TRIBUNALE DI BOLOGNA – Ordinanza 02 maggio 2019, n. 5022
Stranieri – Permesso di soggiorno per richiesta asilo valido – Iscrizione anagrafica – Sussistenza del requisito della dimora abituale
Con ricorso depositato l’1/4/19 (…) nato (….) in Guinea l’1/1/98 ha domandato in via d’urgenza l’accertamento del suo diritto alla residenza ed alla iscrizione anagrafica, ordinando al Sindaco quale Ufficiale d’Anagrafe la sua immediata iscrizione nel registro anagrafico della popolazione residente nel comune di Bologna.
Si è ritualmente costituito il Comune di Bologna chiedendo il rigetto del ricorso.
La controversia fra le parti riguarda il provvedimento emesso il 4/2/19 dall’ufficiale di anagrafe del comune di Bologna, che ha dichiarato irricevibile la dichiarazione di residenza sottoscritta da (…) il 11/1/19 per l’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente del comune di Bologna a seguito dell’abrogazione dell’art. 5 bis D. Lgs 142/15 e la conseguente ritenuta impossibilità della iscrizione, come chiarito dalla circolare del Ministero degli Interni n. 15 del 18/10/18.
L’azione cautelare veniva istruita in base ai documenti depositati dalle parti.
Esaminati gli atti, si osserva quanto segue.
Va premessa la posizione di diritto soggettivo azionata dal ricorrente, che determina la giurisdizione del G.O., come chiaramente espresso dalla sentenza Cass. SS. UU. 449/2000:
“L’ordinamento delle anagrafi della popolazione residente (…) configura uno strumento giuridico amministrativo di documentazione e di conoscenza, che è predisposto nell’interesse sia della pubblica amministrazione, sia dei singoli individui. Sussiste, invero, non soltanto l’interesse dell’amministrazione ad avere una relativa certezza circa la composizione ed i movimenti della popolazione (come afferma il Ministero ricorrente), ma anche l’interesse dei privati ad ottenere le certificazioni anagrafiche ad essi necessarie per l’esercizio dei diritti civili e politici e, in generale, per provare la residenza e lo stato di famiglia (v. particolarmente gli artt. 29 e 31 del regolamento n. 136/58). Inoltre, tutta l’attività dell’ufficiale d’anagrafe è disciplinata dalle norme sopra richiamate in malo vincolato, senza che trovi spazio alcun momento di discrezionalità. In particolare, sono rigidamente definiti dalle norme del citato regolamento (artt. 5 9) i presupposti per le iscrizioni, mutazioni e cancellazioni anagrafiche, onde l’amministrazione non ha altro potere che quello di accertare la sussistenza dei detti presupposti. Pertanto la regolamentazione qui considerata, per la natura vincolata dell’attività amministrativa da essa disciplinata e perché è dettata nell’interesse diretto della popolazione residente, non contiene norme sull’azione amministrativa, ma è composta da norme di relazione che disciplinano rapporti intersoggettivi. Tali norme non attribuiscono all’amministrazione alcun potere idoneo a degradare i diritti soggettivi attribuiti ai singoli individui. Merita, perciò, di essere condiviso l’orientamento seguito dal Consiglio di Stato (v., tra le altre, Sez. IV, 16 gennaio 1990 n. 14), secondo cui le controversie in materia di iscrizione e cancellazione nei registri anagrafici della popolazione coinvolgono situazioni di diritto soggettivo.”
Il ricorrente, richiedente asilo con domanda depositata il 17/5/18 (doc. 2 allegato al ricorso), è titolare di permesso di soggiorno per richiesta asilo (doc. 5 allegato al ricorso). Allega di essere ospite in un progetto della Caritas diocesana ed in data 11/1/19 ha presentato dichiarazione al comune di Bologna di essersi trasferito in città, in via D. dalla Guinea .
L’ufficiale di anagrafe col provvedimento qui contestato attesta la regolarità del soggiorno del ricorrente ma esclude la possibilità di iscrizione anagrafica dei richiedente asilo in base alla attuale normativa sui registri anagrafici.
Il rilevante quadro normativo di riferimento è dato dal nuovo art. 4 co 1 bis D. Lgs 142/15 , come modificato dall’art. 13 D.L. 113/18 convertito nella L. 132/18.
Il D.Lgs 142/15 è la norma interna di attuazione della direttiva UE 2013/33 relativa alla accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, nel cui quadro va quindi letta la disciplina interna che ne costituisce attuazione.
