La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 16334 del 28 giugno 2013 interviene in materia di accertamento sintetico statuendo che il maggiore valore dell’immobile definitivamente accertato ai fini del registro, costituisce una presunzione semplice anche per il calcolo del reddito sintetico dell’acquirente salvo che questi non motivi le ragioni della differenza di valore.
Ad una signora a cui era stato rettificato il reddito sinteticamente in base all’acquisto di un immobile avvenuto negli anni successivi. L’Agenzia delle Entrate, in particolare, procedeva sulla base dell’accertato, in via definitiva per mancata impugnazione, maggior valore ai fini del registro ben superiore rispetto a quello dichiarato nel rogito, attribuiva per la rettifica sintetica del reddito degli anni precedenti all’acquisto, un quinto del nuovo valore.
La signora avverso tale atto impositivo proponeva ricorso inanzi alla Commissione Tributaria, la quale sia in primo che in secondo grado, confermava l’operato dell’Amministrazione. I giudici di appello, in particolare, evidenziavano trattarsi di una compravendita la cui determinazione, in sede di imposta di registro, non era stata contestata dalla contribuente e come tale si era resa definitiva. Da qui il legittimo utilizzo anche ai fini della determinazione sintetica del reddito dell’acquirente.
La contribuente proponeva ricorso alla Corte Suprema per la cassazione della sentenza di appello lamentando che l’articolo 38 del Dpr 600/73 dispone che l’accertamento sintetico di maggior reddito debba basarsi su circostanze ed elementi di fatto certi. Per cui la Commissione Tributaria Regionale aveva erroneamente applicato tale norma ritenendo sufficiente il valore determinato ai fini del registro con atto non oppugnato dal contribuente.
Gli Ermellini, che accolgono il ricorso del contribuente, ha ribadito l’orientamento della Corte secondo cui sussiste una presunzione semplice, superabile dalla prova contraria del contribuente, di conformità del valore di mercato definitivamente accertato ai fini del registro rispetto al prezzo incassato per la vendita per la determinazione della plusvalenza in capo al venditore.
In tale contesto, tale presunzione opera anche ai fini del prezzo pagato per la determinazione del reddito sintetico. Nella specie il ricorso è stato accolto perché il contribuente aveva offerto delle prove circa il differente valore non esaminate dalla Commissione Tributaria Regionale.
Questo orientamento, ove confermato, deve far riflettere perché complica ulteriormente la difesa del contribuente nei casi di rettifica sintetica del reddito in presenza di acquisti di immobili. Basti pensare che, con le modifiche in vigore dal 2009, il prezzo di acquisto non viene più “spalmato” nei periodi di imposta precedenti ma calcolato nel solo anno in cui l’operazione è avvenuta. L’interpretazione suscita qualche perplessità perché la presunzione contenuta nell’ articolo 38 parte dal presupposto di acquisto di un bene con esborso (certo) di una precisa somma, la quale ove non giustificata rappresenta maggior reddito. Ora addirittura quel valore potrebbe non essere più certo (cioè quello corrisposto), ma rilevarsi dall’accertamento definitivo ai fini del registro che si basa, però, su differenti presupposti (valore di mercato e non somma pagata). Nelle more è opportuno, per evitare spiacevoli conseguenze, che gli acquirenti di immobili, prima di aderire a maggiori valori o prestare acquiescenza alle rettifiche, riflettano anche su questo nuovo aspetto rilevante per il redditometro nei loro confronti.
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