AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 13 luglio 2020, n. 211
Trattamento fiscale agli effetti dell’iva applicabile al canone relativo ad un’attivita effettuta in project financing e concernenete la valorizzazione del polo museale
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Il Comune Alfa (nel prosieguo “Comune”) ha chiesto di conoscere il trattamento fiscale, agli effetti dell’IVA, applicabile al canone previsto nell’ambito di una concessione in project financing – ai sensi dell’articolo 183 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici).
In linea con la normativa di settore, il Comune e la cooperativa Beta (di seguito ” Concessionario”) hanno sottoscritto, in data 1° giugno 2017, una “Convenzione per l’affidamento in concessione per un nuovo modello di gestione e valorizzazione dei beni culturali e delle politiche per il turismo della città di Recanati denominato «…i»”, per l’esternalizzazione di servizi legati alla valorizzazione e alla promozione del patrimonio culturale e artistico della medesima Città.
Quanto all’oggetto dei servizi affidati, la predetta Convenzione prevede che la società concessionaria svolga le seguenti prestazioni (cfr. art. 2):
– interventi di rifunzionalizzazione ed allestimento tecnologico del Polo Museale ed Espositivo di (…);
– interventi di rifunzionalizzazione ed allestimento tecnologico dell’Ufficio di Informazioni Turistiche;
– gestione dei servizi museali e turistici per le strutture individuate;
– progettazione e gestione di interventi di produzione culturale.
A tal fine, la Società si impegna (cfr. art. 4) a:
a) “svolgere con sollecitudine, dal momento del suo insediamento, a proprie spese secondo quanto dichiarato nel Piano Economico Finanziario Asseverato (…) gli interventi necessari all’avvio dei servizi”;
b) “riallestire gli spazi destinati ai predetti servizi al pubblico”;
c) “mantenere in perfette condizioni d’uso, mediante periodici interventi di manutenzione ordinaria, i locali, gli impianti e i beni in concessione”;
d) “provvedere al pagamento dei costi relativi ai consumi di gas, acqua ed energia elettrica mediante attivazione di utenze autonome e previo distacco dalle utenze da parte dell’Amministrazione”;
e) “porre in essere tutti i servizi, lavori e investimenti previsti nell’offerta tecnica con la massima diligenza possibile secondo quanto concordato con l’Amministrazione “;
f) “assumersi (…) gli oneri relativi a danneggiamenti di qualsiasi natura”.
Tali attività vengono svolte a fronte di uno specifico “corrispettivo”, puntualmente indicato dall’art. 7 della Convenzione. La clausola convenzionale prevede, in particolare, il riconoscimento al Concessionario del diritto alla percezione dei “proventi derivanti dallo sfruttamento economico dei servizi oggetto della presente Convenzione” ed in concreto derivanti dalla (i) vendita di biglietti di ingresso al circuito museale; (ii) bookshop e audioguide; (iii) visite guidate; (iv) servizi didattici per scuole; (v) noleggio sale a privati.
Con particolare riguardo alla vendita di biglietti d’ingresso al circuito, il Concessionario è tenuto ad osservare apposite tariffe individuate nell’ambito della Convenzione ed approvate d’intesa con il Comune che non possono essere modificate in assenza di apposita autorizzazione.
Il medesimo articolo specifica che, per “garantire la congruità economica rispetto agli investimenti complessivi realizzati, così come evidenziato nel piano economico asseverato”, è dovuto al Concessionario un importo pari al “canone annuo di Euro (…) , al netto di IVA da corrispondere in quattro rate trimestrali posticipate di Euro (…) ciascuna, come da offerta economica presentata dal Concessionario in sede di gara e come da Allegato Piano economico finanziario asseverato”.