Il nuovo art. 4. come riformato nel 2018, recita:
Art. 4 Documentazione
1. Al richiedente è rilasciato un permesso di soggiorno per richiesta asilo valido nel territorio nazionale per sei mesi, rinnovabile fino alla decisione della domanda o comunque per il tempo in cui è autorizzato a rimanere nel territorio nazionale ai sensi dell’art. 35-bis, commi 3 e 4, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25. Il permesso di soggiorno costituisce documento di riconoscimento ai sensi dell’art. 1, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
1-bis. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, e dell’art. 6 comma 7, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. (…)
La norma non contiene quindi un divieto esplicito di iscrizione anagrafica per i richiedenti asilo, bensì evidenzia come il permesso di soggiorno per richiesta asilo non vale a consentire l’iscrizione anagrafica del richiedente in base a tale permesso. La dizione “non costituisce titolo per la iscrizione anagrafica” pone un immediato problema interpretativo, poiché nel quadro normativo non si rinvengono situazioni di fatto o titolarità di documenti che “costituiscano titolo” per l’iscrizione anagrafica nei registri della popolazione residente. Tale iscrizione anagrafica è invece l’esito di un procedimento amministrativo ben descritto nel regolamento anagrafico della popolazione residente DPR 223/89, richiamato espressamente nell’art. 4 co 1 bis sopra citato.
Il diritto soggettivo alla iscrizione anagrafica è così disciplinato in via generale dall’art. 1 DPR 223/89 come successivamente modificato, che prevede:
Art. 1. Anagrafe della popolazione residente
2. L’anagrafe è costituita da schede individuali, di famiglia e di convivenza.
3. Nelle schede di cui al comma 2 sono registrate le posizioni anagrafiche desunte dalle dichiarazioni degli interessati, dagli accertamenti d’ufficio e dalle comunicazioni degli uffici di stato civile.
L’iscrizione anagrafica avviene quindi in base alle dichiarazioni degli interessati, agli accertamenti disposti dall’ufficio ed alle comunicazioni dello stato civile.
Le dichiarazioni anagrafiche riguardano anche i trasferimenti dall’estero (art. 13 lett. a) ed in tale caso chi trasferisce la residenza dall’estero deve comprovare all’atto della dichiarazione la propria identità mediante con passaporto o documento equipollente (art. 14).
Gli accertamenti avvengono successivamente: “L’ufficiale d’anagrafe entro 45 giorni dalla ricezione delle dichiarazioni rese ai sensi dell’art. 13 accerta la effettiva sussistenza dei requisiti previsti dalla legislazione vigente per la registrazione” (art. 18 bis) e “L’ufficiale d’anagrafe è tenuto a verificare la sussistenza del requisito della dimora abituale di chi richiede l’iscrizione anagrafica. Gli accertamenti devono essere svolti a mezzo degli appartenenti ai corpi di polizia municipale” (art. 19).
Il diritto alla iscrizione nei registri anagrafici dei residenti si attua quindi attraverso una dichiarazione dell’interessato all’ufficiale di stato civile, con la quale si dà atto della propria permanenza in un certo luogo e dell’intenzione di abitarvi stabilmente (elemento obiettivo e soggettivo della nozione civilistica di residenza, Cass 1738/86), e con il successivo accertamento della corrispondenza alla realtà di tale dichiarazione.
Completa il generale quadro normativo interno la disposizione dell’art. 6 co VII del T.U. 286/98, secondo cui:
“Le iscrizioni e variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini italiani con le modalità previste dal regolamento di attuazione. In ogni caso la dimora dello straniero si considera abituale anche in caso di documentata ospitalità da più di tre mesi presso un centro di accoglienza. Dell’avvenuta iscrizione o variazione l’ufficio dà comunicazione alla questura territorialmente competente.”.
In questo quadro normativo, pienamente vigente, il permesso di soggiorno per richiesta asilo – né nessun altro permesso di soggiorno – sono mai stati ” titolo” per l’iscrizione anagrafica. Essi costituiscono invece prova del requisito del regolare soggiorno, richiesto ai cittadini stranieri dall’art. 6 citato. Specificamente, il richiedente asilo è regolarmente soggiornante sul territorio ai sensi dell’art. 7 D.Lvo 25/08, che prevede il diritto del richiedente a rimanere nel territorio dello stato durante l’esame della domanda, e dell’art. 11 DPR 394/99 che prevede il rilascio del permesso di soggiorno per richiesta di asilo per la durata della procedura occorrente. Di tale regolarità del soggiorno lo straniero deve dare prova ai fini dell’iscrizione all’ anagrafe della popolazione residente come previsto dal DPR 223/89 e dall’art. 6 , VII TU 286/98.
