La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 16573 del 2 luglio 2013 interviene in tema di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi affermando che le sanzioni per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi non possono essere escluse in capo al contribuente sulla base della mera giustificazione dallo stesso fornita circa l’esclusione della propria responsabilità per aver consegnato la dichiarazione dei redditi all’intermediario abilitato alla trasmissione telematica. Per la revoca delle sanzioni, infatti, è necessaria una prova ben più fondata.
La vicenda ha inizio quando un contribuente propone ricorso contro avviso di diniego di condono e contro tre distinti avvisi di accertamento per IVA-IRPEF-IRAP relativi agli anni 1998-2000 nei quali era stata contestata l’omessa contabilizzazione e dichiarazione di redditi, in difetto dì presentazione di qualsivoglia dichiarazione per i predetti anni.
La Commissione Tributaria Regionale accoglie parzialmente le doglianze del contribuente. Infatti i giudici di appello hanno ritenuto “limitatamente al riconoscimento dei costi contabilizzati e disconosciuti dall’Ufficio ha motivato la decisione evidenziando che, ove sia stata del tutto omessa la presentazione della dichiarazione (e non potendosi fare applicazione del disposto dell’art.74 comma 2 e 3 del DPR n.597/1973 in tema di prova dei costi), occorre tenere conto anche delle componenti negative del reddito emerse dagli accertamenti compiuti, pena (in diversa ipotesi) l’assoggettamento ad imposta del profitto lordo anzicchè di quello netto. Quanto poi alle sanzioni, la CTR ne ha disposto la revoca, “considerato che il contribuente ha chiesto, anche se in modo erroneo, la definizione agevolata ….e che l’omessa presentazione delle dichiarazioni dei redditi, per effetto della mancata trasmissione all’anagrafe tributaria da parte dell’intermediario, può rappresentare motivo di giustificazione e di esclusione di responsabilità.”
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso in Cassazione avverso la sentenza dei giudici di appello fondandolo su due motivazioni.
Gli Ermellini “sulla scorta di considerazioni di puro principio circa la necessità di riconoscere i costi in sede di accertamento generato dall’omessa dichiarazione dei redditi (e facendo leva su un non meglio precisato giudizio positivo che la GdF avrebbe espresso circa le “scritture contabili”), ha ritenuto detraibili anche i costi che l’Ufficio ha analiticamente disconosciuto, così finendo per esentare il contribuente dall’onere di prova che gli incombe allorché siano stati contestati i requisiti di certezza ed inerenza dei costi medesimi (sul punto si veda la disciplina dettata oggi dall’art.109 DPR n.917/1986, già art.75 della vecchia formula del T.U.). Non resta che concludere nel senso che la violazione della regola di riparto dell’onere probatorio rende la pronuncia impugnata meritevole, sul punto, di cassazione.”
Pertanto per i giudici di legittimità la decisione assunta dai giudici tributari regionali è nulla in merito “al riconoscimento dei costi contabilizzati e disconosciuti dall’Ufficio, così come rilevati dal ‘Pvc’”, hanno affermato, i giudici di appello, che “ove sia stata del tutto omessa la presentazione della dichiarazione, occorre tenere conto anche delle componenti negative del reddito emerse dagli accertamenti compiuti”. Per i giudici della Cassazione, smentendo le “considerazioni di puro principio” dei giudici tributari “circa la necessità di riconoscere i costi in sede di accertamento generato dall’omessa dichiarazione dei redditi”. Nessuna possibilità di valutare come “detraibili anche i costi che l’Ufficio ha analiticamente disconosciuto”, perché, così facendo, evidenziano i giudici, si finisce “per esentare il contribuente dall’onere di prova che gli incombe allorché siano stati contestati i requisiti di certezza ed inerenza dei costi medesimi”.
Non accettabile, sempre secondo i giudici della Cassazione, anche la “revoca delle sanzioni”, ‘firmata’ dalla Commissione tributaria regionale: essa è stata fondata su una presunta “consegna delle dichiarazioni risultate omesse ad un intermediario”. E, in questo quadro, irrilevante è anche valutata la “presentazione di una dichiarazione integrativa” non conforme “al modello legale”.
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