Corte di Cassazione, ordinanza n. 16708 depositata il 13 giugno 2023
Oggetto: revocazione sentenza della Corte di Cassazione – definizione agevolata – inammissibilità – giudicato esterno in materia tributaria
FATTI DI CAUSA
1. Con la sentenza qui impugnata questa Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da AMITRANO FRANCESCO avverso la sentenza della CTR della Campania n. 411/2012, depositata in data 8 ottobre 2012, con la quale era stato accolto l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sentenza della CTP di Napoli, la quale aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso un avviso di accertamento del periodo di imposta 2004.
2. L’avviso originario traeva origine, come risulta dalla sentenza impugnata, da un PVC, con il quale si contestava l’omessa dichiarazione e contabilizzazione di ricavi da attività di impresa nell’ambito di una struttura immobiliare, qualificata dall’Ufficio come complesso turistico e sito sull’isola di Ischia, recante l’insegna «Agriturismo La Grotta». Il giudice di appello aveva ritenuto – come risulta dalla sentenza impugnata – che all’interno della struttura immobiliare, composta da diverse stanze al piano terra e al primo piano, tutte arredate e munite di servizi igienici indipendenti, si svolgesse una attività commerciale di tipo alberghiero, ricavandosi tale conclusione da alcuni elementi indiziari, ritenuti di pregnanza indiziaria, quali dichiarazioni di terzi e livello dei consumi sostenuti all’interno del complesso immobiliare.
3. Con la sentenza qui impugnata, questa Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.
4. Propone ricorso per revocazione il contribuente, affidato a due motivi, ulteriormente illustrato da memoria. Resiste con controricorso l’Ufficio. Uno dei due difensori del ricorrente ha rinunciato al E’ stata depositata tempestiva istanza di discussione orale, nonché istanza di sospensione del giudizio ex art. 5, comma 10 l. 31 agosto 2022, n. 130.
5. Dopo la celebrazione dell’udienza di discussione il ricorrente, con istanza depositata in data 8 marzo 2023, ha formulato istanza di estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 5, comma 12, ult. cit., dando atto di avere inoltrato la domanda di definizione a mezzo pec, di avere proceduto al pagamento e di non avere ricevuto il diniego da parte dell’Ufficio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 Con il primo motivo di revocazione si deduce, in relazione agli art. 391-bis e 395, n. 4, cod. proc. civ., errore di fatto revocatorio di questa Corte in considerazione dell’omessa considerazione dell’intervenuto passaggio in giudicato della decisione 5975/2016 di questa stessa Corte, deliberata nel corso della stessa udienza, avente a oggetto la medesima situazione di fatto, omissione che si sarebbe tradotta in violazione del giudicato, dell’art. 2909 cod. civ. e del principio del ne bis in idem. Parte ricorrente deduce che nel corso della stessa udienza del 15 febbraio 2016 sarebbero stati trattati i diversi ricorsi del contribuente, il primo dei quali deciso con la richiamata sentenza n. 5975/2016. Quest’ultima sentenza avrebbe avuto, in particolare, ad oggetto le annualità 1997 – 2000. Il ricorrente deduce che il giudicato formatosi all’esito della sentenza in oggetto non sarebbe fondato su circostanze peculiari alle annualità ma su elementi comuni al giudizio deciso con la sentenza qui impugnata, in quanto attinenti alla struttura dell’immobile e al livello di consumi attinenti alle utenze («consumi idroelettrici»), nonché osservandosi che sarebbe stato accertato che nei periodi di imposta 2003 e 2004 si sarebbe verificato un errore materiale di rilevazione dei consumi stessi. Su tale tema il ricorrente ritorna in memoria, evidenziando come la CTR, la cui sentenza sarebbe passata in giudicato all’esito del deposito della sentenza di questa Corte n. 5975/2016, avrebbe accertato che il livello dei consumi idroelettrici (rilevato in sede di PVC a fondamento degli avvisi impugnati) sarebbe stato compatibile con i consumi familiari e con le caratteristiche della struttura immobiliare in cui veniva accertata l’attività alberghiera. Conclude, pertanto, il ricorrente che il passaggio in giudicato della suddetta sentenza, prima della pubblicazione della sentenza oggetto del presente giudizio di revocazione, precluderebbe un diverso accertamento per gli esercizi successivi e tale circostanza in fatto costituirebbe errore revocatorio.
1.2 Con il secondo motivo di revocazione, si deduce, in relazione agli 391-bis e 395, n. 5, cod. proc. civ., revocazione per contrasto di giudicati, formulandosi questione di costituzionalità delle suddette norme nelle parti in cui non consentono la revocabilità delle sentenze della Corte di cassazione per contrasto di giudicati.
2. Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità dell’istanza di sospensione ex art. 5 l. n. 130/2022 e della successiva istanza di estinzione del giudizio, depositata in data 8 marzo 2023. La norma prevede nella rubrica la definizione dei «giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di cassazione». La norma è analoga ad altre ipotesi di definizione agevolata delle controversie tributarie, ove è prevista la possibilità per il contribuente di definire le «controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio» (art. 6 d.l. 23 ottobre 2018, n. 119), ovvero le controversie «pendenti alla data del 31 dicembre 2011 dinanzi alle commissioni tributarie o al giudice ordinario in ogni grado del giudizio e anche a seguito di rinvio» (art. 39, comma 12, d.l. 6 luglio 2011, n. 98), come anche le «liti fiscali pendenti» di cui all’art. 16 l. 27 dicembre 2002, n. 289. In tutte tali ipotesi il contribuente ha la possibilità di accedere a una definizione del giudizio – alternativa rispetto alla pronuncia giudiziale – purché la controversia sia ancora «pendente».
3. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, alla quale deve darsi continuità, la definizione agevolata delle controversie è consentita ove, alla data di presentazione della domanda, il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva. Le disposizioni che prevedono la definizione agevolata per le controversie «pendenti» si riferiscono alle controversie in cui la decisione giurisdizionale sia ancora impugnabile con i mezzi ordinari, ma non anche a quelle in cui l’unico rimedio esperibile sia la revocazione, atteso che la pendenza del termine per la revocazione non impedisce, a norma dell’art. 391-bis proc. civ., il passaggio in giudicato della sentenza impugnata con ricorso per cassazione respinto (Cass., Sez. V, 13 settembre 2022, n. 26939; Cass., Sez. V, 21 febbraio 2023, n. 5373).
4. Il principio è profondamente radicato nella giurisprudenza di questa Corte, che ha rilevato la natura speciale della disposizione dell’art. 391-bis, quinto comma, cod. proc. civ. (norma rimasta sostanzialmente immutata nella sua formulazione sin dalla sua introduzione con l’art. 67 26 novembre 1990, n. 353), secondo cui «la pendenza del termine per la revocazione della sentenza della Corte di cassazione non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza impugnata con ricorso per cassazione respinto». A differenza della revocazione delle sentenze di merito, la cui revocazione a termini dell’art. 395, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. impedisce il passaggio in giudicato, come ribadito dall’art. 324 cod. proc. civ., la revocazione delle sentenze di legittimità è uno strumento di revocazione straordinaria (Cass., Sez. III, 14 febbraio 2022, n. 4678; Cass., Sez. I, 20 aprile 2006, n. 9174), che impedisce di considerare la lite come pendente e, di conseguenza, preclude l’utilizzo dello strumento condonistico relativo alle controversie «pendenti» (Cass., Sez. V, 22 settembre 2022, n. 27816; Cass., Sez. VI, 11 novembre 2019, n. 29037; Cass., Sez. VI, 4 marzo 2019, n. 6212; Cass., Sez. VI, 11 febbraio 2019, n. 3947; Cass., Sez. VI, 2 agosto 2017, n. 19261; Cass., Sez. V, 3 agosto 2016, n. 16164; Cass., Sez. V, 15 giugno 2016, n. 13306; Cass., Sez. V, 17 gennaio 2014, n. 843; Cass., Sez. VI, 23 febbraio 2012, n. 2750).
5. Detto principio va applicato anche alla definizione agevolata di cui all’art. 5 l. n. 130/2022, trattandosi anche in questo caso di definizione agevolata (e alternativa alla decisione giurisdizionale) di controversia pendente, che tale non può ritenersi per effetto del disposto dell’art. 391-bis, quinto comma, cod. proc. civ.
6. Detto principio opera, inoltre, sia in relazione alla originaria istanza di sospensione del giudizio (formulata medio tempore dal ricorrente in pendenza della definizione), sia in relazione all’istanza del contribuente di avvalersi della definizione agevolata tout court ai fini dell’estinzione del presente giudizio. Lo strumento condonistico opera, difatti, secondo regole di diritto pubblico, diverse dalla modificazione negoziata dell’obbligazione per via di novazione, transazione o conciliazione (Cass., Sez. U., 27 gennaio 2016, n. 1518), in relazione al quale strumento spetta al giudice valutare l’esistenza dei relativi presupposti ai fini del suo operare. Da ciò discende che la definizione della controversia costituisce un posterius rispetto all’accesso alla definizione agevolata, una volta che sia stato dato riscontro alla sussistenza dei relativi presupposti. Nella specie, non può essere considerata agevolabile una controversia non più pendente per essere la sentenza impugnata già passata in giudicato. L’istanza di estinzione va, pertanto, dichiarata inammissibile e il ricorso va esaminato nel merito.
