Corte di Cassazione, ordinanza n. 7857 depositata il 17 marzo 2023
trasferimento di ramo d’azienda
RILEVATO CHE
1. Il Tribunale di Milano decidendo sul ricorso proposto da D.R. nei confronti di I.I. s.p.a. e M.I. s.r.l., esclusa l’operatività dell’art. 2112 c.c. con riguardo all’operazione posta in essere dalle due società, dichiarò inefficace la cessione del rapporto di lavoro da I.I. s.p.a. a M.I. s.r.l. avendo accertato l’insussistenza del consenso del lavoratore e, per l’effetto, dichiarò la persistenza del rapporto di lavoro con I.I. s.p.a. alla quale ordinò il ripristino nelle mansioni corrispondenti respingendo le altre domande risarcitorie avanzate dal ricorrente.
2. La Corte di appello di Milano investita dei gravami proposti da parte di entrambe le società li rigettò osservando che nello specifico in mancanza di un ramo autonomo di azienda non era ravvisabile una valida cessione ai sensi dell’art. 2112 c.. Confermò che gravava sulla società che intendeva avvalersi della cessione allegare e dimostrare la sua esistenza. Verificò che in concreto tale onere era rimasto inadempiuto atteso che non era stata dimostrata la capacità del complesso ceduto di svolgere, autonomamente dal cedente e senza integrazioni da parte del cessionario, il servizio cui risultava finalizzato già nell’ambito dell’impresa cedente e prima della cessione tenuto conto del bagaglio professionale di conoscenze, esperienze e capacità tecniche del personale ceduto. In particolare, accertò che l’individuazione del complesso ceduto era stata compiuta da I.I. s.p.a. in epoca immediatamente antecedente la cessione creando all’interno della divisione GST due nuovi gruppi denominati T.S. e SDC, strutture che non avevano prima della loro creazione i requisiti di uniformità tecnica e autonomia funzionale. Confermò poi che, come già accertato dal Tribunale, il ramo TSS-SS trasferito a M. si configurava come un insieme di attività svolte nell’ambito dell’I.I. prive di capacità di provvedere a uno scopo produttivo con propri mezzi funzionali e organizzativi e che il personale era privo di una professionalità specifica e di un Know How tale da conferire autonomia operativa al gruppo di dipendenti. Inoltre, evidenziò che i processi decisionali dell’operatività della struttura ceduta erano rimasti presso la cedente anche dopo il passaggio alla società M..
3. Per la cassazione della sentenza hanno proposto distinti tempestivi ricorsi I.I. p.a. e M.I. s.r.l.. D.R. ha resistito con tempestivi controricorsi.
I3.1 n prossimità della adunanza fissata per la decisione della causa la I.I. s.p.a. ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis 1 c.p.c. con la quale ha dato atto della intervenuta conciliazione della controversia con il Ha depositato anche atto di rinuncia ai sensi dell’art. 390 c.p.c. corredato delle notifiche alle controparti. Pertanto, modificando le sue conclusioni, ha chiesto a questa Corte di accertare la sopravvenuta cessazione della materia del contendere dichiarando se del caso estinto il giudizio tra le parti e compensate le spese.
CONSIDERATO CHE
4. Preliminarmente va dichiarato estinto il giudizio tra I.I. s.p.a., D.R. e M.I. s.r.l.. La ricorrente I.I., essendo stata conciliata tra le parti nell’ambito di una transazione generale l’intera vicenda processuale, ha dichiarato di voler rinunciare a coltivare il ricorso proposto ed ha ritualmente notificato la sua rinuncia alle controparti. Ne segue che per tale parte il giudizio deve essere dichiarato estinto con compensazione delle spese.
5. Venendo all’esame del ricorso proposto da M.I. p.a. va rilevato che con il primo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 2112 c.c. alla luce della normativa comunitaria in tema di trasferimento di ramo di azienda (Direttiva CE n. 23/2001) e dei principi della giurisprudenza della C.G.U.E..
5.1 Nel riassumere gli orientamenti espressi dalla Cassazione e dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la ricorrente ritiene che il ramo di azienda possa essere individuato dalle parti “al momento del trasferimento” escludendo così la necessità della preesistenza come condizione di applicabilità della norma.
6. Con il secondo motivo di ricorso è denunciato l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in quanto la Corte di merito, nel verificare l’effettività del trasferimento di ramo di azienda, avrebbe trascurato di considerare che la società M., neo costituita, aveva svolto la sua attività avvalendosi esclusivamente dei rami ceduti da I.I. s.p.a., entità economiche idonee a consentire lo svolgimento dell’ attività d’impresa. La società del gruppo ADECCO si è immessa in un settore nuovo avvalendosi proprio delle conoscenze specialistiche del personale ceduto e ritagliandosi una fetta di mercato nel settore delle attività ITC che andava al di là dei rapporti con la I.I. s.p.a..
7. Con il terzo motivo di ricorso è denunciata la violazione e falsa applicazione degli 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 2112 c.c. come interpretato dalla normativa comunitaria e dalla C.G.U.E. e si sostiene che ciò che rileva ai fini dell’individuazione di una legittima cessione di ramo di azienda è che l’articolazione produttiva trasferita costituisca un complesso organizzato di persone e di elementi che abbia la capacità di fornire un servizio in modo autonomo. Erroneamente perciò la sentenza avrebbe trascurato di valutare l’esistenza di un’autonomia organizzativa e produttiva dei rami ceduti, costituiti già prima della cessione (T.S.s e SDC Shared Delivery Center), autonomamente produttivi di reddito e dotati di conoscenze e capacità professionali specialistiche che hanno determinato la cessione.