In questa generale disciplina della tenuta dei registri anagrafici della popolazione residente, era stata introdotta dalla L. 46/17 una speciale disciplina della iscrizione anagrafica per i richiedenti protezione internazionale ospitati nei centri di accoglienza, per la quale veniva prevista una iscrizione semplificata, non basata sulla dichiarazione del soggetto interessato e sui successivi accertamenti d’ufficio bensì esclusivamente sulla comunicazione del responsabile della struttura di accoglienza. La legge 46/17 aveva infatti aggiunto l’art. 5 bis al D.. Lvo 142/15, così prevedendo :
“Art. 5-bis (Iscrizione anagrafica).
– 1. Il richiedente protezione internazionale ospitato nei centri di cui agli articoli 9, 11 e 14 è iscritto nell’anagrafe della popolazione residente ai sensi dell’articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, ove non iscritto individualmente.
2. E’ fatto obbligo al responsabile della convivenza di dare comunicazione della variazione della convivenza al competente ufficio di anagrafe entro venti giorni dalla data in cui si sono verificati i fatti. “
Sulla base di questa norma, oltre che con le consuete modalità di iscrizione anagrafica individuale, per i richiedenti asilo ospitati nel sistema di accoglienza veniva prevista una nuova modalità di iscrizione anagrafica in base alla sola dichiarazione del responsabile del centro d’accoglienza , anche in deroga al termine di 3 mesi previsto dal T.U.
E’ su questa norma che ha inciso l’art. 13 DL 113/18 sopra citato con due previsioni: abrogando alla lett. c) la modalità semplificata di iscrizione anagrafica recentemente introdotta dall’art. 5 bis e chiarendo alla lett. a) n. 2 che il permesso di soggiorno per richiesta asilo non costituisce “titolo” per l’iscrizione anagrafica. Se l’art. 5 bis aveva previsto un automatismo nella iscrizione anagrafica, scollegato sia dalla dichiarazione dell’interessato che dagli accertamenti del l’ufficiale d’anagrafe e dipendente soltanto dalla comunicazione del responsabile della struttura di accoglienza, l’art. 13 esclude questo automatismo chiarendo che non vi è una speciale modalità di iscrizione all’anagrafe dei residenti per i richiedenti protezione internazionale basata sul solo “titolo” della domanda di protezione e dell’inserimento nella struttura di accoglienza.
Non sono state infatti modificate le altre norme relative alle regole generali della iscrizione anagrafica (DPR 223/89) ed alla parificazione di cittadini e stranieri regolarmente soggiornanti relativamente alle iscrizioni e variazioni anagrafiche (art. 6, VII T.U. 286/98).
La lettura dell’art. 13, inserito nel quadro normativo compiutamente ricostruito, definisce quindi gli effetti del permesso di soggiorno rilasciato al richiedente asilo, che costituisce documento di identità ma non ” dà titolo” di per sé alla iscrizione anagrafica restando per lui vigente l’ordinario procedimento amministrativo del DPR 223/89. Questa interpretazione della atipica formulazione contenuta nell’art. 4 co 1 bis D. Lgs 142/15 secondo cui il permesso di soggiorno per richiesta asilo “non costituisce titolo per l’iscrizione anagrafica” offre una lettura della norma coerente col quadro normativo costituzionale e comunitario, altrimenti di dubbia tenuta.
L’art. 2 Costituzione riconosce i diritti inviolabili della persona e l’art. 2 T.U. 286/98 prevede che allo straniero presente nel territorio “sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme del diritto interno, dalle convenzioni internazionali e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti”.
La sentenza 306/08 della Corte Costituzionale ha conseguentemente chiarito che trovano copertura costituzionale ai sensi dell’art. 10 “le norme del diritto internazionale generalmente riconosciute (…) che, nel garantire i diritti fondamentali della persona indipendentemente dall’appartenenza a determinate entità politiche, vietano discriminazioni nei confronti degli stranieri, legittimamente soggiornanti nel territorio dello Stato. Al legislatore italiano è certamente consentito dettare norme, non palesemente irragionevoli e non contrastanti con obblighi internazionali, che regolino l’ingresso e la permanenza di extracomunitari in Italia (da ultimo, sentenza n. 148 del 2008). E’ possibile, inoltre, subordinare, non irragionevolmente, l’erogazione di determinate prestazioni – non inerenti a rimediare a gravi situazioni di urgenza – alla circostanza che il titolo di legittimazione dello straniero al soggiorno nel territorio dello Stato ne dimostri il carattere non episodico e di non breve durata; una volta, però, che il diritto a soggiornare alle condizioni predette non sia in discussione, non si possono discriminare gli stranieri, stabilendo, nei loro confronti, particolari limitazioni per il godimento dei diritti fondamentali della persona, riconosciuti invece ai cittadini.”
