La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 1859 depositata il 29 gennaio 2014 intervenendo in tema assoggettamento e rimborsi IVA ha statuito che la società che ha ristrutturato l’immobile concessole in comodato dal proprio amministratore ha diritto al rimborso del credito VA riportato nella dichiarazione annuale. In particolare le spese di ristrutturazione devono considerarsi inerenti, e per tale motivo detraibili, se riguardanti un’attività propedeutica a quella assoggettabile a IVA, poi svolta dalla contribuente. La prova che la ristrutturazione era finalizzata al futuro esercizio dell’attività d’impresa prevista dall’atto costitutivo e dallo statuto sociale deve essere fornita da chi chiede il rimborso.
La vicenda ha riguardato una srl a cui veniva notificato un avviso di rettifica ai fini IVA attraverso il quale l’Amministrazione finanziaria disconosceva il diritto al rimborso di un credito di imposta, riportato dalla contribuente nella relativa dichiarazione annuale, relativo alle spese per la ristrutturazione di un immobile concesso in comodato alla predetta società dal proprio amministratore.
La società impugnava tale atto impositivo inanzi alla Commissione Tributaria Provinciale i cui giudici rigettavano le doglianze della società ricorrente. Il contribuente avverso la decisione del giudice di prime cure proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale i cui componenti in riforma della sentenza appellata accoglievano l’appello della società ricorrente.
Per la cassazione della sentenza del giudice di seconde cure l’Amministrazione Finanziaria proponeva ricorso, basato su due motivi di censura, alla Corte Suprema.
Gli Ermellini rigettano il ricorso proposto dal Fisco. I giudici di legittimità hanno evidenziato che “un’operazione economica isolata non diretta al mercato, compiuta da una società commerciale, quand’anche l’atto costitutivo o lo statuto sociale prevedano che il sodalizio possa compiere operazioni di acquisto, ristrutturazione, vendita e locazione d’immobili, di per sé sola non può valere a dare consistenza ad un’attività imprenditoriale capace di giustificare l’inerenza dell’operazione passiva all’attività svolta”. La previsione statutaria riguardante tali attività riveste, ai fini della detraibilità dell’imposta assolta sulle operazioni passive, “un valore meramente indiziario circa l’inerenza dei relativi costi all’effettivo esercizio dell’impresa, ai sensi dell’articolo 19, comma 1 del d.P.R. 633/72; salvo che la società dimostri o che l’operazione, apparentemente singola, non sia isolata e che sia inserita in una specifica attività imprenditoriale, oppure che essa s’inserisca in un’attività immobiliare vera e propria, così che – in ambedue i casi – sia destinata, almeno in prospettiva, a generare lucro in proprio favore”.
In altri termini è necessaria la dimostrazione, il cui onere grava sul contribuente, dell’intento di finalizzare l’acquisto o la ristrutturazione dell’immobile all’espletamento dell’attività economica dichiarata, in quanto qualunque operazione se prodromica all’esercizio effettivo dell’attività di impresa, può essere considerata ai fini della detrazione dell’IVA assolta a monte, pure in difetto di operazioni attive (cfr. Cass. 2300/2005, n. 7808/2008 e n. 4157/2013).
La prova della effettiva utilizzazione dell’immobile ristrutturato ai fini dell’attività della società risulta fornita, come accertato dai giudici di merito, dal contribuente con la prova che l’attività di locazione immobiliare venne effettivamente intrapresa dalla contribuente negli anni successivi al completamento dei lavori di ristrutturazione, “comportando, quindi, a decorrere dal 1994, come riconosciuto dalle Entrate, un progressivo aumento dei ricavi assoggettati ad Iva. Ne discende, sulla scorta dei principi suesposti, che il disconoscimento del credito relativo alle spese di ristrutturazione di detto immobile – come correttamente ritenuto dal giudice di appello – non può considerarsi legittimo, attesa l’evidente finalizzazione di tale operazione al futuro esercizio dell’attività di impresa prevista dall’atto costitutivo e dallo statuto sociale”.
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