettivi “non riscossi” riferiti a cessioni di beni ovvero a prestazioni di servizi, a omaggi, a operazioni certificate successivamente con fatture» (cfr. pagina 28 delle stesse). In conseguenza, il blocco “4 <DatiRT>” – “4.1.11 <NonRiscossoFatture>” del più volte richiamato “Allegato -Tipi Dati per i corrispettivi Versione 7.0 – Giugno 2020 (aggiornato il 29 marzo 2021)” prevede che nello stesso vada indicato l’«Ammontare totale dei corrispettivi non riscossi contenuti nei documenti commerciali emessi e collegati a fatture. […]».
Come si evince da tale indicazione:
a) essa riguarda tutte le operazioni (cessioni di beni e prestazioni di servizi) poste in essere per le quali l’intero corrispettivo sia non riscosso al momento dell’emissione del documento commerciale cui seguirà la fattura;
b) sono ricomprese tutte le fatture, indipendentemente dal tempo di emissione e dunque sia quelle “immediate”, sia quelle differite [cfr., rispettivamente, l’articolo 21, comma 4, primo periodo e terzo periodo, lettera a), del decreto IVA];
c) tra le fatture rientrano anche quelle nei confronti di terzi – i.e. soggetti diversi da coloro che ricevono il documento commerciale – aventi ad oggetto i beni ceduti od i servizi resi indicati nel documento commerciale stesso;
d) in ipotesi di corrispettivi riscossi, in tutto o in parte, anche se legati a successive fatture, il campo non va valorizzato con il relativo quantum.
10. Totale da fatturare
Il blocco “4 <DatiRT>” – “4.1.12 <TotaleDaFattureRT>” reca l’«Importo totale dei corrispettivi, al netto dell’IVA, contenuti nelle fatture emesse da RT. La compilazione di questo campo è obbligatoria qualora l’RT, che consente la predisposizione ed emissione di fatture, riporti i relativi importi in aggiunta ai dati dei corrispettivi che trasmette telematicamente» [si veda l’”Allegato -Tipi Dati per i corrispettivi Versione 7.0 – Giugno 2020 (aggiornato il 29 marzo 2021)]”.
Tale blocco deve essere valorizzato esclusivamente nell’ipotesi in cui l’RT, in grado di predisporre ed emettere anche fatture elettroniche, non fosse in grado di scorporare gli importi relativi alle fatture emesse dai corrispettivi giornalieri che vengono trasmessi all’Agenzia al momento della chiusura.
11. Omaggi
La descrizione del blocco “4 <DatiRT>’ – “4.1.14 <NonRiscossoOmaggio>’ prevede che in esso vada indicato l’ «Ammontare totale dei corrispettivi non riscossi per omaggi, da includere nell’ammontare imponibile totale da assoggettare ad IVA rappresentato dal campo 4.1.6 <ImportoParziale> L’importo deve essere al netto dell’IVA».
Da tale indicazione può ricavarsi che:
a) vi sono ricomprese tutte le operazioni imponibili, non imponibili, esenti, escluse o non soggette, l’importante è che nella registrazione di tali operazioni sia correttamente indicato il codice natura corrispondente (per le operazioni escluse ex art. 15 e non soggette, rispettivamente N1 e N2);
b) tra le operazioni in parola rientrano anche le prestazioni di servizi (cfr. l’articolo 3, comma 3, del decreto IVA);
c) la possibilità concessa con la circolare n. 32 del 27 aprile 1973 – secondo la quale «Per quanto riguarda le modalità da osservare nel caso di cessione gratuita di beni la cui produzione rientra nell’attività propria dell’impresa, si precisa che il contribuente può, a sua scelta, optare per l’una o l’altra delle seguenti procedure: 1) emissione di autofattura singola per ciascuna cessione o globale mensile per tutte le cessioni effettuate nel mese, con l’indicazione del valore normale dei beni, dell’aliquota applicabile e della relativa imposta, oltre, naturalmente, all’annotazione che trattasi di “autofattura per omaggi”; 2) annotazione su un apposito “registro degli omaggi”, tenuto a norma dell’art. 39, dell’ammontare globale dei valori normali delle cessioni gratuite effettuate in ciascun giorno e delle relative imposte, distinti per aliquote» – non è venuta di per sé meno (resta, ad esempio, pienamente valida per i rapporti tra soggetti passivi d’imposta).