La legittimazione al soggiorno data dal permesso per richiesta asilo non è episodica né di breve durata. Il requisito dell’abitualità della dimora necessaria per ottenere la iscrizione nei registri di residenza come previsto dall’art. 6 co VII del testo unico, ne parametra la durata ad almeno un trimestre nel centro di accoglienza. La permanenza sul territorio per il tempo necessario alla decisione sulla richiesta di asilo è ben più lunga durante i mesi nei quali si svolge l’accertamento da parte delle commissioni , legislativamente previsto in un mese ex art. 27 D Lvo 25/08 (ma nella prassi delle commissioni molto più lungo ), oltre il termine di 30 giorni per l’impugnazione, oltre i 4 mesi previsti dall’art. 35 bis D.Lvo 25/08 (ma nella pratica dei tribunali molto più lungo) per l’accertamento di primo grado, oltre l’eventuale giudizio di cassazione.
Durante questo periodo non breve, in cui lo straniero è regolarmente soggiornante, il suo diritto soggettivo alla iscrizione anagrafica a parità di condizioni col cittadino corrisponde direttamente all’ “interesse dei privati ad ottenere le certificazioni anagrafiche ad essi necessarie per l’esercizio dei diritti civili e politici ” (Cass. SS.UU 449/00). Nel rispetto degli artt. 2 e 10 Costituzione, non può quindi prevedersi una discriminazione nei confronti dei richiedenti asilo regolarmente soggiornanti che limiti il loro diritto alla iscrizione anagrafica.
L’art. 117 Costituzione impone che la potestà legislativa dello stato debba essere esercitata nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Già l’art. 12 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, ratificato in Italia dalla L. 881/77 e qui entrato in vigore il 15/12/78 prevedeva che “Ogni individuo che si trovi legalmente nel territorio di uno Stato ha diritto alla libertà di movimento e alla liberte) di scelta della residenza in quel territorio”. Ma specificamente l’art. 2 del Protocollo n. 4 allegato alla CEDU ratificato in Italia dal DPR 217/82, dispone che “Chiunque si trovi regolarmente sul territorio di uro Stato ha il diritto di circolarvi liberamente e di fissarvi liberamente la sua residenza”.
I vincoli previsti dalle norme comunitarie, a cui deve conformarsi il legislatore interno, impongono che il giudice attui una interpretazione costituzionalmente compatibile della norma introdotta con l’art. 13 D.L. 113/18 convertito nella L. 132/18, nel rispetto della disciplina eurounitaria costituzionalmente rilevante.
Sul punto, l’art. 14 della CEDU per costante giurisprudenza della Corte EDU sancisce il principio della inammissibilità di ogni discriminazione tra cittadini degli stati membri e stranieri regolarmente soggiornanti: “qualsiasi discrimine tra cittadini e stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato, fondato su requisiti diversi da quelli previsti per la generalità dei soggetti, finisce per risultare in contrasto con il principio di non discriminazione di cui all’art. 14 CEDU, avuto riguardo alla interpretazione rigorosa che di tale norma è stata offerta dalla giurisprudenza della Corte europea” (Sentenza C. Cost. n. 40 del 2013). La lettura costituzionale delle norme interne alla luce dell’art. 14 CEDU ha portato in più occasione la Corte Costituzionale ad esiti abrogativi in relazione a norme interne che escludevano stranieri regolarmente soggiornanti da diverse prestazioni assistenziali di base previste per i cittadini (oltre alla sentenza 40/13 citata, vedi anche le sentenze 187/10, 329/11 e 22/15).
Nel caso della iscrizione ai registri anagrafici, peraltro, non si verte neppure in tema di erogazione di prestazioni in favore del cittadino straniero bensì di una mera ricognizione anagrafica, da cui però dipende la possibilità di esercitare una molteplicità di diritti: eventuale iscrizione scolastica, sottoscrizione di un contratto di lavoro, accesso alle misure di politica attiva del lavoro ex art. 11 co 1 lett. c D.Lgs 150/15, apertura di un conto corrente su cui il datore di lavoro possa versare il salario, ottenimento della patente di guida ex art. 118 bis 1 cds, determinazione valore ISEE per accedere a determinate prestazioni sociali, decorrenza dei termini sia per il rilascio del permesso per soggiornanti di lungo periodo ex art. ), I ter D Lgs 286/98 sia per l’ottenimento della cittadinanza italiana ex art. 9 I lett. f) L.91/92 ecc.