La società concessionaria finora ha emesso fatture in regime di split payment nei confronti del Comune, assoggettando in via prudenziale il canone ad aliquota ordinaria IVA. Tuttavia, il Comune , avendo alcune riserve in ordine alla correttezza di tale comportamento fiscale, chiede di chiarire:
A) se il predetto canone costituisca il corrispettivo di una prestazione di servizi ricompresa nell’ambito applicativo dell’IVA, ai sensi dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.633;se, nell’eventualità che lo stesso sia riconducibile nel campo di applicazione del tributo, possa beneficiare del regime di esenzione dall’IVA, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, numero 22), del predetto d.P.R. n. 633 del 1972.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
Relativamente al quesito A), il Comune ritiene che il canone previsto dalla Convenzione costituisca corrispettivo di una prestazione di servizi rilevante ai fini IVA, ai sensi dell’art. 3 del d.P.R. n. 633 del 1972.
Quanto ai rapporti tra il concedente e la società concessionaria, la relativa disciplina si rinviene all’interno dell’art. 180 del d.lgs. n. 50 del 2016, da leggersi in combinato disposto con l’art. 3, comma 1, lett. eee), del medesimo decreto
Lo stesso articolo 180, al comma 2, specifica che, nei contratti di partenariato pubblico-privato (quali appunto i contratti di project financing), “i ricavi di gestione dell’operatore economico provengono dal canone riconosciuto dall’ente concedente e/o da qualsiasi altra forma di contropartita economica ricevuta dal medesimo operatore economico, anche sotto forma di introito diretto della gestione del servizio ad utenza esterna”.
L’interpellante ritiene al riguardo come la disposizione in commento costituisca, a ben vedere, diretta riprova del carattere necessariamente oneroso dei rapporti di partenariato pubblico-privato, dal momento che, in simili fattispecie, la realizzazione dell’opera o del servizio risulta ex lege sinallagmaticamente connessa ad una controprestazione a carico della P.A.; a fronte della “disponibilità” dell’opera o servizio, quest’ultima è tenuta, in particolare, a remunerare l’attività del privato con il riconoscimento di un corrispettivo, che, a seconda dei casi, potrà consistere in un “canone” e/o nel trasferimento, in capo al Concessionario, del diritto a percepire gli introiti derivanti dalla gestione del servizio nei confronti del pubblico
A parere del Comune, quindi, nessun dubbio può, quindi, sussistere in relazione al rapporto di sinallagmaticità esistente tra le obbligazioni poste a carico del Concessionario e la contropartita economica riconosciuta dalla P.A. (a seconda dei casi, sotto forma di canone o diritto allo sfruttamento economico dell’opera o servizio).
E ciò si verifica anche in relazione all’eventuale prezzo o contributo previsto per assicurare il raggiungimento “dell’equilibrio economico-finanziario” del servizio; si può, infatti, osservare che anche tale importo si inserisce entro uno schema commutativo e costituisce, al pari del canone o del diritto allo sfruttamento economico dell’opera o servizio, contropartita spettante al Concessionario a fronte dell’assunzione di specifici obblighi contrattuali.
Alla luce di quanto sopra, anche il “prezzo” si pone, dunque, in rapporto di sinallagmaticità rispetto alle prestazioni che il Concessionario pone in essere (realizzazione e gestione del servizio) a beneficio e nell’interesse della P.A..
Tenuto conto di quanto sopra rilevato, è giocoforza concludere che i canoni/contributi versati dalla P.A. nell’ambito di affidamenti in “project financing” costituiscano il corrispettivo di operazioni ricomprese nel campo di applicazione IVA, ai sensi del menzionato articolo. 3 del d.P.R. n. 633 del 1972.
Tale impostazione risulta, peraltro, conforme alla prassi dell’Amministrazione finanziaria., che in numerose occasioni si è pronunciata nel senso dell’imponibilità IVA dei corrispettivi (canoni o contributi) versati dall’Ente concedente al Concessionario di opere e/o servizi nell’ambito di affidamenti in “project financing”(cfr. risoluzioni n. 161/E del 2000; 21/E del 2005 e n. 100/E del 2016).