Va notato, tuttavia, che le già richiamate modifiche recate all’articolo 2, comma 5, del d.lgs. n. 127 del 2015 dall’articolo 1, comma 1109, lettera a), della legge n. 178 del 2020, nella sostanza impongono che al completamento dell’operazione (cessione del bene/prestazione del servizio), anche qualora non vi sia un esborso di denaro, al cessionario/commitente venga necessariamente rilasciato un documento commerciale (con l’eventuale importo non riscosso) o una fattura, non risultando ammissibili alternative.
12. Codice attività
Nel blocco “4 <DatiRT>” – “4.1.15 <CodiceAttivita>” va inserito il «Codice attività, indicando senza separatori quanto presente nella tabella di ATECO di classificazione delle attività economiche, a cui l’importo parziale si riferisce» [così sempre l’”Allegato -Tipi Dati per i corrispettivi Versione 7.0 – Giugno 2020 (aggiornato il 29 marzo 2021)]”.
L’elemento dà conto dei corrispettivi derivanti dalle attività svolte dai soggetti tenuti alla comunicazione dei corrispettivi giornalieri, e quindi:
a) il campo 4.1.15<CodiceAttivita>, a scelta dell’esercente, può essere utilizzato per rappresentare separatamente i corrispettivi riferibili a tutte le attività svolte, anche se gestite con un’unica contabilità ai fini IVA;
b) dal momento che il campo 4.1.15<CodiceAttivita> appartiene al blocco 4.1<Riepilogo>, obbligatorio e ripetibile fino a 40 volte, il numero di codici attività che possono essere riportati dipende dal numero massimo di blocchi 4.1<Riepilogo> compilati (dipendentemente da tutti i blocchi 4.1.1<IVA>, 4.1.2<Natura> e 4.1.3<Ventilazione> da riportare del tracciato dei corrispettivi da comunicare);
c) è possibile emettere un documento commerciale che riporta in modo “misto” cessioni di beni/prestazioni di servizi riferiti ad attività diverse, purché l’RT riesca a costruire correttamente il file dei corrispettivi giornalieri da trasmettere, ad ogni chiusura, all’Agenzia delle entrate abbinando in modo corretto l’imponibile e l’IVA con il giusto codice ATECO; l’utilizzo del campo 4.1.15<CodiceAttivita> è funzionale a tale scopo, cioè permettere di ricostruire i ricavi di ciascuna attività e di procedere alla corretta liquidazione dell’IVA periodica.
13. Pagamento elettronico
Come emerge dalla legislazione in essere (cfr., ad esempio, l’articolo 15, comma 1, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012), il bonifico bancario rientra nel novero dei pagamenti c.d. “elettronici”.
L‘indicazione dello stesso nel blocco “4.2 <Totali>” – “4.2.3
<PagatoElettronico>” si riferisce alla necessità di riportare tale informazione indipendentemente dall’effettiva disponibilità delle somme (la c.d. “data disponibile” di cui alla circolare n. 1/E del 15 febbraio 2013).
Alla luce di quanto sopra, laddove il bonifico copra l’intero prezzo dovuto per la cessione di beni/prestazione di servizi, i blocchi relativi al “non riscosso” non andranno compilati.
14. Sconto a pagare
Si è già detto che il «Registratore Telematico o Server RT, in particolare, deve essere in grado di gestire […] l’eventuale informazione riferita allo sconto riconosciuto solo al momento del pagamento», ovvero il «caso in cui l’esercente decide volontariamente di registrare il corrispettivo totale ma di far pagare al cliente una somma inferiore allo stesso. In tale caso, si ricorda che il corrispettivo (imponibile e IVA) da contabilizzare è sempre al lordo dello “sconto a pagare “. Cosa diversa, invece, è lo sconto sulle singole operazioni che può sempre essere gestito in fase di memorizzazione» (cfr. pagina 28 delle più volte richiamate Specifiche Tecniche, versione 10 giugno 2020).
