CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 14305 depositata il 13 luglio 2016
LICENZIAMENTO INDIVIDUALE – INVIO DI DOCUMENTI DA MAIL AZIENDALE A PERSONALE – CAUSA PER IL RICONOSCIMENTO DI MANSIONI SUPERIORI – RECESSO – NON SUSSISTE
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I.G.C. veniva licenziato da Multiss s.p.a. con comunicazione in data 20.9.2008 e successivamente con lettera raccomandata ricevuta il 23.9.2008, a seguito di contestazione disciplinare nella quale si diceva che dall’esame dei documenti che egli aveva prodotto nella controversia per il riconoscimento di mansioni superiori promossa contro la societa’ era emerso che si fosse impossessato ed avesse reso pubblica una lettera riservata personale inviata dal direttore ad altra dipendente in data 20 luglio 2007 e che egli avesse inviato dal suo indirizzo e-mail aziendale al suo indirizzo e-mail personale diversa documentazione, di varia natura, attinente rapporti che Multiss s.p.a. intrattiene con fornitori e committenti.
La Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, con la sentenza n. 283 depositata il 17 luglio 2012, confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva dichiarato l’inefficacia e l’illegittimita’ del licenziamento ed aveva ordinato alla societa’ di reintegrare il ricorrente nel posto di lavoro e di corrispondergli una somma pari alla retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento a quello della reintegrazione. La Corte territoriale condivideva in primo luogo la valutazione di inefficacia del licenziamento: argomentava che la prima comunicazione in azienda non risultava essere stata fatta per iscritto in quanto l’unico teste presente aveva riferito che contestualmente alla comunicazione lo I. aveva avuto un malore ed era stato portato via con ambulanza; peraltro, anche qualora la comunicazione fosse avvenuta per iscritto, essa non avrebbe avuto la forma della raccomandata prevista dal codice disciplinare, sicche’ l’unica comunicazione rituale era quella del 23 settembre, inefficace in quanto ricevuta in costanza di malattia. Il licenziamento era altresi’ illegittimo ad avviso della Corte, in quanto l’art. 8 del codice disciplinare aziendale richiamato dall’appellante a giustificazione del recesso per giusta causa lo prevede per l’ipotesi in cui il dipendente violi l’obbligo di fedelta’ ovvero per conto proprio o di terzi esplichi attivita’ in concorrenza ed allo stesso fine divulghi notizie attinenti l’azienda, mentre l’eventuale divulgazione per qualunque altro fine non poteva fondare il recesso e la produzione in giudizio dei documenti neppure poteva integrare una divulgazione. Peraltro, aggiungeva la Corte, si trattava di documenti attinenti pratiche curate dallo stesso appellato e venute in suo possesso perche’ indirizzate alla sua posta personale, ne’ l’azienda aveva provato che vi fosse divieto di lavorare o ultimare il lavoro a casa e quindi di trasmettersi documentazione via e-mail all’indirizzo privato; neppure risultava che la lettera riservata personale fosse stata illecitamente sottratta, in quanto un teste aveva riferito che egli l’aveva trovata sulla propria scrivania.
Per la cassazione della sentenza Multiss s.p.a. ha proposto ricorso, affidato a 13 motivi, illustrati anche con memoria ex art. 38 c.p.c., cui ha resistito con controricorso I.G.C..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. I motivi di ricorso vengono di seguito riassunti, accorpati per temi in quanto in tale ambito connessi.
