La Corte di Cassazione sez. lavoro con la sentenza n. 23357 depositata il 15 ottobre 2013 intervenendo in materia di cessione d’azienda e licenziamenti ha affermato che il licenziamento del lavoratore è illegittimo e va reintegrato se l’oggetto della cessione non è ramo d’azienda ma una struttura riorganizzata ad hoc. Irrilevante ai fini dell’articolo 2112 Cc la riunione di varie attività sotto un’unica “etichetta” avvenuta prima del trasferimento.
La vicenda ha visto protagonista un lavoratore a cui veniva comunicato la risoluzione del rapporto di lavoro ed il suo contestuale trasferimento, con la cessione del ramo d’azienda, alla società acquirente. Il dipendente impugna, proponendo gravame al Tribunale, il licenziamento esprimendo il proprio dissenso all’operazione di cessione e chiedendo che fosse dichiarata l’illegittimità del trasferimento del ramo di azienda ex art. 2112 c.c., per mancanza dei presupposti o comunque per frode alla legge, e la condanna della B. al ripristino del rapporto di lavoro, oltre al risarcimento del danno.
La società datrice di lavoro, avverso al decisione del giudice di primo grado, propone ricorso alla Corte di Appello che respingeva il gravame. La società propone ricorso per la cassazione affidato a due motivi.
Gli Ermellini nel respingere il ricorso presentata e nel confermare la sentenza di merito hanno precisato, confermando quanto stabilito dalla sentenza dei giudici di merito, che le dimissioni hanno determinato la cessazione del rapporto lavorativo con la (…), ma non già la rinuncia all’azione nei confronti dell’odierna ricorrente, rinuncia che difetta di qualsiasi elemento probatorio.
Inoltre, si legge, nelle motivazioni che la società non ha provato quanto asserito, considerato erroneo dalla Corte, sulla “idoneità dell’atto di dimissioni nei confronti della società HP a costituire rinuncia a qualsivoglia pretesa nei confronti di altro soggetto giuridico, la società A.. La tesi, inoltre ed a ben vedere, presuppone in realtà sempre l’esistenza di un unico rapporto (“non avrebbe senso prestare le dimissioni nei confronti di un soggetto – il cessionario – con il quale il rapporto di lavoro era da considerarsi nullo sin dall’inizio”, pag. 9 ricorso), unicità che tuttavia poteva configurarsi, in presenza del contratto di cessione del ramo d’azienda e del passaggio del lavoratore presso la cessionaria, solo a seguito di pronuncia giudiziale di nullità del contratto. Occorre al riguardo rimarcare che questa Corte ha più volte osservato che l’interesse ad agire, in termini generali, si identifica nell’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice (Cass. 4 dicembre 2012 n. 21710; Cass. 9 maggio 2012 n. 7096; Cass. ord. 27 gennaio 2011 n. 2051; Cass. 17 maggio 2006 n. 11536).”
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