A tale indicazione si rifà il blocco “4.2 <Totali>” – “4.2.4 <ScontoApagare>” dell’”Allegato – Tipi Dati per i corrispettivi Versione 7.0 – Giugno 2020 (aggiornato il 29 marzo 2021)” rivolto, secondo quanto riportato nella “Descrizione funzionale” del blocco stesso, all’indicazione dell’«Importo dello sconto applicato in fase di pagamento. In questo campo va indicato anche l’importo dei pagamenti effettuati con buono multiuso. L’importo deve essere al lordo dell’IVA […]».
Si tratta dunque di ipotesi nelle quali, ferma la base imponibile della cessione di beni/prestazione di servizi, il cedente/prestatore non incassa materialmente (nelle sue varie forme: contante, pagamento elettronico, ecc.) il denaro del corrispettivo da parte del cessionario/committente.
Tanto precisato:
a) nelle ipotesi di buoni multiuso, ex articolo 6-quater del decreto IVA, il momento impositivo IVA si verifica alla presentazione degli stessi quale pagamento del bene/servizio acquistato, risultando indifferente, sotto tale profilo, se l’emittente il buono sia lo stesso cedente/prestatore o un terzo.
Il blocco 4.2.4<ScontoApagare> andrà quindi valorizzato in entrambe le ipotesi;
b) il ristoro del buono multiuso (i.e. la presentazione al terzo emittente da parte del cedente/prestatore per ricevere l’equivalente monetario), che normalmente avviene in ragione di precedenti accordi tra gli operatori economici – laddove si potrà tener conto dell’eventuale commissione per l’opera prestata – e la cui regolamentazione fiscale non può prescindere dagli stessi (cfr., ad esempio, per un caso peculiare, la risposta ad interpello n. 617 pubblicata il 23 dicembre 2020), sarà normalmente oggetto di documentazione secondo le regole proprie delle operazioni tra soggetti passivi d’imposta ;
c) come già precisato per i voucher monouso (si veda la risposta di cui al precedente quesito 8), il blocco “4.2.5 <Ticket>” non va utilizzato per i buoni corrispettivo emessi da terzi (o meno);
d) i diversi bonus fiscali sono regolati dalle rispettive norme istitutive e non possono fornirsi indicazioni “indistintamente” valide come richieste dall’istante, dovendosi, appunto, fare riferimento alle singole disposizioni che li regolano.
Con specifico riguardo al “bonus vacanze”, la scrivente ha già chiarito (si vedano la circolare n. 18/E del 3 luglio 2020 e le “Domande e risposte” presenti nell’apposita sezione del proprio sito istituzionale www.agenziaentrate.gov.it/portale/domande-e-risposte-bonus-vacanze) che «Al momento del pagamento, il fornitore del servizio deve indicare, nella fattura o nel documento commerciale, il prezzo di vendita comprensivo dello sconto e dell’imposta sul valore aggiunto applicata sull’intero ammontare, e l’importo dello sconto applicato. [.]
Per quanto riguarda, invece, l’emissione del documento commerciale da parte degli operatori turistici che utilizzano la procedura web “Documento Commerciale on line” sul portale Fatture e Corrispettivi, è necessario indicare il codice fiscale del componente del nucleo familiare che fruisce del bonus nel campo “Descrizione prodotto/servizio” insieme alla descrizione del servizio, mentre la modalità di pagamento del corrispettivo e l’importo dello sconto praticato vanno indicati nel campo “Sconto a pagare”» (così, in particolare, la risposta alla domanda «Come si compilano la fattura elettronica o il documento commerciale?»);
e) l’articolo 8 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 prevede, tra l’altro, che «10. Le maggiori entrate derivanti per effetto delle disposizioni di cui ai commi precedenti sono destinate: [.]
