AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 29 dicembre 2020 n. 632
Articolo 11, comma 1, lett.a), legge 27 luglio 2000, n.212 – Triangolazione comunitaria
Con l’istanza di interpello specificata in oggetto, è stato esposto il seguente
Quesito
Alfa (di seguito, “Società”, “Istante” o “Contribuente”) è una società di diritto tedesco con sede legale in Germania. Dichiara di non avere alcuna posizione fiscale in Italia, né una stabile organizzazione, né un rappresentante fiscale.
La Società rappresenta di svolgere attività di commercio all’ingrosso di articoli per la casa, acquistando i beni commercializzati presso imprese anche estere e rivendendoli sul territorio nazionale, in altri Paesi dell’Unione Europea o extracomunitari.
L’Istante acquista beni anche da una società di diritto italiano (Beta., in breve anche “Venditore” o “Fornitore”). I rapporti commerciali tra le due società sono regolati da un contratto di compravendita, che prevede, tra l’altro, la clausola EXW ( Ex Works, ovvero “franco fabbrica”), con la quale la Società incarica un vettore di ritirare la merce presso il Venditore italiano nel luogo da quest’ultima indicato (di regola, la fabbrica o il magazzino), e di consegnare la medesima merce al cliente finale. Nella fattura emessa dal Fornitore italiano, viene già riportato il nominativo del cliente finale ed il luogo di destinazione della merce (Paese UE al di fuori dell’Italia).
Il Contribuente riferisce di trattare la descritta operazione commerciale come una triangolazione di esportazione intra-comunitaria, non imponibile ai fini IVA.
A titolo esemplificativo, con riferimento a un acquisto di beni effettuato presso il Venditore italiano, successivamente rivenduti a un cliente austriaco, la Società ha presentato:
– la fattura di vendita emessa dal Fornitore italiano;
– la lettera di vettura internazionale CMR con la specifica che il Fornitore italiano è mittente per conto dell’Istante e che il destinatario delle merci è una società austriaca, cliente dell’Istante;
– il packing list relativo alla fattura emessa dal Venditore italiano;
– comunicazioni via e-mail tra Beta e il vettore incaricato del trasporto della merce;
– documentazione rilasciata dall’Istante a prova dell’avvenuta consegna della merce, con cui la stessa riepiloga al suo Fornitore italiano le fatture ricevute dal cliente austriaco.
Ciò descritto, il Contribuente chiede conferma della regolarità della procedura applicata alla fattispecie rappresentata.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente
L’Istante ritiene corretta la non imponibilità della cessione della merce effettuata nei suoi confronti dal Fornitore italiano in quanto rientrante in una triangolazione comunitaria.
Parere dell’Agenzia delle entrate
Con l’interpello in esame, la Società chiede conferma della legittimità del comportamento seguito in merito all’operazione triangolare comunitaria ivi decritta, che vede coinvolti tre soggetti passivi IVA, ognuno stabilito in Stati Membri diversi.
Nell’ambito di questa operazione, l’Istante interviene in veste di promotore della triangolazione che acquista la merce da un soggetto passivo stabilito in Italia (c.d. primo cedente) per poi rivenderla a un suo cliente austriaco, destinatario finale dei beni. La merce è trasportata dall’Italia direttamente in Austria, a cura del promotore della triangolazione (i.e. la Società).
Considerando che la documentazione prodotta dal Contribuente riguarda operazioni effettuate nel 2019, alla fattispecie non si rendono applicabili le disposizioni della Direttiva 2018/1910/UE del 4 dicembre 2018, non ancora recepita dall’Italia, né in linea generale quelle del Regolamento comunitario 2018/1912, in vigore dal 1° gennaio 2020, salvo quanto di seguito chiarito.
La cessione della merce dal Fornitore italiano all’Istante è disciplinata dall’articolo 41 del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331, e in merito alla prova dell’avvenuta cessione, valgono i diversi chiarimenti resi dall’Amministrazione finanziaria con propri documenti di prassi, emanati tenendo conto anche delle sentenze della Corte di Giustizia UE (sentenze del 27 settembre 2007, nelle cause C-409/04, C- 146/05 e C-184/05; sentenze del 16 dicembre 2010, in causa C-430/09 e 6 settembre 2012, in causa C-273/11).
