COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE per le Marche sez. 6 sentenza n. 192 depositata il 22 marzo 2017
Accertamento in capo al lavoratore autonomo: non rilevano le presunzioni sulla base di versamenti e prelevamenti
Massima:
La presunzione di cui all’art. 32 del D.P.R. n. 600/1973, secondo cui sia i prelevamenti sia i versamenti operati sui conti correnti bancari vanno imputati ai ricavi se il contribuente non ne dimostra l’inclusione nella base imponibile oppure l’estraneità alla produzione del reddito, si riferisce ai soli imprenditori e non anche ai lavoratori autonomi. La sentenza della Corte costituzionale n. 228/2014 ha, infatti, eliminato la modifica della citata norma apportata dall’art. 1, comma 402, legge n. 311/2004, per cui non è più sostenibile l’equiparazione, ai fini della presunzione, tra attività di impresa e professionale. Inoltre è altresì condivisibile l’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione secondo cui anche la presunzione sulla base dei versamenti deve ritenersi non riferibile ai professionisti (in tal senso, Cass. civ., sez. V, sent. n. 12779 del 21.06.2016; Id., sent. n. 16440 del 05.08.2016).
Testo:
FATTO, SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE.
L’Arch. T. A. ricorreva avverso l’avviso di accertamento n. R9A01T300672 2007 con cui l’Agenzia delle Entrate di Ancona ha determinato, per l’anno 2001, un maggior reddito con conseguente maggiori imposte IRPEF, IRAP ed IVA.
Il maggior reddito era stato riconosciuto a norma dell’art. 32 del D.P.R. 600/1973 a seguito di accertamenti bancari.
Questi motivi di impugnazione prospettati dal ricorrente:
-Omessa motivazione; violazione dell’art. 7 Legge 212/2000; art. 42 D.P.R. 600/73; art. 56 D.P.R. 633/72;
-irretroattività della norma dell’art. 32 D.P.R. 600/73; -art. 32 del D.P.R. non è stato interpretato secondo la decisione della Corte Costituzionale;
-sanzioni.
Non possono essere applicate sanzioni sulla base di presunzioni. Per detti motivi il Ricorrente chiedeva l’accoglimento del ricorso e l’annullamento dell’accertamento impugnato. Nel giudizio si costituiva l’Agenzia delle Entrate di Ancona che concludeva per il rigetto del ricorso.
La Commissione Tributaria Provinciale di Ancona, con Sentenza n. 133/05/09, pronunciata il 19/12/2008 e depositata in Segreteria il 26/05/2009, ha accolto il Ricorso compensando tra le parti le spese di lite. Il Giudicante di prime cure ha argomentato nei seguenti termini: “La Commissione ritiene che il ricorso dell’Arch. T. debba essere accolto. Queste le ragioni. La norma del comma 402 della Legge 311/2004 (legge finanziaria 2005) che estende il controllo dei movimenti bancari ai contribuenti professionisti non può essere applicata retroattivamente per l’anno di imposta 2001. E ciò in considerazione che la norma della legge finanziaria introduce l’inversione dell’onere della prova in ordine ai movimenti bancari presi in esame, per cui il contribuente deve giustificare le movimentazioni bancarie ed in mancanza, l’Amministrazione Finanziaria procede alla ricostruzione del reddito. L’applicazione di detta norma, avente natura sostanziale e non procedimentale, presuppone che il contribuente professionista tenga una analitica documentazione contabile che dimostri per ogni singola operazione bancaria la documentazione giustificatrice. Il che non può essere disposto in modo retroattivo in violazione dell’art. 3 della Legge n. 212 del 2000 (statuto del contribuente). L’accoglimento del ricorso per quanto innanzi esposto esime la Commissione dall’esaminare gli altri motivi di impugnazione esposti nel ricorso. Appaiono plausibili ragioni per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.”
Avverso la predetta decisione ha proposto ritualmente appello l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Ancona.
L’Ufficio Tributario ha proposto quale primo motivo di gravame la errata interpretazione ed applicazione dell’art. 32, comma 1, n. 2 D.P.R. 600/1973 per effetto delle modifiche apportate dall’art. 1, commi 402, 403 e 404 della Legge 311/2004.
In sostanza l’Ufficio appellante sostiene che la novella introdotta dall’art. 1, comma 402 della Legge 311/2004, che ha esteso il controllo dei movimenti bancari ai contribuenti professionisti, essendo norma di carattere procedurale, deve essere applicata retroattivarnente ossia anche per l’anno di imposta 2001.
