CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 11438 depositata il 1° giugno 2016
TRIBUTI – IRPEF, IRAP, IVA, ADDIZIONALI REGIONALI E COMUNALI – ACCERTAMENTO CON ADESIONE – CONTRADDITTORIO
IN FATTO
G.S. propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia Sez. Staccata di Catania n. 2348/34/2014, depositata in data 18/07/2014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento, a fini IRPEF, IRAP, IVA, addizionali regionali e comunali, in relazione all’anno 2006 ed al reddito da lavoro autonomo – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva solo parzialmente accolto il ricorso del contribuente, riducendo la ripresa a tassazione del reddito, ma respingendo eccezioni preliminari (di invalidità dell’avviso) sollevate dal contribuente.
In particolare, i giudici d’appello, respingendo il gravame del contribuente, in parte perché infondato, in parte perché inammissibile, per difetto di specificità, hanno richiamato, per quanto qui interessa, la motivazione espressa dai giudici di primo grado, in ordine all’infondatezza del motivo concernente “l’invalidità a causa del mancato invito al contraddittorio a seguito di istanza di accertamento con adesione formulata dal ricorrente”.
A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.
IN DIRITTO
1. Il ricorrente lamenta, con unico motivo, ex art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione dell’art. 6 d.lgs. 218/1997 (nonché degli artt. 1, 6, 10 c 12 L. 212/2000, 10, 12, 3, 23, 53, 97, 111 Cost.), non avendo i giudici della C.T.R. dato il giusto rilievo al fatto che non era stato dato seguito all’istanza di accertamento con adesione presentata da esso contribuente e che l’Ufficio non aveva provveduto al rituale invito al contraddittorio, con violazione del proprio diritto di difesa e del principio generale, immanente nell’ordinamento, di garanzia del contraddittorio endoprocedimentale.
2. La censura è infondata.
Invero, la sospensione del termine per l’impugnazione degli atti impositivi prevista dal d.lgs. n. 218 del 1997, art. 6, comma 3, in caso di presentazione di istanza di definizione, da parte del contribuente, a seguito, come nella specie, di notifica di avviso di accertamento, è volta a garantire un concreto spatium deliberando in vista dell’accertamento con adesione (il cui esperimento resta, appunto, consentito) e va riferita al relativo procedimento, che ha natura amministrativa (cfr. Cass. n. 28051 del 2009: “In tema dì accertamento con adesione , la presentazione di istanza di definizione da parte del contribuente, ai sensi del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, non comporta l’inefficacia dell’avviso di contraddittorio, ma solo la sospensione del temine di impugnazione per un periodo di 90 giorni, decorsi i quali, senza che sia stata perfezionata la definizione consensuale, l’accertamento diviene comunque definitivo, in assenza di impugnazione, anche se sia mancata la convocazione del contribuente, che costituisce per l’Ufficio non un obbligo, ma una facoltà, da esercitare in relazione ad una valutazione discrezionale del carattere di decisività degli elementi posti a base dell’ accertamento e dell’opportunità di evitare la contestazione giudiziaria).
Le Sezioni Unite di questa Corte, con la pronuncia n. 3676/2010, hanno espressamente affermato che “In tema di accertamento con adesione, la mancata convocazione del contribuente, a seguito della presentazione dell’istanza ex art. 6 del d.lgs. 16 giugno 1997, n. 218, non comporta la nullità del procedimento di accertamento adottato dagli Uffici, non essendo tale sanzione prevista dalla legge” (conf. Cass. 29127/2011; Cass. 21760/2012).
Né rileva, nella fattispecie, quanto affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 19667/2014 (e nella gemella n. 19668/2014), considerato quanto chiarito dalle stesse Sezioni Unite nella sentenza successiva n. 24823/2015, in ordine al fatto che “in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, non sussiste per l’Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale per gli accertamenti ai fimi lrpeg ed lrap, assoggettati esclusivamente alla normativa nazionale, vertendosi in ambito di indagini cd. “a tavolino”. Così le Sezioni Unite, hanno precisato, con riguardo proprio ai precedenti citati del 2014, che va escluso il riconoscimento di una generalizzata espansione della garanzia del contraddittorio endoprocedimentale, quale espressione di principio immanente all’ordinamento nazionale ed a quello europeo, in quanto detto riconoscimento è “rimasto fuori dall’ambito del principio di diritto propriamente enucleabile dalle pronunzie medesime”, stante il tema specifico in concreto affrontato (le iscrizioni ipotecarie ex art. 77 d.p.r. 602/1973).
E possono qui richiamarsi tutte le argomentazioni espresse nella sentenza citata n. 24823/2015, in ordine alla valenza della disciplina comunitaria ed alla manifesta infondatezza di questioni di legittimità costituzionale.
3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.
Le spese liquidate come in dispositivo seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del DPR 115/2002, si dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 3.000,00, a titolo di compensi, oltre eventuali spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
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