1.1. Quelli dal primo al settimo attingono l’accertamento operato dalla Corte d’appello dell’inefficacia del licenziamento, in relazione al quale il giudice di merito sarebbe incorso nel vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ed avrebbe altresi’ violato plurime disposizioni di legge, in particolare in relazione a ciascun motivo cosi’ indicate: l’art. 2110 c.c. in relazione all’art. 2119 c.c.; gli artt. 1362 c.c. e segg. in relazione all’art. 8 del codice disciplinare aziendale; l’art. 115 c.p.c.; gli artt. 2110 c.c. e ss. in relazione agli artt. 1334 e 1335 c.c., gli artt. 115 e 116 c.p.c.; l’art. 2110 c.c. e segg. in relazione alla L. n. 604 del 1966, art. 2, artt. 1334 e 1335 c.c. e art. 138 c.p.c., nonche’ artt. 115 e 116 c.p.c.; l’art. 1350 c.c., comma 1, n. 13 in relazione alla L. n. 604 del 1966, art. 2 e all’art. 1352 c.c., artt. 1362 c.c. e segg. in relazione all’art. 2 del codice disciplinare aziendale, art. 115 c.p.c.; gli artt. 1362 c.c. e segg. in relazione all’art. 2 del codice disciplinare aziendale e art. 115 c.p.c.; gli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2110 c.c. in relazione all’art. 2119 c.c., nonche’ art. 149 c.p.c.; gli artt. 1362 c.c. e segg. in relazione all’art. 2 del codice disciplinare aziendale, 1362 e seguenti c.c. in relazione all’art. 1371 c.c., art. 115 c.p.c..
Sostiene la ricorrente: che l’inefficacia del licenziamento intimato nel periodo di malattia, prevista dall’art. 2110 c.c., non si applicherebbe al licenziamento intimato per giusta causa ai sensi dell’art. 2119 c.c., quale e’ quello di cui si discute; che la malattia era intervenuta dopo la consegna della lettera di licenziamento, validamente avvenuta con lettera raccomandata a mano il 20 settembre 2008, come risulterebbe dalla deposizione della teste D.L. che aveva riferito che il direttore aveva consegnato la lettera al ricorrente, anche se non era certa che questi l’avesse firmata, essendo stato male; ne’ poteva rilevare il fatto che il lavoratore potesse aver rifiutato di riceverla; che comunque il licenziamento era stato comunicato a mezzo di lettera raccomandata a mezzo del servizio postale inviata il 19 settembre 2008.
2. I motivi dall’ottavo al tredicesimo attingono la sentenza della Corte territoriale laddove ha ritenuto l’insussistenza della giusta causa di recesso.
La ricorrente deduce che la Corte di merito sarebbe incorsa nel vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ed avrebbe altresi’ violato plurime disposizioni di legge, in particolare in relazione a ciascun motivo cosi’ indicate: artt. 1362 c.c. e segg. in relazione all’art. 2105 c.c., art. 115 c.p.c.; l’art. 1362 c.c. in relazione all’art. 8 del codice disciplinare aziendale, l’art. 115 c.p.c.; l’art. 1362 c.c. in relazione all’art. 8 del codice disciplinare aziendale, gli artt. 1362 c.c. e segg. in relazione all’art. 2119 c.c., art. 1362 c.c. in relazione all’art. 2105 c.c., art. 2697 c.c., art. 115 c.p.c.; gli artt. 1362 c.c. e segg. in relazione all’art. 8 del codice disciplinare aziendale; gli artt. 1362 c.c. e segg. in relazione all’art. 2119 c.c.; gli artt. 1362 c.c. e ss. in relazione all’art. 2105 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c.; gli artt. 1362 c.c. e segg. in relazione all’art. 89 del codice disciplinare aziendale, art. 15 Cost., art. 115 c.p.c.; gli artt. 1362 c.c. e seguenti in relazione all’art. 8 del codice disciplinare aziendale, art. 1362 c.c. e segg. in relazione all’art. 2119 c.c., 1362 seguenti c.c. in relazione agli artt. 2104, 2105 e 2106 c.c., D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 23, artt. 115 e 116.