A parere dell’Istante, la natura sinallagmatica e quindi corrispettiva del canone versato alla Società prescinde dalla natura dello stesso, ossia prescinde dalla circostanza che sia qualificato come contributo diretto a integrare il prezzo dei biglietti di ingresso al circuito museale sia come corrispettivo del servizio gestito in “project financing”.
Infatti, nel caso la somma erogata sia riconosciuta come “contributo” la stessa sarebbe diretta a ripristinare la situazione (per così dire, congenita) di “squilibrio” economico che – diversamente – caratterizzerebbe il rapporto concessorio, integrando i ricavi di gestione del Concessionario come “contributo in conto esercizio” e per l’importo che il Concessionario non potrebbe conseguire dall’utenza (indispensabile ad assicurare una congrua copertura dei costi di esercizio).
A conclusioni non dissimili si perverrebbe anche laddove – diversamente da quanto sopra – si ritenesse che il canone a carico del Comune non costituisca un “contributo” diretto ad assicurare l’equilibrio economico-finanziario del servizio, ma rappresenti una generica componente del “corrispettivo” dovuto al Concessionario per l’attività di realizzazione e gestione del polo museale.
Anche in questo caso, infatti, l’importo erogato a titolo di “canone” risulterebbe sinallagmaticamente connesso al complesso di prestazioni dedotte nella Convenzione e rappresenterebbe sine dubio il corrispettivo di un’operazione ricompresa nel campo di applicazione IVA.
Relativamente al quesito B), l’istante ritiene che ritiene che il canone costituisca il corrispettivo di “prestazioni proprie delle biblioteche, discoteche e simili e quelle inerenti alla visita di musei, gallerie, pinacoteche, monumenti, ville, palazzi, parchi, giardini botanici e zoologici e simili”, esenti ai fini IVA ai sensi dell’art. 10, comma 1, numero 22) d.P.R. n. 633 del 1972.
Tale disposizione traspone nell’ordinamento interno l’art. 132 della direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006, il quale prevede specifiche ipotesi di esenzione IVA per alcune “attività di interesse pubblico”, tra le quali rientrano “talune prestazioni di servizi culturali e le cessioni di beni loro strettamente connesse effettuate da enti di diritto pubblico o da altri organismi culturali riconosciuti dallo Stato membro interessato”.
La formulazione “aperta” della norma comunitaria rimette al legislatore nazionale l’individuazione dei presupposti oggettivi (tipologia di servizi culturali esenti) e soggettivi (enti pubblici/organismi culturali) per la fruizione dell’esenzione in commento; la discrezionalità in tal modo accordata, naturalmente, deve essere esercitata nel rispetto degli obiettivi perseguiti dall’art. 132, comma 1, lett. n), la cui ratio risiede, in particolare, nella volontà di agevolare quelle attività che non siano orientate al perseguimento di finalità puramente commerciali, ma risultino, al contrario, dirette alla promozione del settore culturale.
L’Istante ritiene di individuare l’elasticità del dettato comunitario nelle previsioni del citato articolo 10, comma 1, numero 22) che menziona una serie di prestazioni culturali “tipiche” (prestazioni “proprie” delle biblioteche o di altri luoghi ad esse assimilabili), estendendo l’applicazione del regime di esenzione ad operazioni che risultino “inerenti” alla visita e/o alla fruizione di opere culturali (ivi comprese operazioni ad esse assimilabili).
Inoltre, fa presente il Comune, data l’assenza, all’interno del suddetto numero 22), del riferimento ad aspetti “soggettivi” dell’esenzione IVA, si può ritenere che l’agevolazione prevista per tali tipologie di servizi culturali non risulti condizionata dalla qualifica (ente pubblico o privato) del prestatore e/o dalla circostanza per cui l’attività venga svolta, direttamente o indirettamente, nei confronti del fruitore della prestazione culturale.
