La Corte di Cassazione con la sentenza n. 34917 del 2013 intervenendo in materia di gare di appalto ha affermato che è sufficiente un collegamento sostanziale tra imprese per fare scattare la turbativa della gara pubblica. Senza alcun profilo di contrasto con la giurisprudenza comunitaria e anche se il risultato non è stato raggiunto.
La Corte con la sentenza in esame ha così respinto il ricorso presentato dalla difesa di un uomo condannato per alcuni episodi di turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente.
Gli Ermellini evidenziano innanzitutto che, per la configurazione del reato, la prova della collusione e, quindi, del dolo dei concorrenti, può anche essere tratta dal collegamento sostanziale tra le imprese partecipanti alla gara.
Pertanto da questa circostanza è possibileaccertare l’esistenza di un unico centro di interessi che punta, attraverso la parcellizzazione delle offerte, ad aumentare le possibilità di aggiudicarsi l’appalto alterando il normale gioco della concorrenza.
Per cui la Corte Suprema a tal proposito conferma, tra l’altro, il ragionamento della Corte di appello (che aveva proceduto alla condanna dell’uomo pur cancellando il capo d’imputazione dell’associazione per delinquere), per la quale, nel dare rilevanza al collegamento di fatto tra imprese, non esistono profili di contrasto con il principio enunciato dalla Corte di giustizia europea del 2009.
Con la predetta sentenza i giudici Ue stabilirono che la pubblica amministrazione non può escludere automaticamente dalla gara le imprese che risultano collegate da un rapporto formale di controllo; va invece effettuato, sempre secondo la Corte europea, una verifica concreta dell’impatto del legame all’interno della procedura.
La Corte di Cassazione si concentra poi sulla fisionomia del reato e sulla rilevanza penale delle condotte che lo concretizzano. Ha così modo di precisare che il delitto di turbata libertà degli incanti, se realizzato con la condotta di collusione, si consuma nel momento in cui è stata presentata l’ultima delle offerte illecitamente concordate, mentre nessuna importanza deve essere assegnata al successivo atto di aggiudicazione perché l’illecita influenza sulla procedura si verifica per il solo fatto della presentazione delle offerte.
Inoltre, osserva ancora la sentenza, il reato in questione è un reato di pericolo che si configura non solo nel caso di un danno effettivo, ma anche nel caso di danno mediato e potenziale, «non occorrendo l’effettivo conseguimento del risultato perseguito dagli autori dell’illecito, ma la semplice idoneità degli atti a influenzare l’andamento della gara». Per questo, già nei precedenti della Corte, è possibile trovare esempi di attribuzione di responsabilità penale allo scambio di informazioni tra più imprese prima dello svolgimento della gara, avvenuto con l’obiettivo di determinarne l’esito, malgrado poi, alla prova dei fatti, avesse inciso in maniera modesta sulla determinazione degli indici per l’individuazione dell’aggiudicatario e non fosse in assoluto idoneo a raggiungere l’obiettivo.
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