c) a compensare i maggiori oneri derivanti dall’aumento progressivo dell’accisa applicata al gasolio usato come combustibile per riscaldamento e ai gas di petrolio liquefatti usati come combustibile per riscaldamento, anche miscelati ad aria, attraverso reti canalizzate o destinati al rifornimento di serbatoi fissi, nonché a consentire, a decorrere dal 1999, ove occorra anche con credito di imposta, una riduzione del costo del predetto gasolio non inferiore a lire 200 per ogni litro ed una riduzione del costo dei sopra citati gas di petrolio liquefatti corrispondenti al contenuto di energia del gasolio medesimo. Il suddetto beneficio non è cumulabile con altre agevolazioni in materia di accise ed è applicabile ai quantitativi dei predetti combustibili impiegati nei comuni, o nelle frazioni dei comuni».
In attuazione della stessa ha quindi visto la luce il credito d’imposta ricordato dall’istante, per i cui dettagli si rinvia ai chiarimenti resi nel corso del tempo dall’Agenzia delle accise, dogane e monopoli e ai diversi provvedimenti di regolamentazione.
Dagli stessi (si vedano, ex multis, il decreto del Presidente della Repubblica 30 settembre 1999, n. 361, la circolare 15 febbraio 2000 n. 12/D e le determinazioni 23 gennaio 2001 e 3 aprile 2002) emerge la necessità che la cessione sia documentata con fattura:
«1. Relativamente ai comuni ricadenti nella zona climatica E, il beneficio di cui alla lettera c) del comma 10 dell’art. 8 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, si applica, per gli anni 2002 e 2003, anche sul gasolio e sui G.P.L. utilizzati, come combustibili per riscaldamento, nelle porzioni di territorio delle frazioni parzialmente metanizzate, individuate annualmente con delibera del consiglio comunale da inviare al Ministero dell’economia e delle finanze ed al Ministero delle attività produttive, ancorché nelle frazioni medesime sia ubicata la sede municipale.
2. La riduzione di prezzo è applicata dai fornitori dei prodotti a favore dei consumatori finali al momento del versamento del corrispettivo per la fornitura ed è fatta risultare dalla relativa fattura. […]» (così, ad esempio, la determinazione 3 aprile 2002).
Non vi è dunque alcun documento commerciale da emettere;
f) ai sensi dell’articolo 13-quater del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, inserito dalla legge di conversione 21 giugno 2017, n. 96, «1. A decorrere dal 1° gennaio 2018 è sospeso il conio da parte dell’Italia di monete metalliche in euro di valore unitario pari a un centesimo e a due centesimi di euro. [.]
2. Durante il periodo di sospensione di cui al comma 1, quando un importo in euro costituisce un autonomo importo monetario complessivo da pagare e il pagamento è effettuato integralmente in contanti, tale importo è arrotondato, a tutti gli effetti, per eccesso o per difetto, al multiplo di cinque centesimi più vicino. […]».
L’arrotondamento, da cui le indicazioni richiamate dall’istante in riferimento al lay-out del documento commerciale, è quindi obbligatorio e i registratori telematici devono essere attrezzati di conseguenza (cfr., in questo senso, anche le Specifiche Tecniche, versione 10 giugno 2020, pagina 28).
15. Matricola dei registratori telematici
Le più volte richiamate Specifiche Tecniche, versione 10 giugno 2020, precisano che per i registratori telematici «La matricola di ciascun esemplare è costituita da un gruppo di undici caratteri così composti:
A/N A/N A A/N A/N N N N N N N
I primi due caratteri possono essere alfabetici o numerici ed identificano il fabbricante; il terzo, alfabetico, identifica l’ambito di utilizzo o la funzionalità del Registratore (“I” sta per utilizzo in ambiente interno; “E” sta per utilizzo in ambiente esterno; “P” sta per registratore di tipo palmare; “M” sta per Registratore di cassa adattato [vedi par. 2.8]; “S” sta per Server/RT [vedi par. 3]). I successivi due alfanumerici identificano il modello. Gli ultimi sei caratteri sono numerici e costituiscono una numerazione progressiva con allineamento a destra e con riempimento di zeri a sinistra se il numero è costituito da un numero di cifre inferiore a sei.» (cfr. pagina 7).