Quanto, alle operazioni non “tipiche”, dal tenore della disposizione, secondo il Comune, debbono ricondursi all’esenzione anche le prestazioni “inerenti”, ossia funzionali alla fruizione di opere culturali e/o artistiche, salvo il caso in cui si tratti di attività di natura generica, puramente materiale/organizzativa (i.e. lavori di ristrutturazione o servizi di accoglienza e sorveglianza) e/o commerciale (ad es., vendita di depliants per finalità promozionali).
L’istante ritiene che il canone deve essere assoggettato al medesimo regime (di esenzione) IVA dei corrispettivi versati dall’utenza al gestore del circuito museale sia nel caso in cui lo stesso venisse qualificato come sovvenzione diretta, ossia quale “contributo” diretto ad assicurare l’equilibrio economico-finanziario dei servizi in concessione, integrando il prezzo dei biglietti di ingresso al circuito museale sia nel caso in cui il canone fosse qualificato come corrispettivo della gestione dei servizi integrati al pubblico per la riqualificazione e valorizzazione dell’offerta museale.
In particolare, il trattamento IVA del canone versato dal Comune al Concessionario dovrebbe essere comunque determinato tenendo conto della natura e dell’oggetto dei servizi affidati in concessione.
A parere dell’istante, alla luce del contenuto della Convenzione e del piano finanziario dell’opera, si può osservare, più nel dettaglio, che il contributo previsto a carico del Comune – determinato, come detto, quale differenza tra ricavi e oneri di gestione – è specificamente diretto a “compensare” le condizioni economiche di fornitura dei servizi al pubblico imposte al Concessionario e, quindi, può essere agevolmente riferito alle tariffe “calmierate” relative alla vendita di biglietti d’ingresso al circuito museale (che, come ricordato in narrativa, devono essere concordate con il Comune e non possono essere variate in assenza di apposita autorizzazione). Inoltre, è ravvisabile nel caso di specie un rapporto di stretta correlazione tra la misura del canone ed il prezzo del biglietto praticato dal Concessionario nei confronti dell’utenza (come comprovato dalla circostanza per cui la misura del contributo pubblico sia ricavata come differenza tra le tariffe concordate con il Concessionario e gli oneri di fornitura del servizio); da ultimo, come si è altrove sottolineato, l’importo del contributo a carico del Comune è preventivamente determinato in sede di approvazione del piano finanziario dell’opera. In considerazione di quanto sopra, è indubbio che sussista una specifica correlazione tra il prezzo dei biglietti di accesso al circuito museale ed il canone erogato dal Comune alla Società.
Come “sovvenzione” direttamente connessa alla fruizione dei servizi museali da parte del pubblico, il canone versato dal Comune deve, quindi, confluire nella relativa base imponibile ed essere conseguentemente soggetto al medesimo regime di esenzione.
A parere del Comune, anche laddove non si condividesse l’ipotesi ricostruttiva sopra illustrata, ma il canone venisse qualificato come corrispettivo della gestione dei servizi integrati al pubblico per la riqualificazione e valorizzazione dell’offerta museale, il trattamento IVA del canone versato dal Comune al Concessionario dovrebbe essere comunque determinato tenendo conto della natura e dell’oggetto dei servizi affidati in concessione.
A tal riguardo, si è osservato che la Convenzione in essere tra le parti menziona una serie di attività che costituiscono segmenti del complesso di “servizi integrati al pubblico per la riqualificazione e la valorizzazione dell’offerta museale”, che la concessionaria si impegna a realizzare “sia con la riqualificazione ed il parziale riallestimento degli spazi interni che con l’attivazione di un sistema di servizi integrati” presso il Polo Museale e le strutture turistico-ricettive del Comune.
Il canone (contributo) corrisposto dal Comune deve ritenersi diretto a remunerare (indistintamente e nella loro globalità) i servizi svolti nell’ambito della concessione, come si ricava sia dalla convenzione sia dal piano finanziario.