La societa’ lamenta che la Corte d’appello abbia ritenuto che, seppur disciplinarmente rilevante, la condotta posta in essere dallo I. non rientrasse nella previsione dell’art. 8 del codice disciplinare aziendale, in quanto la disposizione richiede che la divulgazione di notizie riservate aziendali sia passibile di licenziamento solo quando sia finalizzata all’espletamento di attivita’ in concorrenza. Sostiene che l’art. 2105 c.c. comprenda tutti i doveri connessi all’inserimento del lavoratore nella struttura e nell’organizzazione dell’impresa. Riferisce che la divulgazione dei documenti aziendali viola la segretezza della corrispondenza, che all’interno dei documenti prodotti nel giudizio di fronte al giudice del lavoro alcuni attenevano a rapporti con terzi e fornitori, la cui divulgazione era idonea ad alterare la parita’ di trattamento tra i fornitori, cui e’ tenuta Multiss cui si applica la normativa sugli appalti in quanto societa’ in house della provincia di Sassari. In relazione alla lettera riservata personale rivolta alla dott.ssa F.B., sostiene che doveva essere il ricorrente a dimostrare come egli ne fosse venuto lecitamente in possesso, non essendo sufficiente la testimonianza resa dal teste P. secondo il quale egli aveva trovato la comunicazione sulla scrivania, considerato che le testi F., S. e C. avevano riferito di non aver consegnato ne’ tantomeno lasciato la lettera sulla scrivania dello I.. Sostiene che da tutte le risultanze fattuali emergerebbe la gravita’ della condotta posta in essere dal lavoratore, che aveva l’abitudine di trattenersi in ufficio oltre l’orario di lavoro, in assenza di una prassi aziendale che consentisse di svolgere il lavoro a casa trasmettendo le mail aziendali.
3. I motivi concernenti l’esistenza (o meno) della giusta causa di recesso vengono esaminati per primi, in quanto riguardano l’illegittimita’ originaria dell’atto di recesso, laddove la ritenuta inefficacia attiene alla sua comunicazione e quindi ad un momento successivo.
3.1. All’esame di tali motivi occorre premettere che la decisione della Corte territoriale, che ha ritenuto l’insussistenza della giusta causa di recesso, e’ fondata su due distinte rationes decidendi: da un lato, la Corte di merito ha ritenuto che l’art. 8 del codice disciplinare preveda che la divulgazione di notizie riservate aziendali sia passibile di licenziamento solo quando sia finalizzata all’espletamento di attivita’ in concorrenza, dall’altro ha escluso che la produzione in giudizio di documentazione aziendale integri di per se’ la sanzionata “divulgazione”.
La correttezza di tale seconda ratio decidendi e l’inidoneita’ dei motivi proposti a revocare in dubbio la conseguente decisione e’ di per se’ idonea a determinare il rigetto del ricorso.
3.2. Occorre premettere che questa Corte ha tracciato una distinzione tra l’attivita’ di produzione in giudizio dei documenti aziendali riservati al fine di esercitare la difesa e l’attivita’ di impossessamento dei documenti aziendali (eventualmente prodromica alla successiva produzione dei documenti), da valutarsi caso per caso.
Sin dal 2002 (sentenza n. 6420) si e’ infatti chiarito che “il lavoratore che produca, in una controversia di lavoro intentata nei confronti del datore di lavoro, copia di atti aziendali, e riguardino direttamente la sua posizione lavorativa, non viene meno ai doveri di fedelta’, di cui all’art. 2105 c.c., tenuto conto che l’applicazione corretta della normativa processuale in materia e’ idonea a impedire una vera e propria divulgazione della documentazione aziendale e che, in ogni caso, al diritto di difesa in giudizio deve riconoscersi prevalenza rispetto alle eventuali esigenze di segretezza dell’azienda” (conf. Cass n 22923 del 2004, Cass., n. 153 del 2007, n. 3038 del 2011, n. 12119 del 2012, n. 20163 del 2012, n. 25682 del 2014). Occorre quindi valutare la legittimita’ delle modalita’ di impossessamento dei documenti, modalita’ che potrebbero in astratto, con valutazione da effettuarsi pero’ nel caso concreto, integrare la giusta causa di licenziamento per violazione dell’obbligo di fedelta’ di cui all’art. 2105 c.c.. Occorre, in definitiva, separare la questione della produzione dei documenti, con la prevalenza generale da attribuire al diritto di difesa e la connessa possibilita’ per il giudice di esaminare la documentazione prodotta dal lavoratore, da quella relativa alle modalita’ di acquisizione della documentazione; questione che dev’essere risolta tenendo presente la possibilita’ di ravvisare, nell’esercizio del diritto di difesa, una scriminante della condotta posta In essere dal lavoratore.