Si tratta, dunque, di un riferimento che funge da identificativo del dispositivo (i.e. come riportano le stesse Specifiche Tecniche a pagina 4, della «chiave univoca, identificativa del dispositivo, da inserire nel file xml contenente i dati fiscali da trasmettere, quando richiesto, e da utilizzare per i servizi esposti»).
Alla luce di tali elementi, si ritiene che il dispositivo, locuzione che comprende anche i registratori di cassa eventualmente resi conformi tramite adattamento ad uno specifico modello di registratore telematico, non possa essere utilizzato per scopi o con modalità diverse rispetto a quelle per le quali è stato omologato (nonché censito, attivato e poi messo in servizio).
In conseguenza, un dispositivo con matricola contenente la lettera “M” non potrà ritenersi idoneo all’utilizzo in ambiente esterno, in assenza della lettera “E”.
Per contro, allo stesso modo, un dispositivo con matricola contenente la lettera “E” non potrebbe essere classificato come adattato o nativo.
L’attuale prassi (dal 2018) adottata già in fase di omologa ad RT dei primi dispositivi MF per esterni è stata quella di far utilizzare l’identificativo “M” e non “E”, volendo privilegiare la possibilità di riconoscere anche da remoto il tipo di dispositivo che trasmetteva in quanto, in caso di verifica sul campo, l’esercente può esibire il libretto fiscale della macchina sul quale è riportata la matricola del dispositivo di provenienza che riporta la lettera “E”.
Il quesito, inoltre, ad oggi è diventato del tutto superato perché dal 1 gennaio 2021 non devono essere più in esercizio o in commercio dispositivi di tipo MF per il quale il produttore può chiedere l’omologazione a RT.
Quanto al commercio su aree pubbliche, presupposto, in assenza di specifica indicazione da parte dell’istante, che il riferimento sia alle attività di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 – e quindi alla «vendita di merci al dettaglio e la somministrazione di alimenti e bevande effettuate sulle aree pubbliche, comprese quelle del demanio marittimo o sulle aree private delle quali il comune abbia la disponibilità, attrezzate o meno, coperte o scoperte» svolto «a) su posteggi dati in concessione per dieci anni; b) su qualsiasi area purché in forma itinerante» (cfr. gli articoli 27 e 28 del d.lgs. n. 114) – ferme le specifiche indicazioni fornite al riguardo dal Ministero dello sviluppo economico e dalla legislazione regionale, risulta evidente che in alcune delle relative ipotesi (tipicamente per la forma itinerante di svolgimento) manchi un indirizzo stabile nel quale possa ritenersi ubicata l’attività.
Va tuttavia rilevato che per tali ipotesi, in generale, l’ordinamento ha altresì previsto l’esonero dagli obblighi di certificazione dei corrispettivi (cfr. l’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 696 come richiamato dall’articolo 1, comma 1, del decreto ministeriale 10 maggio 2019). Nella eventualità, invece, che l’attività sia svolta su un’area pubblica, ma non in modalità itinerante (si pensi, ad esempio, ai mercati quotidianamente aperti al pubblico in cui gli esercenti occupano con stabilità spazi presi in concessione), l’indicazione voluta dall’articolo 2, lettera e), del d.m. 7 dicembre 2016 sul documento commerciale – «ubicazione dell’esercizio» – potrà essere soddisfatta riferendosi al luogo in cui è situata l’area occupata.