7. Il primo motivo deve essere dichiarato E’ del tutto consolidato l’orientamento di questa Corte che l’errore di fatto che legittima la revocazione a termini dell’art. 395, n. 4, cod. proc. civ. è l’errore percettivo determinante o decisivo ai fini della decisione. Si deve, pertanto, trattare di un errore di percezione o di una mera svista materiale che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato dagli atti di causa, sempre che il fatto stesso non abbia costituito oggetto di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato. L’errore, oltre che risultare con immediatezza e obiettività, deve essere essenziale e decisivo ai fini della decisione, nel senso che, in sua assenza, la decisione sarebbe stata diversa (Cass., n. 4678/2022, cit.; Cass., Sez. VI, 26 gennaio 2022, n. 2236; Cass., Sez. VI, 10 giugno 2021, n. 16439; Cass., Sez. VI, 17 maggio 2018, n. 12046; Cass., Sez. V, 24 aprile 2018, n. 10032; Cass., Sez. V, 28 marzo 2018, n. 7617).
8. Sotto questo profilo va rilevato – ai fini della decisività dell’errore commesso da questa Corte, che il giudicato esterno in materia tributaria, come osservato dal Pubblico Ministero, si determina in relazione agli elementi permanenti della fattispecie, che consentono a un accertamento relativo a un determinato periodo di imposta di proiettare i suoi effetti sull’accertamento della medesima imposta relativo ad altro periodo, con particolare riferimento agli elementi costitutivi della fattispecie di carattere permanente, mentre tale accertamento non può avere efficacia vincolante ove l’accertamento relativo ai diversi periodi di imposta si fondi su presupposti di fatto di carattere non permanente (Cass., Sez. V, 19 aprile 2018, n. 9710; Cass., VI, 26 settembre 2016, n. 18875; Cass., Sez. V, 9 ottobre 2015, n. 20257; Cass., Sez. V, 8 aprile 2015, n. 6953).
9. Come rilevato dal ricorrente (anche in memoria), le ragioni in base alle quali la controversia decisa nella causa posta ad oggetto della sentenza di questa Corte n. 5975/2016 consistono nell’accertamento compiuto dalla CTR (con sentenza passata in cosa giudicata a seguito dell’inammissibilità del relativo ricorso per cassazione dichiarata con la sentenza citata) che i consumi rilevati nei periodi di imposta 1997 – 2000 sarebbero coerenti con «la tipologia familiare del contribuente e le dimensioni dell’immobile e del terreno coltivato» (pag. 6 ricorso). Tale circostanza non è decisiva ai fini della rilevanza dell’errore percettivo sull’esito della decisione, in quanto elemento non attinente a elementi di carattere permanente, come potrebbe essere nel caso di una valutazione di un atto negoziale avente efficacia pluriennale. Appare evidente che i consumi di utenze sono diversi anno per anno. Ulteriormente rilevante è la considerazione che il giudizio di adeguatezza dei consumi non è stato effettuato in astratto, ma in relazione alla «tipologia familiare» del contribuente, elemento che risente della composizione del numero degli occupanti di un nucleo familiare e che in un arco di tempo molto ampio non può, in assenza di ulteriori elementi, considerarsi un dato costante.
10. Ulteriormente rilevante al riguardo è, inoltre, la circostanza (indicata nella sentenza impugnata a fondamento della decisione adottata dal giudice del merito) che il coacervo indiziario addotto dall’Ufficio non era fondato unicamente solo sul dato dell’eccessività dei consumi rilevati nell’immobile in oggetto, bensì anche su dichiarazioni di terzi, i quali avevano dichiarato di avere versato un corrispettivo per l’occupazione di una delle camere. Il dato dei consumi delle utenze, accertato in un determinato periodo di imposta e di per sé inidoneo a fondare un accertamento per gli altri periodi di imposta, è pertanto non decisivo al fine di comportare un diverso esito della controversia nel caso di specie, anche in quanto l’accertamento nella specie è stato accompagnato dall’esame di ulteriori elementi di prova non posti a fondamento della decisione di cui si invoca l’efficacia nel caso
11. Il secondo motivo è inammissibile, non essendo consentita l’impugnazione per revocazione proposta ex art. 395, n. 5, cod. proc. civ., avverso una sentenza pronunciata dalla Corte di cassazione, risultando l’ipotesi ivi contemplata esclusa dalla previsione dei precedenti artt. 391-bis e 391-ter proc. civ. (Cass., Sez. U., 23 novembre 2015, n. 23833; Cass., Sez. U., 18 luglio 2013, n. 17557).
12. Né l’assenza di questo strumento di impugnazione contrasta con i principi costituzionali di difesa di cui agli artt. 3, 24 e 111 Cost., né con il diritto dell’Unione europea, non recando un vulnus al principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti, atteso che la stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia riconosce l’importanza del principio della cosa giudicata, rimessa all’autonomia processuale dei singoli Stati membri (Cass., Sez. V, 28 marzo 2019, n. 8630).
13. Il ricorso per revocazione va, pertanto, dichiarato inammissibile, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile l’istanza di estinzione per definizione agevolata ex art. 5 l. n. 130/2022; dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 3.000,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1- quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
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