CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 31 maggio 2017, n. 13738
Tributi – Riscossione – Fermo amministrativo – Obbligo di invio preventivo dell’intimazione ex art. 50, D.P.R. n. 602 del 1973 – Esclusione
Fatti di causa
E.S. S.p.A. ricorre con un unico motivo avverso la sentenza della CTR del Lazio, n. 168/9/11, depositata in data 27.9.2011, con la quale i giudici di appello, in tema di opposizione a fermo amministrativo, confermando la sentenza di primo grado, accoglievano il ricorso di M. A. F., per mancato invio della previa intimazione di cui all’art. 50 d.P.R. n. 602 del 1973. Ha resistito con controricorso la contribuente, illustrato con memorie.
Ragioni della decisione
1. Il Collegio ha disposto, come da decreto del Primo Presidente del 14.9.2016, che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.
Con l’unico motivo di ricorso, E. S. S.p.A., deducendo violazione di legge, si duole per avere il giudice di appello ritenuto la necessità del previo invio della intimazione di cui all’art. 50 d.P.R. n. 602 del 1973 o di altra comunicazione, nel caso di iscrizione ipotecaria, o di preavviso di fermo, laddove essa non sarebbe necessaria ai fini della validità del provvedimento.
2. Il motivo è fondato.
Risulta dai fatti di causa che la contribuente proponeva opposizione al fermo amministrativo, il cui presupposto era rappresentato da diverse cartelle di pagamento, tutte regolarmente notificate e mai opposte, divenendo così definitive ed inoppugnabili. Ciò premesso, la contribuente ha censurato il provvedimento per violazione dell’art. 50 del d.P.R. n. 602 del 1973, posto che l’attività di espropriazione aveva avuto inizio decorso l’anno dalla notifica della cartella di pagamento e senza che fosse stata preceduta da alcuna notifica di intimazione ad adempiere.
La doglianza non può essere condivisa, in ragione dei principi espressi dalle Sezioni Unite, 11 maggio 2009, n. 10672:
“Il preavviso di fermo è stato istituito dall’Agenzia delle Entrate con nota n. 57413 del 9 aprile 2003, disponendo che i concessionari, una volta emesso il provvedimento di fermo amministrativo dell’auto, ma prima di procedere alla iscrizione del medesimo, comunichino al contribuente moroso – che non abbia cioè provveduto a pagare il dovuto entro i sessanta giorni dalla notifica della cartella – un avviso ad adempiere al debito entro venti giorni, decorsi i quali si provvede a rendere operativo il fermo. La richiamata nota dell’Agenzia delle Entrate dispone, inoltre, che nell’ipotesi di persistente inadempimento il preavviso “vale, ai sensi del D.M. 7 settembre 1998, n. 503, art. 4, comma 1, secondo periodo (il quale resta applicabile, giusta la disposizione di cui al d.l. n. 203 del 2005, art. 3, comma 41, convertito con modificazioni con I. n. 248 del 2005, fino all’emanazione del decreto ministeriale previsto dal d.P.R. n. 602 del 1973, art. 86, comma 4, in ordine alle procedure per l’esecuzione del fermo amministrativo), come comunicazione di iscrizione del fermo a decorrere dal ventesimo giorno successivo”. Ne consegue che il preavviso è sostanzialmente l’unico atto mediante il quale il contribuente viene a conoscenza della esistenza nei suoi confronti di una procedura di fermo amministrativo dell’autoveicolo”.
Da quanto sopra emerge che il preavviso di cui all’art. 50 cit. è assicurato dall’avviso ad adempiere entro venti giorni contenuto nel provvedimento di fermo.
Il principio è stato recentemente affermato da questa Corte con sentenza n. 26075 del 2015, secondo cui:
“In materia tributaria, il fermo amministrativo adottato a distanza di oltre un anno dalla notifica della cartella di pagamento è legittimo, nonostante non sia stato preceduto dall’avviso di cui all’art. 50, comma 2, del d.P.R. n. 602 del 1973, atteso che l’invito ad adempiere entro cinque giorni all’obbligo risultante dal ruolo è assicurato dall’avviso ad a- dempiere entro venti giorni contenuto nello stesso provvedimento di fermo, sicché risulta ugualmente realizzata la finalità di garanzia del contribuente” (Cass. n. 26075 del 2015; Cass. n. 26075 del 2015; Cass. S.U. n. 9568 del 2014; Cass. n. 24646 del 2011).
3. La sentenza della Commissione Tributaria Regionale non si è uniformata all’enunciato principio, con la conseguenza che la pronuncia va cassata. Ricorrendone le condizioni, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso introduttivo proposto dalla contribuente. Tenuto conto dell’andamento della lite nei gradi di merito e del recente consolidarsi dell’indirizzo giurisprudenziale richiamato, vanno compensate le spese di lite dell’intero giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario proposto dalla contribuente. Compensa le spese di lite dell’intero giudizio.
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