La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sentenza n. 27678 del 11 dicembre 2013 intervenendo in tema di sanzioni amministrative ha statuito che la valutazione del carattere meramente formale della violazione deve essere compiuto non via meramente astratta ma con riguardo alla specifica fattispecie concreta ed inoltre è posto a circo dimostrare l’elemento della correlazione tra il ritardo dell’adempimentoi ed il danno patrimoniale arrecato all’Erario.
La vicenda ha visto protagonista una società di capitale che non aveva osservato i termini per la annotazione delle operazioni imponibili nel registro dei corrispettivi previsti dal DPR n. 633/1972, infatti erano stati registrati entro la data di presentazione della dichiarazione IVA. Il Fisco aveva provveduto alla notifica dell’avviso di irrogazione delle sanzioni per ritardata registrazione. La società contribuente impugna l’atto ricevuto inanzi alla Commissione Tributaria Provinciale i cui giudici accoglievano le doglianze della ricorrente. L’Agenzia delle Entrate impugnava la pronunci del giudice di prime cure inanzi alla Commissione Tributaria Regionale che rigettava il gravame del Fisco confermando la sentenza di primo grado. I giudici di appello motivavano la loro decisione ritenendo che la tardiva registrazione dei corrispettivi consisteva in una mera violazione formale senza debito d’imposta, e pertanto non dovevano essere irrogate sanzioni pecuniarie, ai sensi dell’art. 10, Legge n. 212/2000.
L’ Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso, affidandosi a quattro motivi di censura, per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale inanzi alla Corte Suprema.
Gli Ermellini hanno rigettato il ricorso del Fisco statuendo che non è punibile l’imprenditore che annota in ritardo i corrispettivi nel registro. Per i giudici del Palazzaccio l’Amministrazione dovrebbe dimostrare il pregiudizio all’attività di controllo dell’Ufficio, in quanto lo Statuto del Contribuente all’art. 10 prevede che l’individuazione del carattere meramente formale delle violazioni tributarie non possa essere desunto solo dall’irrogazione delle sanzioni pecuniarie senza essere seguito dall’emissione di atti impositivi.
La Corte di Cassazione ribadisce che “le norme sanzionatorie intendono, infatti, reprimere anche le condotte cd. prodromiche alla evasione d’imposta, come emerge indiscutibilmente dalle relazione di accompagnamento del decreti legislativi nonché dalle singole fattispecie sanzionate tra cui, con specifico riferimento al caso concreto, tutte le condotte che si risolvono nel ritardato adempimento di oneri di tipo formale”.
La sentenza in commento ricorda tra le cause di non punibilità sono incluse anche “le violazioni che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo: la causa di non punibilità opera, pertanto, soltanto nel ricorso cumulativo di entrambe le condizioni indicate e, quanto alla verifica delle stesse viene richiesta una valutazione di tipo oggettivo da condursi “ex ante” in relazione quindi alla obiettiva potenziale idoneità della condotta violativa a determinare un ostacolo all’esercizio delle rilevazioni contabili ed al controllo dei documenti e registri da parte degli Uffici finanziari ovvero a determinare sottrazioni di imponibile od anche ritardi negli adempimenti relativi al versamento delle imposte”.
Per cui alla luce di quanto sopra il ritardo dell’amnotazione delle operazioni imponibili nel registro dei corrispettivi di per sè non è sufficiente ad ostacolare l’attività di controllo dell’Amministrazion Finanziaria. Per poter sanzionare tale comportamento occorrono ulteriori elementi circostanziali (quali ad esempio, la omessa tenuta e conservazione di altri documenti contabili dai quali risultano agevolmente identificabili le operazioni imponibili effettuate, o ancora il compimento di atti inequivocamente diretti ad occultare tali documenti al fine di dissimulare una apparente coerenza tra i dati contabili non rispondenti alla realtà economica della impresa) per determinare un effettivo impedimento all’esercizio dell’attività da parte dei verificatori.
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