In base al citato articolo 41 – conforme all’articolo 138 della direttiva n. 2006/112/CE del 2006 (c.d. “Direttiva IVA”) – affinché una cessione di beni a un soggetto comunitario possa essere qualificata come una cessione intracomunitaria, usufruendo conseguentemente della non imponibilità ad IVA, è necessario che l’operazione:
– intercorra tra due soggetti passivi d’imposta, stabiliti in Stati Membri diversi;
– sia a titolo oneroso;
– comporti l’acquisizione o il trasferimento del diritto di proprietà o di altro diritto reale sul bene mobile materiale;
– prevede la spedizione o il trasporto del bene in altro Stato comunitario. La spedizione o il trasporto possono peraltro essere eseguiti dal cedente, dal cessionario o da terzi per loro conto.
Tali requisiti devono ricorrere congiuntamente, altrimenti la cessione non beneficia della non imponibilità IVA.
Al ricorrere quindi di tutte queste condizioni, il Venditore italiano (i.e. primo cedente) emette nei confronti del Contribuente una fattura non imponibile ex articolo 41 del dl n. 331 del 1993, mentre il trasferimento fisico dei beni dall’Italia all’Austria può essere dimostrato dal primo cedente tramite un complesso di documenti relativi all’operazione tra loro coerenti, dai quali è possibile desumere l’avvenuto trasferimento dei beni.
Al riguardo si richiama la risposta all’interpello dell’8 aprile 2019 n. 100, con la quale la scrivente ha confermato l’attualità dei chiarimenti resi con le risoluzioni n. 345/E del 2007, 477/E del 2008 e n. 19/E del 2013, affermando altresì che “Tale indirizzo è, peraltro, conforme a quanto previsto dal recente Regolamento di Esecuzione del 4 dicembre 2018, n. 2018/1912/UE che è intervenuto nel corpus del regolamento di esecuzione (UE) n. 282/2011, inserendo il seguente articolo 45 bis, applicabile dal 1 gennaio 2020”.
In particolare, secondo la risoluzione 28 novembre 2007, n. 345/E, per dimostrare l’avvenuta spedizione dei beni in altro Paese comunitario, il Venditore italiano deve conservare la seguente documentazione fiscale e contabile:
– la fattura di vendita all’acquirente comunitario (i.e. fattura del Venditore italiano all’Istante);
– gli elenchi riepilogativi INTRA relativi alle cessioni intracomunitarie effettuate dal Fornitore italiano;
– il documento di trasporto “CMR” firmato;
– la rimessa bancaria dell’acquirente (i.e. l’Istante) relativa al pagamento della merce.
Posto che in generale può essere difficile per il cedente nazionale avere copia del CMR firmato, con le risoluzioni del 15 dicembre 2008 e 25 marzo 2013, n. 19/E si è affermato che non esiste un vincolo rigido in ordine alla prova da fornire. Quanto a dire che:
1. quando non è possibile esibire il documento di trasporto sono ammissibili altri mezzi di prova idonei;
2. la prova dell’avvenuto trasferimento del bene in altro Stato UE deriva da un insieme di documenti da cui si ricava, con sufficiente evidenza, che il bene è stato trasferito dallo Stato del cedente a quello dell’acquirente.
Qualora, pertanto, il cedente nazionale non abbia provveduto direttamente al trasporto delle merci e non sia in grado di esibire un CMR “idoneo”, la prova di cui sopra potrà essere fornita con qualsiasi altro documento idoneo a dimostrare che le merci sono state inviate in altro Stato UE, quale ad esempio il CMR elettronico, avente il medesimo contenuto di quello cartaceo, oppure un insieme di documenti dal quale si possono ricavare le medesime informazioni presenti nello stesso e le firme dei soggetti coinvolti (cedente, vettore, e cessionario).