Alla limitazione dei diritti individuali connessi alla residenza anagrafica non supplisce la previsione contenuta nel nuovo terzo comma dell’art. 5 D. Lgs 142/15 secondo cui ” L’accesso ai sensi previsti dal presente decreto e a quelli comunque erogati sul territorio ai sensi delle norme vigenti è assicurato nel luogo di domicilio ” :la locuzione servizi previsti dal presente decreto o erogati non esaurisce infatti i diritti individuali fruibili dagli individui in connessione con la loro residenza sul territorio e rende comunque ingiustificatamente più gravoso il loro esercizio.
Se quindi ad una prima lettura l’attuale previsione dell’art. 4 co 1 bis, come modificato dall’art. 13 DL 113/18, appare poco chiara in quanto non coerente con la disciplina generale del regolamento anagrafico della popolazione residente DPR 223/89 e di difficile comprensione in relazione a ciò che ivi darebbe ” titolo” per l’iscrizione anagrafica, la sua comprensione all’interno del quadro costituzionale e eurounitario di riferimento ne consente una interpretazione costituzionalmente orientata. Alla luce delle osservazioni sopra svolte, l’art. 4 co 1 bis si inserisce nel quadro normativo interno abrogando la modalità semplificata di iscrizione anagrafica per richiedenti asilo prevista dall’art. 5 bis D. Lvo 142/15, come introdotto dalla legge 46/17, e chiarendo conseguentemente che il permesso di soggiorno per richiesta asilo costituisce documento di riconoscimento ma non costituisce di per sé “titolo” per l’iscrizione anagrafica automaticamente, basata sulla sola domanda di protezione ed inserimento nella struttura di accoglienza.
Di diverso tenore è la lettura della norma data dalla Circolare del Ministro degli Interni 15/18 del 18/10/18 ( doc. 5 convenuti) che espressamente dispone: “dall’entrata in vigore dille nuove disposizioni il permesso di soggiorno per richiesta di protezione internazionale di cui all’art. 4, 1 co. D. Lgs 142/15 non potrà consentire l’iscrizione anagrafica.” Il passaggio lessicale dalla disposizione normativa “non costituisce titolo” alla disposizione della circolare “non potrà consentire” è fatto senza alcuna ulteriore spiegazione o chiarimento e non è di ausilio a risolvere le complessità di compatibilità costituzionale poste dalla introduzione della nuova norma.
Complessità bene espresse anche dalla Associazione Nazionale Ufficiali di Stato Civile e d’Anagrafe, che nella nota depositata dal Comune convenuto (doc. 6) evidenzia espressamente come i problemi posti dall’introduzione della nuova norma si prestino ad interpretazioni contrastanti. In particolare la nota rileva che se il nuovo testo di legge non abroga il diritto alla iscrizione anagrafica del richiedente asilo previsto dall’art. 6 co VII T.U. 286/98, la sua interpretazione letterale lo renderebbe di fatto inesercitabile ed auspica pertanto un intervento della Corte Costituzionale.
In sede giurisdizionale appare però possibile una lettura costituzionalmente orientata della disposizione in parola, all’interno del quadro del quadro normativo come sopra operato.
Sussiste pertanto il fumus boni iuris del diritto allegato dal ricorrente alla richiesta iscrizione anagrafica nel registro della popolazione residente del comune di Bologna secondo le regole generali previste dal DPR 223/89, a cui dovrà quindi provvedere l’ufficiale di anagrafe.
Sussiste anche il periculum in mora dedotto dal ricorrente poiché la mancata iscrizione ai registri anagrafici impedisce l’esercizio di diritti di rilievo costituzionale ad essa connessi, quali solo ad esempio quello all’istruzione ed al lavoro. La lesione del diritto soggettivo dell’istante alla iscrizione anagrafica appare quindi insuscettibile di adeguata tutela nella successiva forma dell’equivalente monetario all’esito della causa di merito, costituendo pertanto un pregiudizio irreparabile.
Va pertanto accolta la domanda cautelare del ricorrente, come proposta.
Alla soccombenza del convenuto non consegue la sua condanna alle spese di lite in quanto il comune ha agito, nella qualità di ufficiale del governo sottoordinato nella materia al ministero degli interni, in ossequio alla circolare del ministero degli interni 15/08.
P.Q.M.
in accoglimento del ricorso,
Visto l’art. 700 c.p.c.
Ordina
Al Sindaco del Comune di Bologna, nella sua qualità di ufficiale di governo responsabile della tenuta dei registri anagrafici, l’iscrizione di (…) nato in Guinea (…) nel registro anagrafico della popolazione residente nel comune di Bologna secondo il procedimento previsto dal DPR 223/89.
Spese compensate.