L’indistinta riferibilità del canone all’intera attività della concessionaria traspare anche dalle relative modalità di determinazione, quale differenza tra i ricavi attesi a fronte dello sfruttamento commerciale del servizio (vendita di biglietti; bookshop; audioguide; visite guidate; ecc.) ed i costi di gestione.
Quanto all’oggetto e alla natura dei “servizi” remunerati dal canone, le attività affidate al Concessionario possono a ragion veduta essere ricondotte tra le attività di “valorizzazione dei beni culturali” menzionate dall’art. 111 d.lgs. n. 52/2004 (Codice dei beni culturali), risolvendosi in attività di “costituzione ed organizzazione stabile di risorse, strutture o reti, ovvero … messa a disposizione di competenze tecniche o risorse finanziarie o strumentali” per l’utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio culturale.
In questi interventi si inseriscono, invero, ulteriori servizi “accessori” alla visita museale, che possono essere qualificati come “servizi di assistenza culturale e di ospitalità per il pubblico” e che, ai sensi dell’art. 116 del Codice dei beni culturali, rientrano nell’ambito della “valorizzazione” (sia pure “economica” e indiretta) del patrimonio culturale e museale.
Risolvendosi in una “gestione globale” dei servizi museali nell’interesse del Comune, l’attività svolta dal Concessionario può, dunque, a ragion veduta, rientrare nella nozione di “prestazione propria delle biblioteche, discoteche e simili” o, comunque “inerente alla visita di musei, gallerie, pinacoteche, monumenti, ville, palazzi, parchi, giardini botanici e zoologici e simili” di cui al citato articolo 10, numero 22 del d.P.R. n. 633 del 1972 e possa beneficiare pertanto del relativo regime di esenzione IVA.
Parere dell’agenzia delle entrate
Il decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 – recante il nuovo codice dei contratti pubblici cd. “Codice degli appalti” – detta una espressa disciplina in tema di ” partenariato pubblico-privato” e, in particolare agli articoli 180-191, stabilisce le relative modalità attuative.
Più specificamente, l’articolo 3, comma 1, lettera eee) definisce il “contratto di partenariato pubblico privato” come “il contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto con il quale una o più stazioni appaltanti conferiscono a uno o più operatori economici per un periodo determinato in funzione della durata dell’ammortamento dell’investimento o delle modalità di finanziamento fissate, un complesso di attività consistenti nella realizzazione, trasformazione, manutenzione e gestione operativa di un’opera in cambio della sua disponibilità, o del suo sfruttamento economico, o della fornitura di un servizio connesso all’utilizzo dell’opera stessa, con assunzione del rischio secondo modalità individuate nel contratto, da parte dell’operatore”. Il successivo articolo 180 prevede che nel contratto di partenariato pubblico privato:
– “i ricavi di gestione dell’operatore economico provengono dal canone riconosciuto dall’ente concedente e/o da qualsiasi altra forma di contropartita economica ricevuta dal medesimo operatore economico, anche sotto forma di introito diretto nella gestione del servizio ad utenza esterna. Il contratto di partenariato può essere utilizzato dalle amministrazioni concedenti per qualsiasi tipologia di opera pubblica” (comma 2);
– “il trasferimento del rischio in capo all’operatore economico comporta l’allocazione a quest’ultimo, oltre che del rischio di costruzione, anche del rischio di disponibilità o, nei casi di redditività verso l’esterno, del rischio di domanda dei servizi resi, per il periodo di gestione dell’opera”(comma 3);
– l’equilibrio economico finanziario, rappresenta il presupposto per la corretta allocazione dei rischi e che ai “soli fini del raggiungimento del predetto equilibrio, in sede di gara l’amministrazione aggiudicatrice può stabilire anche un prezzo consistente in un contributo pubblico ovvero nella cessione di beni immobili che non assolvono più a funzioni di interesse pubblico. A titolo di contributo può essere riconosciuto un diritto di godimento, la cui utilizzazione sia strumentale e tecnicamente connessa all’opera da affidare in concessione” (comma 6);
– nella tipologia dei contratti di partenariato rientra, tra l’altro, la finanza di progetto (project financing), ossia “la concessione di costruzione e gestione, la concessione di servizi, la locazione finanziaria di opere pubbliche, il contratto di disponibilità e qualunque altra procedura di realizzazione in partenariato di opere o servizi che presentino le caratteristiche di cui ai commi precedenti” (comma 8). Con riferimento a tale ultima fattispecie, il successivo articolo 183 disciplinante la “finanza di progetto”, prevede che la stessa possa svilupparsi secondo modalità pubblica e privata.