Resta fermo che ove il Venditore italiano sia comunque in possesso di un CMR “idoneo”, questo documento è adatto a dimostrare l’uscita dei beni dall’Italia.
I documenti “sostitutivi” del CMR devono essere conservati per il periodo di accertamento e congiuntamente alle fatture di vendita, alla documentazione bancaria attestante le somme riscosse in relazione alle predette cessioni, alla documentazione relativa agli impegni contrattuali assunti e agli elenchi Intrastat.
Tutta questa documentazione può essere acquisita anche in un momento successivo all’effettuazione operazione, ma resta l’opportunità di reperirla senza indugio appena la prassi commerciale lo renda possibile per poterla poi prontamente esibire in sede di eventuale controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Per completezza, si osserva che con la risposta a interpello n. 100 del 2019 questa Agenzia ha precisato che sono idonei a provare l’uscita della merce dal territorio dello Stato anche:
– DDT con firma di presa in carico della merce da parte del trasportatore (trasportatore che può essere anche incaricato dal cessionario, per vendite effettuate franco fabbrica ovvero ex works);
– dichiarazione di ricezione della merce da parte del cliente;
– documentazione riguardante gli impegni contrattuali assunti con il cliente (contratto concluso o scambio mail).
Con tali informazioni non è necessario essere in possesso di CMR o di altri documenti di trasporto firmati dal destinatario.
Stessi principi sono stati ripresi da ultimo nelle risposte a interpello del 23 aprile 2020, n. 117 e del 3 settembre 2020, n. 305.
Con riferimento alla fattispecie oggetto dell’interpello in esame, si rileva che la prova della movimentazione dei beni è richiesta dall’Amministrazione finanziaria italiana al Fornitore italiano, primo cedente, e non all’Istante. Quest’ultimo dovrà fare riferimento, dal suo canto, agli adempimenti richiesti dalla propria Amministrazione finanziaria.
Tenuto conto di ciò e del fatto che all’istanza è allegato un CMR non “idoneo” perché privo della firma del destinatario finale delle merci, si ritiene opportuno integrare i mezzi di prova proposti dall’Istante (che dovranno essere esibiti dal primo cedente italiano) con la documentazione bancaria attestante le somme riscosse in relazione alla cessione, una dichiarazione di ricezione della merce da parte del cliente finale e con la documentazione relativa agli impegni contrattuali assunti e gli elenchi Intrastat.
Resta impregiudicata, ad ogni modo, ogni valutazione dell’effettivo set documentale in possesso di Beta, che potrà essere effettuata in concreto nell’ambito dell’attività di controllo.
A completezza di quanto sino a ora rilevato, si fa presente infine che nella circolare 12 maggio 2020, n. 12/E è stato affermato che le presunzioni relative, previste dal nuovo articolo 45-bis del Regolamento di esecuzione UE 282/2011 del 15 marzo 2011 in merito alla prova del trasporto dei beni sono applicabili “…anche in relazione alle operazioni realizzate ante 1 ° gennaio 2020 qualora il contribuente possieda un corredo documentale integralmente coincidente con le indicazioni della norma richiamata.
In altri termini, anche precedentemente al 1° gennaio 2020, in presenza della documentazione di prova ritenuta idonea ai sensi dell’articolo 45-bis, la stessa deve essere ammessa (con forza di presunzione relativa) quale dimostrazione dell’avvenuto arrivo dei beni nell’altro Stato membro”.
Prima e dopo il 1° gennaio 2020, dunque, il contribuente ha due livelli di tutela:
– un livello base, dove dotandosi dei documenti previsti dalla prassi italiana (che la circolare 12/E ha confermato) può fare affidamento sul fatto che l’AF riconosca provato l’avvenuto trasporto;
– un livello rafforzato, dove il possesso dei documenti previsti dal citato articolo 45-bis comporta la presunzione legale di effettuazione del trasporto in altro Stato Membro (con inversione dell’onere della prova a carico dell’AF).
Ai fini qui d’interesse, rileva la fattispecie prevista dal paragrafo 1, lettera b) del citato articolo che disciplina l’ipotesi in cui i beni sono trasportati dall’acquirente o da un terzo per suo conto.
