Corte di Cassazione sentenza n. 2726 del 4 febbraio 2011
ACCERTAMENTO SINTETICO – PRESUNZIONE DI REDDITO – ASSENZA DI PROVA LIBERATORIA DEL CONTRIBUENTE – IL GIUDICE NON PUO’ IN TAL CASO SVALUTARE I BENI – INDICI
massima
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E’ legittimo l’accertamento sintetico del reddito, fondato sulla disponibilità di due autovetture (sia pure di lontana immatricolazione) e di un immobile gravato di mutuo, quando il contribuente non fornisce prova sufficiente del fatto che gli elementi posti a base della presunzione di reddito non sono invece dimostrativi della capacità contributiva. La mancata giustificazione della capacità di risparmio indispensabile per la manutenzione delle due autovetture e per l’incremento patrimoniale preclude al giudice tributario il potere di togliere a tali “elementi” la capacità presuntiva “contributiva” che il legislatore ha connesso alla loro disponibilità; il giudice può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile o perchè già sottoposta ad imposta o perchè esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso dei beni indicati dalla norma.
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’Agenzia delle Entrate in persona del Direttore pro tempore ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Regionale della Campania Sez. Stacc. di Salerno dep. il 04/02/2005 che aveva, rigettando l’appello dell’Ufficio, confermato la sentenza della CTP di Avellino che aveva accolto il ricorso del medesimo avverso l’avviso di accertamento per Irpef e Ilor per l’anno 1997. La CTR aveva ritenuto non fondato l’accertamento sul possesso di due autovetture di lontana immatricolazione e sul possesso di un immobile gravato di mutuo e l’Ufficio non aveva documentato che i redditi conseguiti dal 1991 al 1999 non giustificavano la capacità di risparmio indispensabile per la manutenzione delle due autovetture e l’incremento patrimoniale”.
La ricorrente pone a fondamento del ricorso tre motivi fondati su violazione di legge e il vizio motivazionale. Il contribuente non ha resistito.
La causa è stata rimessa alla decisione in pubblica udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., per extra petizione. La censura appare in realtà riferita alla sentenza di primo grado che aveva giudicato illegittimo un modello accertativo non contestato in quanto tale dal contribuente. Sulla base di tale rilievo l’Agenzia ricorrente ritiene che la Commissione tributaria regionale avrebbe dovuto limitarsi ad annullare la sentenza di primo grado.
Il motivo è infondato, invocando la ricorrente una inammissibile rimessione al giudice di primo grado da parte del giudice del gravame, non potendo questo ultimo, se non per le ipotesi di cui agli artt. 353 e 354 c.p.c. (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 59, per il processo tributario), rimettere la causa al primo giudice, ma dovendo decidere nel merito, e ciò anche nelle ipotesi di omessa o extra pronunzia, in ordine alla cui deduzioni il motivo è anche non autosufficiente, non essendo state riportate le domande introduttive e la pronunzia del giudice di primo grado. Con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma, e i D.M. 10 settembre 1992, e D.M. 19 novembre 1992, e altresì anche falsa applicazione degli artt. 2727 e 2697 c.c., essendo, ai fini della prova del maggiore reddito, sufficiente il possesso di beni-indice spostandosi poi a carico del contribuente la prova che la spesa sia stata sostenuta con redditi esenti o già tassati o che la spesa sia inferiore. Col terzo motivo deduce omessa o insufficiente motivazione in ordine alla valutazione dei superiori indici.
I motivi, che per la stretta connessione logica e giuridica, devono essere esaminati congiuntamente, sono fondati.
Deve essere premesso in diritto che questa Corte (Cass. n. 1909/2007) ha ritenuto che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 4, prevede (al primo periodo) che gli uffici finanziari, in base ad elementi e circostanze di fatto certi, possano “determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato”.
Altresì (Cass. n. 16284/2007) ha ritenuto che” in tema di accertamento dei redditi, costituiscono – ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 2, (nel testo originariamente vigente) “elementi indicativi di capacità contributiva”, tra gli altri, specificamente la “disponibilità in Italia o all’estero” di “autoveicoli”, nonché di “residenze principali o secondarie”. La disponibilità di tali beni, come degli altri previsti dalla norma, costituisce, quindi, una presunzione di “capacità contributiva” da qualificare “legale” ai sensi dell’art. 2728 c.c., perché è la stessa legge che impone di ritenere conseguente al fatto (certo) di tale disponibilità la esistenza di una “capacità contributiva”.
Pertanto, il giudice tributario, una volta accertata l’effettività fattuale degli specifici “elementi indicatori di capacità contributiva” esposti dall’Ufficio, non ha il potere di togliere a tali “elementi” la capacità presuntiva “contributiva” che il legislatore ha connesso alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile o perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso dei beni indicati dalla norma”.
Analogamente Cass. n. 5991/2066 ha ritenuto che l’accertamento sintetico, con metodo induttivo, consentito all’amministrazione finanziaria dalle norme contenute nel D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 4 e 5, (disposizioni introdotte dalla L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 1), consiste nell’applicazione di presunzioni semplici, in virtù delle quali, com’è risaputo (art. 2727 c.c.), l’ufficio finanziario è legittimato a risalire da un fatto noto a quello ignorato (sussistenza di un certo reddito e, quindi, di capacità contributiva). La suddetta presunzione semplice genera peraltro l’inversione dell’onere della prova, trasferendo al contribuente l’impegno di dimostrare che il dato di fatto sul quale essa si fonda non corrisponde alla realtà (Cass. n. 14778/2000).
Il thema decidendum rimane perciò circoscritto alla questione della sufficienza della prova, che il contribuente deve offrire, sul fatto che l’elemento posto dal fisco a base della presunzione di reddito non è invece dimostrativo di capacità contributiva.
Le SS.UU. n.26635/2009 in tema di studi di settore hanno confermato un tale indirizzo. Ora quando la CTR ha premesso che” il potere di rettifica in esame non è stato legittimamente e fondatamente esercitato in quanto per l’anno 1997 il maggior reddito di C.G. è stato determinato in conseguenza della disponibilità di due autovetture di cui la prima immatricolata nel lontano 1977 e la seconda nel lontano 1980 e dalla residenza principale gravata da mutuo” (rimarcando “lontano” e “gravato da mutuo” ha operato la svalutazione degli indici medesimi) e ha concluso che”l’Ufficio non ha documentato in sede contenziosa che i redditi conseguiti dal contribuente dal 1991 al 1999 non giustificano la capacità di risparmio indispensabile per la manutenzione delle due autovetture e l’incremento patrimoniale”, non ha fatto buon uso dei superiori principi, onde la superiore sentenza deve essere cassata, con necessità di rinvio per la corretta applicazione dei medesimi.
La CTR provvederà anche sulle spese.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione accoglie il secondo motivo, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla CTR della Campania.
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