La modalità privata, disciplinata dai commi 15-19 dello stesso articolo, prevede che gli operatori economici possono presentare alle amministrazioni aggiudicatrici proposte relative alla realizzazione in concessione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità, non presenti negli strumenti di programmazione approvati dall’amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente. La proposta deve contenere: il progetto di fattibilità, la bozza di convenzione, il piano economico finanziario e la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione. In merito alla natura tributaria, agli effetti dell’IVA, dei contributi erogati in attuazione di fattispecie rientranti in tale tipologia di contratto anche con riferimento alle diverse disposizioni che si sono succedute nel tempo, quali ad esempio la legge 11 febbraio 1994, n. 109 (c.d. Legge Merloni) e il decreto legislativo 14 aprile 2006, n. 163, in materia di contratti pubblici, sono stati forniti importanti chiarimenti in precedenti documenti di prassi.
Al riguardo, in linea generale, come precisato con la risoluzione 11 giugno 2002, n. 183/E, un contributo assume rilevanza ai fini IVA se erogato a fronte di un’obbligazione di dare, fare, non fare o permettere, ossia quando si è in presenza di un rapporto obbligatorio a prestazioni corrispettive. In altri termini, il contributo assume natura onerosa e configura un’operazione rilevante agli effetti dell’IVA quando tra le parti intercorre un rapporto giuridico sinallagmatico nel quale il contributo ricevuto dal beneficiario costituisce il compenso per il servizio effettuato o per il bene ceduto.
Di contro, l’esclusione dal campo d’applicazione dell’IVA si configura ogni qual volta il soggetto che riceve il contributo non diventa obbligato a dare, fare, non fare o permettere alcunché in controprestazione. Così, in generale, i contributi a fondo perduto, ossia quelli versati non in contropartita di una prestazione di servizi o di una cessione di beni, non sono soggetti ad imposta.
Al fine di accertare se un contributo costituisca corrispettivo per prestazioni di servizi, ovvero si configuri come mera elargizione di somme di denaro per il perseguimento di obiettivi di carattere generale, occorre fare riferimento al concreto assetto degli interessi perseguiti dai soggetti che intervengono nella descritta fattispecie. In particolare, la risoluzione n. 395/E del 27 dicembre 2002 ha esaminato il trattamento fiscale applicabile a contributi erogati nell’ambito di un’operazione di project financing posta in essere ai sensi della citata Legge Merloni. In tale documento, è stato precisato che poiché la controprestazione a favore del concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire e di sfruttare economicamente l’opera da realizzare, il “prezzo” assume il carattere di elemento sinallagmatico accidentale che il concedente corrisponde al concessionario al solo fine del perseguimento dell’equilibrio economico-finanziario.
Tali conclusioni risultano applicabili anche nel vigente quadro normativo in materia di contratti pubblici e, in particolare, con riferimento alla fattispecie del partenariato pubblico privato di cui la finanza di progetto rappresenta una tipologia di contratto qualificato per legge “a titolo oneroso”. Nel caso di specie, tra il Concessionario e il Comune istante concedente è in essere una convenzione nell’ambito di una iniziativa privata di project financing, di cui al citato articolo 183, comma 1 del Codice degli appalti.