8. Tanto premesso sembra utile ricordare che ai fini del trasferimento di ramo d’azienda previsto dall’art. 2112 civ., anche nel testo modificato dall’art. 32 del d.lgs. n. 276 del 2003, costituisce elemento costitutivo della cessione l’autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la sua capacità, già al momento dello scorporo, di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere – autonomamente dal cedente e senza integrazioni di rilievo da parte del cessionario – il servizio o la funzione cui risultava finalizzato nell’ambito dell’impresa cedente al momento della cessione (v. tra le altre, Cass. n. 22249/2021, Cass. n. 20240/2020, Cass. n. 30667/2019, Cass. n. 11247/2016, Cass. n. 19141/2015).
8.1 Tale giurisprudenza è condivisibile anche nell’affermazione relativa alla necessità dell’ulteriore requisito della “preesistenza” (cfr., tra le altre, Cass. n. 1769/2018, Cass. n. 15438/2016), che deve essere letto in reciproca integrazione con l’elemento costitutivo dell’autonomia funzionale, in armonia con la giurisprudenza della Corte di Giustizia la quale ha chiarito che l’impiego del termine “conservi” nell’art. 6, 1, commi 1 e 4 della direttiva 2001/23/CE, “implica che l’autonomia dell’entità ceduta deve, in ogni caso, preesistere al trasferimento” (Corte di Giustizia, 6 marzo 2014, C-458/12; Corte di Giustizia, 13 giugno 2019, C-664/2017) ( cfr. per ulteriori riferimenti alle sentenze della Corte di Giustizia, Cass. n. 22249/2021).
9. Fatta questa doverosa premessa di carattere generale e venendo all’esame delle censure mosse alla sentenza della Corte di appello va rilevato che questa si è attenuta ai principi sopra ricordati e, procedendo ad una ricostruzione dei fatti quali sono risultati provati nel corso del giudizio li ha correttamente sussunti nei principi richiamati ed in concreto applicabili alla cessione di ramo di azienda.
9.1 Ha accertato che mancava un ramo autonomo di Ha ritenuto che gravasse sulla società che intendeva avvalersi della cessione allegare e dimostrare la sua esistenza. Ha verificato che in concreto tale onere era rimasto inadempiuto essendo restata indimostrata la capacità del complesso ceduto di svolgere autonomamente dal cedente e senza integrazioni da parte del cessionario il servizio cui risultava finalizzato già nell’ambito dell’impresa cedente e prima della cessione tenuto conto del bagaglio professionale di conoscenze, esperienze e capacità tecniche del personale ceduto. Più in particolare ha accertato che l’individuazione del complesso ceduto era stata compiuta da I.I. s.p.a. in epoca immediatamente antecedente la cessione creando all’interno della divisione GST due nuovi gruppi denominati T.S. e SDC strutture che non avevano prima della loro creazione i requisiti di uniformità tecnica e autonomia funzionale. Come già accertato dal Tribunale ha verificato che il ramo TSS-SS trasferito alla M.I. s.r.l. si configurava come un insieme di attività svolte nell’ambito dell’I.I. prive di capacità di provvedere a uno scopo produttivo con propri mezzi funzionali e organizzativi. Che il personale trasferito era privo di una professionalità specifica e di un Know How tale da conferire autonomia operativa al gruppo di dipendenti. Ha evidenziato che i processi decisionali dell’operatività della struttura ceduta erano rimasti presso la cedente anche dopo il passaggio alla M.I. s.r.l..
9.2 Si tratta di accertamenti di fatto che oggi si tenta di sovvertire ponendo l’accento sulla non necessità di una preesistenza del ramo di azienda ma il giudice di appello ha escluso in radice che potesse trattarsi di un vero e proprio ramo evidenziando che erano stati mantenuti dalla cedente controlli sull’attività e che erano assenti dati unificanti e qualificanti tra il personale ceduto, assenti altri elementi oggettivi di valutazione, che avrebbero consentito l’individuazione di una struttura autonoma. Si tratta all’evidenza di accertamenti di fatto che non sono qui censurabili e che sono stati correttamente sussunti nella fattispecie astratta pervenendo alla conclusione della insussistenza di una valida cessione di ramo di azienda.
9.3 Con specifico riguardo alla denuncia di violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., oggetto del terzo motivo, va qui ribadito che per dedurre la violazione dell’art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Cass. s.u. 30/09/2020 n. 20867 e Cass. 09/06/2021 n. 16016). In definitiva non può porsi una questione di violazione o di falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione ad una ritenuta erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (cfr. Cass. 27/12/2016 n.27000 e 17/01/2019 n. 1299)
10. In conclusione il ricorso proposto da M.I. s.r.l. deve essere dichiarato inammissibile e le spese, che seguono la soccombenza, sono liquidate in dispositivo e distratte in favore degli avvocati che se ne sono dichiarati antistatari. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002 va poi dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente M.I. s.r.l. dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto da M.I. s.r.l. e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore di D.R. che si liquidano in € 5.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge. Spese da distrarsi.
Dichiara estinto il processo tra I.I. s.p.a., D.R. e M.I. s.r.l. e compensa tra le parti le spese.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente M.I. s.p.a. dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.