In questo caso «si presume che i beni siano stati spediti o trasportati dal territorio di uno Stato membro verso una destinazione esterna… (…) b) [.n.d.r. se ] il venditore è in possesso di…. i) una dichiarazione scritta dall’acquirente che certifica che i beni sono stati trasportati o spediti dall’acquirente, o da un terzo per conto dello stesso acquirente, e che identifica lo Stato membro di destinazione dei beni; tale dichiarazione scritta indica la data di rilascio; il nome e l’indirizzo dell’acquirente; la quantità e la natura dei beni; la data e il luogo di arrivo dei beni; nel caso di cessione di mezzi di trasporto, il numero di identificazione del mezzo di trasporto; nonché l’identificazione della persona che accetta i beni per conto dell’acquirente; (…)».
La trasmissione al venditore di questa dichiarazione scritta oltre il termine del ” decimo giorno del mese successivo alla cessione” non preclude la possibilità per il venditore di beneficiare della relativa presunzione in presenza di tutte le altre condizioni previste dal medesimo articolo (cfr. par. 5.3.8. delle Note esplicative sui ” quick fxes 2020″, pubblicate a dicembre 2019).
La dichiarazione de quo deve essere posseduta dal venditore insieme ad almeno due dei documenti relativi al trasporto delle merci, di cui alla lettera a) del paragrafo 3 dell’articolo 45-bis (i.e. un documento o una lettera CMR riportante la firma, una polizza di carico, una fattura di trasporto aereo, oppure una fattura emessa dallo spedizioniere), oppure ad un documento di trasporto di cui alla citata lettera a) unitamente ad un documento relativo agli altri mezzi di prova indicati nella lettera b) del medesimo paragrafo 3 (i.e. una polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento per la spedizione o il trasporto dei beni).
Questi elementi di prova devono essere non contraddittori e provenire da due parti indipendenti tra loro, dal venditore e dall’acquirente (per ulteriori dettagli, cfr. circolare 12/E del 2020).
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Regime IVA dei contributi versati per sostenere petizioni - Risposta 29 settembre 2021, n. 632 dell'Agenzia delle Entrate
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 14 dicembre 2021, n. 40005 - Agli effetti del recupero degli sgravi contributivi integranti aiuti di Stato incompatibili col mercato comune, vale il termine ordinario di prescrizione decennale di cui all'art. 2946 c.c.,…
- AGENZIA DELLE DOGANE - Nota 13 maggio 2019, n. 2579 - Pubblicazione del Regolamento (UE) 2019/632 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019, recante modifica del Regolamento (UE) 952/2013, che istituisce il codice doganale dell’Unione
- Lavoratori in comando presso pubbliche Amministrazioni con posizione contributiva contraddistinta dal CSC 3.01.01 - Modalità di esposizione sul flusso Uniemens - INPS - Messaggio n. 632 del 12 febbraio 2024
- MINISTERO FINANZE - Decreto ministeriale 01 febbraio 2024 Modalità di utilizzo dei dati fiscali relativi ai corrispettivi trasmessi al Sistema tessera sanitaria Art. 1 Definizioni 1. Ai fini del presente decreto si intende per: a) «dati fiscali», i…
- INPS - Messaggio 22 dicembre 2020, n. 4805 - Regolamentazione comunitaria. Recesso, con accordo, del Regno Unito dall’Unione europea. Legislazione applicabile. Chiarimenti in materia di rilascio delle certificazioni A1 per periodi di lavoro nel Regno…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Processo tributario: competenza del giudice tribut
La sentenza n. 186 depositata il 6 marzo 2024 del Tribunale Amministrativo Regio…
- Prescrizione quinquennale delle sanzioni ed intere
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 11113 depos…
- L’utilizzo dell’istituto della compens
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 17116 depositata il 2…
- IMU: no all’esenzione di abitazione principa
La Corte di Cassazione. sezione tributaria, con l’ordinanza n. 9496 deposi…
- Il consulente tecnico d’ufficio non commette
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 15642 depositata il 1…