In tale ambito, il rapporto instaurato tra il Comune e la società concessionaria è inquadrabile in un rapporto contrattuale, caratterizzato dal sinallagma tra l’obbligo assunto dal Concessionario di svolgere una serie di attività correlate alla riqualificazione e alla valorizzazione dell’offerta museale e l’obbligo assunto dall’ente locale sia di pagare un canone che di consentire al concessionario il diritto allo sfruttamento del servizio mediante l’acquisizione dei relativi proventi.
La natura contrattuale del rapporto, peraltro, trova conferma negli articoli 14 e 15 della Convenzione prevedono, rispettivamente, la clausola di risoluzione e le penalità per inadempimento che rappresentano strumenti tipici che regolano, in via concordata, le ipotesi in cui il sinallagma contrattuale non si realizza a causa di uno dei contraenti e, quindi, in ultima analisi testimoniano l’effettiva corrispettività tra le somme erogate e l’attività finanziata (cfr. Circolare n. 34/E del 22 novembre 2013).
Pertanto, conformemente a quanto sostenuto dal Comune istante, si ritiene che il canone annuo di (…) mila euro, costituisca il corrispettivo di una prestazione di servizi ricompresa nel campo di applicazione IVA, ai sensi dell’art. 3 d.P.R. n. 633 del 1972. Più in dettaglio, nell’ambito del rapporto convenzionale in oggetto, il Comune affida in concessione una serie di servizi quali gli interventi di rifunzionalizzazione ed allestimento tecnologico del descritto Polo Museale e dell’Ufficio di Informazioni Turistiche, la gestione dei servizi museali e turistici per le strutture individuate, la progettazione e la gestione di interventi di produzione culturale. In relazione a tale affidamento, il Concessionario pone in essere, tra le altre, le seguenti attività:
a) gli “interventi necessari all’avvio dei servizi”, secondo il anno Economico Finanziario Asseverato;
b) riallestimento degli spazi destinati ai predetti servizi al pubblico;
c) mantenimento in perfette condizioni d’uso, mediante periodici interventi di manutenzione ordinaria, i locali, gli impianti e i beni in concessione;
d) pagamento dei costi relativi ai consumi di gas, acqua ed energia elettrica mediante attivazione di utenze autonome;
e) svolgimento di “tutti i servizi, lavori e investimenti previsti nell’offerta tecnica con la massima diligenza possibile”;
f) assume “gli oneri relativi a danneggiamenti di qualsiasi natura”.
A fronte di tali prestazioni di servizi, il Comune riconoscere alla società:
– il diritto alla percezione dei proventi derivanti dallo sfruttamento economico dei servizi oggetto della citata convenzione;
– un canone annuo di euro (…).
Tale canone costituisce il corrispettivo della gestione dei servizi integrati al pubblico per la riqualificazione e valorizzazione dell’offerta museale, che il Concessionario si impegna a realizzare sia con la riqualificazione ed il parziale riallestimento degli spazi interni che con l’attivazione di un sistema di servizi integrati presso il Polo Museale e le strutture turistico-ricettive del Comune.
Detto canone è corrisposto dal Comune per remunerare (indistintamente e nella loro globalità) le generiche prestazioni di servizi svolte nell’ambito della concessione, conducono la scrivente a ritenere, diversamente da quanto sostenuto dal Comune istante, che nel caso in esame non possa trovare applicazione il regime di esenzione di cui citato art. 10, comma 1, numero 22) d.P.R. n. 633 del 1972.
In effetti, l’operazione complessa sopra descritta non implica unicamente la mera visita ai musei o altre prestazioni inerenti ad essa e ugualmente da esentare, come in precedenza accennato, ma deve essere ricondotta nell’ambito di una più generica prestazione di servizi; più specificamente in una più complessa obbligazione di fare, di cui all’articolo 3, primo comma del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, il quale prevede, tra l’altro, che “costituiscono prestazione di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, (…) e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte”. Pertanto, il suddetto canone deve essere assoggettato ad IVA nella misura ordinaria.
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