16. Commercio elettronico indiretto
Come chiarito in più occasioni (si veda, ad esempio, la risposta ad interpello n. 416 pubblicata il 28 settembre 2020), i corrispettivi relativi al “commercio elettronico indiretto” – che si sostanzia in operazioni di vendita di beni materiali in cui «la transazione commerciale avviene in via telematica ma il cliente riceve la consegna fisica della merce a domicilio secondo i canali tradizionali, ossia tramite vettore o spedizioniere (cfr. risoluzione 21 luglio 2008, n. 312/E, risoluzione 15 novembre 2004, n. 133/E)» (così la risoluzione n. 274/E del 5 novembre 2009), operazioni, ai fini IVA, assimilabili alle vendite per corrispondenza – non sono soggetti all’obbligo:
– di emissione della fattura, se non richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione (cfr. l’articolo 22 del d.P.R. n. 633 del 1972);
– di certificazione mediante emissione dello scontrino o della ricevuta fiscale ai sensi dell’articolo 2, lettera oo), del d.P.R. n. 696 del 1996;
– dopo l’applicazione generale dell’articolo 2, comma 1, del d.lgs. n. 127 del 2015, di memorizzazione elettronica ed invio telematico dei corrispettivi.
Laddove l’esercente rinunci a tale esonero, come peraltro espressamente previsto dall’articolo 1, comma 3, del d.m. 10 maggio 2019, con conseguente applicazione delle regole generali, ciò comporterà, secondo le prescrizioni ed i limiti dettati dall’articolo 1, comma 540 e ss. della legge 11 dicembre 2016, n. 232 e dai relativi provvedimenti attuativi, la possibilità di partecipare alla c.d. “lotteria degli scontrini”.
17. Fattura richiesta dal cliente e c.d. “lotteria degli scontrini”
A mente dell’articolo 22 del decreto IVA, per le operazioni ivi elencate «L’emissione della fattura non è obbligatoria, se non è richiesta dal cliente non oltre il momento di effettuazione dell’operazione […]. Gli imprenditori che acquistano beni che formano oggetto dell’attività propria dell’impresa da commercianti al minuto ai quali è consentita l’emissione della fattura sono obbligati a richiederla. […]».
A ciò si aggiunga che secondo l’articolo 1, comma 540, della già richiamata legge n. 232 del 2016, la partecipazione alla c.d. lotteria degli scontrini è riservata a «i contribuenti, persone fisiche maggiorenni residenti nel territorio dello Stato, che effettuano […] acquisti di beni o servizi, fuori dall’esercizio di attività di impresa, arte o professione […]».
Ne deriva che la situazione descritta nel quesito – emissione di un documento commerciale contenente un codice lotteria cui segue l’emissione di una fattura – va esclusa in radice per i soggetti passivi d’imposta e, quindi, conformemente alla determinazione del Direttore dell’Agenzia delle accise, dogane e monopoli d’intesa con quello dell’Agenzia delle entrate 5 marzo 2020, n. 80217/RU – a mente della quale «1. In fase di prima applicazione del presente provvedimento, al fine di consentire l’introduzione di meccanismi tecnici idonei alla trasmissione dei dati necessari alla partecipazione alla lotteria, gli acquisti documentati mediante fatture elettroniche e quelli per i quali i dati dei corrispettivi sono trasmessi al sistema Tessera Sanitaria non partecipano alla lotteria. […]» (così l’articolo 14) – l’eventuale documento commerciale emesso ai fini della partecipazione alla lotteria, ove i dati siano già stati trasmessi, dovrà essere annullato (cfr., in questo senso, anche il punto 2 del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 739122 del 31 ottobre 2019).
Diversamente, ferma restando la regola generale secondo cui la fattura va richiesta dal consumatore finale entro il termine di effettuazione dell’operazione e, quindi che non si sia dato luogo ad una diversa forma di certificazione, nell’ipotesi in cui la fattura sia emessa dopo che l’operazione sia già stata memorizzata sul registratore telematico e sia stato emesso il documento commerciale, quest’ultimo non necessiterà di annullamento.
18. Guasto del Server-RT
Il punto 5 del provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 182017 del 28 ottobre 2016 – provvedimento attuativo dell’articolo 2 del d.lgs. n. 127 più volte aggiornato – prevede che «In caso di mancato o irregolare funzionamento, per qualsiasi motivo, del Registratore Telematico, l’esercente richiede tempestivamente l’intervento di un tecnico abilitato e, fino a quando non ne sia ripristinato il corretto funzionamento ovvero si doti di altro Registratore Telematico regolarmente in servizio, provvede all’annotazione dei dati dei corrispettivi delle singole operazioni giornaliere su apposito registro da tenere anche in modalità informatica. Nelle specifiche tecniche allegate al presente provvedimento sono disciplinate le casistiche di guasto, dismissione, furto e cessione a qualsiasi titolo del Registratore Telematico».