3.3. Tanto premesso, il motivo e’ inammissibile laddove sottopone a critica la ricostruzione fattuale operata dalla Corte territoriale in merito alle modalita’ con le quali il lavoratore e’ entrato in possesso della documentazione poi prodotta nella causa di lavoro per il riconoscimento di mansioni superiori. In tale ricostruzione, riassunta nello storico di lite, il giudice di merito ha compiutamente valorizzato le emergenze probatorie, tra cui le deposizioni testimoniali, ed ha escluso che lo I. avesse fatto ricorso a modalita’ in se’ riprovevoli, abusive o truffaldine e che la trasmissione di corrispondenza dalla casella di posta aziendale a quella personale fosse impedita da direttive o prassi aziendali.
Quello che i motivi sotto tale profilo richiedono a questa Corte e’ quindi di riesaminare tutte le risultanze richiamate, cercando in esse i contenuti che potrebbero essere rilevanti nel senso patrocinato, con una nuova completa valutazione delle risultanze di causa, inammissibile in questa sede, considerato che il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimita’ non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facolta’ di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilita’ e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicita’ dei fatti ad essi sottesi dando cosi’ prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge” (cosi’ tra le tante Cass. n. 22065 del 2014, Cass. n. 27197 del 2011).
3.4. Esclusa l’illegittimita’ delle modalita’ dell’impossessamento della documentazione, la Corte si e’ attenuta ai principi affermati nella materia in esame da questa Corte, sopra illustrati, correttamente escludendo che la produzione in giudizio dei documenti ne realizzasse la divulgazione contrattualmente sanzionata, il che rendeva infondato l’addebito posto a fondamento del recesso.
4. La conferma della sentenza gravata nella parte in cui ha ritenuto che il licenziamento non fosse sorretto da giusta causa assorbe l’esame degli ulteriori motivi che attingono la sentenza laddove ne ha ritenuto anche l’inefficacia, che restano privi di autonoma rilevanza, considerato che tale vizio sopravvenuto non ha determinato conseguenze ulteriori rispetto all’applicazione della tutela reale gia’ conseguenza del vizio originario.
5. In definitiva, il ricorso dev’essere respinto, con la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate come da dispositivo.
In considerazione della data di notifica del ricorso, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al primo periodo del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, ai fini del raddoppio del contributo unificato per i casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 100,00 per esborsi, rimborso spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 02 settembre 2020, n. 18245 - L'espletamento di altra attività, lavorativa ed extralavorativa, da parte del lavoratore durante lo stato di malattia è idoneo a violare i doveri contrattuali di correttezza e buona fede…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 22171 depositata il 13 luglio 2022 - L’affittuario si sostituisce al concedente nella posizione fiscale riferibile agli elementi patrimoniali conferiti nel ramo di azienda, posto che è il soggetto che si assume il…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 21338 del 6 luglio 2022 - Il disconoscimento della conformità di una copia fotostatica all'originale di una scrittura non ha gli stessi effetti del disconoscimento previsto dall'art. 215, comma 2, cod. proc. civ.,…
- INPS - Messaggio 08 maggio 2023, n. 1645 Telematizzazione del TFR per i dipendenti pubblici di cui al D.P.C.M. 20 dicembre 1999, e successive modificazioni Con la circolare n. 185 del 14 dicembre 2021 è stato comunicato l’avvio del nuovo processo di…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 29 settembre 2022, n. 28351 - In tema di obbligazione contributiva nelle assicurazioni obbligatorie, il datore di lavoro è direttamente obbligato verso l'ente previdenziale anche per la parte a carico dei lavoratori dei…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 19117 del 14 giugno 2022 - L'accertamento nei confronti del socio, di una società di capitale a ristretta base, è indipendente da quello svolto nei confronti della società, costituendo quest'ultimo unicamente il…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Gli amministratori deleganti sono responsabili, ne
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n 10739 depositata il…
- La prescrizione quinquennale, di cui all’art. 2949
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n. 8553 depositata il 2…
- La presunzione legale relativa, di cui all’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 10075 depos…
- Determinazione del compenso del legale nelle ipote
La Corte di Cassazione, sezione III, con l’ordinanza n.10367 del 17 aprile…
- L’agevolazione del c.d. Ecobonus del d.l. n.
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 7657 depositata il 21 ma…