La corretta tenuta del registro di emergenza consente, dunque, di far fronte al mancato/irregolare funzionamento dell’apparecchio nel rispetto degli obblighi di certificazione.
Tale regola vale anche per le casse ed i server RT che ne raccolgono i dati.
Ciò nel presupposto – la cui verifica fattuale esula dalla presente sede – che l’architettura dei citati apparecchi consenta di mantenere separata e certa evidenza dei corrispettivi relativi al periodo di mancato/irregolare funzionamento, non diversamente da quanto avviene per l’ordinario utilizzo del registro di emergenza.
Tirando le fila di quanto sopra, fermo restando che la memoria dei singoli punti cassa ed il registro di emergenza, anche laddove tenuto in modalità informatica, sono due strumenti concettualmente diversi – e che non vi è necessità di ricorrere al secondo laddove l’operazione sia documentata con un mezzo diverso, alternativo alla memorizzazione elettronica ed invio telematico dei corrispettivi (i.e., tipicamente, la fattura) – ai fini della massima semplificazione degli adempimenti si ritiene che, nel rispetto delle ulteriori previsioni normative in essere – quali la tenuta di un’ordinata contabilità, la richiesta di intervento di un tecnico abilitato per la riparazione dei guasti, il corretto versamento delle imposte, ecc. – la prima possa essere utilizzata in luogo del secondo.
Resta infine facoltà dell’esercente di procedere alla trasmissione telematica dei dati memorizzati nei singoli punti cassa, utilizzando la procedura di cui al punto 2.8.2 delle Specifiche Tecniche allegate al provvedimento del 28 ottobre 2016 e successive modifiche.
19. Tipi dati per i corrispettivi
Il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 83884 del 30 marzo 2021, ha in ultimo modificato il precedente provvedimento prot. n. 182017 del 28 ottobre 2016 ed in particolare il suo punto 4.2 che ora prevede: «Al fine di consentire un congruo periodo di adeguamento dei registratori telematici, a partire dal 1° marzo 2020 è possibile trasmettere i dati dei corrispettivi secondo le specifiche previste dall’allegato denominato “TIPI DATI PER I CORRISPETTIVI – versione 6.0 – novembre 2017” o, in alternativa, secondo le specifiche previste dall’allegato denominato “TIPI DATI PER I CORRISPETTIVI – versione 7.0 – marzo 2020”. A partire dal 1° ottobre 2021 i dati dei corrispettivi sono trasmessi esclusivamente nel rispetto del predetto allegato tecnico denominato “TIPI DATI PER I CORRISPETTIVI- versione 7.0 – marzo 2020″».
Tale indicazione si coniuga con il generale obbligatorio rispetto delle indicazioni tecniche necessarie al funzionamento del sistema (si veda, in questo senso, anche il punto 3 del medesimo provvedimento in richiamo alle regole riportate nelle Specifiche Tecniche).
Alla luce di tali elementi, in riferimento alle precisazioni richieste dall’istante sul punto, deve dirsi che file in versione 6.0 trasmessi dal 1° gennaio 2022 potranno essere accolti se riferiti ad operazioni di data precedente e se trasmessi nei termini legislativamente previsti (12 giorni dall’effettuazione dell’operazione). Ove la trasmissione avvenisse oltre i predetti termini si avrebbe – di fatto – una omessa trasmissione e, fatte salve eventuali ulteriori violazioni, a fronte di una corretta liquidazione dell’IVA dei corrispettivi sottesi, ciò comporterà l’applicazione del già citato articolo 11, comma 2-quinquies, del d.lgs. n. 471 del 1997 e della relativa sanzione. Tale sanzione, come indicato nella norma di riferimento, si applica «per ciascuna trasmissione. Non si applica l’articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472» (così l’articolo 11, comma 2- quinquies, del d.lgs. n. 471).
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