Il secondo motivo di gravame concerne la eccepita insufficiente ed illogica motivazione assunta dai primi Giudici in ottime alla mancata, secondo il contribuente, illustrazione delle ragioni per le quali era ritenuta la natura sostanziale dellart.32 D.P.R. 600/73, modificato al comma 2 dalla Legge 311/2004.
L’Ufficio appellante ha rassegnato le seguenti conclusioni: ” ….si chiede che la Commissione adita voglia accogliere il ricorso in appello della Direzione Provinciale di Ancona e per l’effetto riformare la Sentenza ti. 133/05/09 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Ancona in data 19/12/2008 e depositata il 26/05/2009. Con vittoria di spese di ogni stato e grado di giudizio”
Con Comparsa di Costituzione e Risposta depositata in data 21/11/2012 l’Arch. T. A., a mezzo del suo difensore Avv. P. S., si è costituito nel giudizio de-quo. Nell’atto difensivo l’Appellato ha contestato quanto argomentato da parta appellante in ordine alla retroattività della norma (art. 32 D.P.R. 600/73modificato dall’art. 1, comma 402 della Legge 311/2004) sostenendo la natura sostanziale della modifica ed ha altresì sostenuto che la Sentenza di primo grado era correttamente e congruamente motivata.
L’Appellante ha, infine, riproposto le altre eccezioni difensive ritenute assorbite dal primo Giudice ed ha casi concluso: ‘Codesta Ecc.ma Commissione Tributaria Regionale delle Marche di Ancona Voglia rigettare l’appello dell’Ufficio, in quanto non fondato in atto ed in diritto e per l’effetto Voglia confermare la Sentenza di primo grado, con ogni conseguente statuizione in ordine alla integrale rifusione delle spese del presente grado di giudizio’.
Alla pubblica udienza del giorno 23/01/2017 sono comparsi i rappresentanti delle parti i quali hanno insistito nelle rispettive tesi difensive.
Ciò premesso, questa Commissione Tributaria Regionale delle Marche, Sezione Sesta, letti gli atti del giudizio, udite le parti presenti all’udienza, statuisce quanto appresso.
L’appello proposto dall’Ufficio è infondato e va respinto.
Dunque, l’accertamento de-quo è inequivocabilmente basato sulla verifica dei conti correnti accesi dal Contribuente ex art. 32 dei D.P.R. 600/1973. Detto articolo ha subito nel corso degli anni interventi normativi e giurisprudenziali profondi che ne hanno modificato la struttura e il contenuto. La norma in questione è stata in principio novellata dalla Legge n. 311 dei 2004, comma 402, con effetto dall’anno 2005, che ha consentito agli Uffici finanziari di applicare la presunzione ivi contenuta anche nei confronti dei professionisti, fatta salva la possibilità per il contribuente di provare che determinati accrediti non costituiscono proventi della propria attività professionale. Un primo quesito da risolvere concerne l’applicazione retroattiva della citata novella. Ad avviso dell’Amministrazione finanziaria l’estensione della normativa ai professionisti della presunzione di imponibilità delle operazioni di prelevamento ha efficacia retroattiva, essendo suscettibile di trovare applicazione anche con riferimento a periodi di imposta antecedenti la sua entrata in vigore. Detta affermazione viene giustificata dall’Amministrazione facendo leva sul presunto carattere procedimentale della norma, affermandosi che essa, in quanto destinata ad incidere esclusivamente sulla disciplina dei poteri istruttori, è insuscettibile di influire sulle regole di determinazione e quantificazione del reddito. Secondo diverso orientamento, soltanto a partire dal 1 gennaio 2005, data di entrata in vigore delle modifiche in oggetto, la presunzione di imponibilità delle operazioni di prelevamento può trovare applicazione nei confronti degli esercenti arti e professioni. La sua applicazione a periodi di imposta precedenti non può essere giustificata né attraverso l ‘interpretazione dell’art. 32, comma 1, n. 2), prospettata dalla Corte di Cassazione, né attraverso il tentativo dell’Amministrazione finanziaria di far sembrare come norma avente natura meramente procedimentale e, quindi, retroattiva, una disposizione che, introducendo una presunzione legale relativa a favore della stessa Amministrazione, è in grado dl condizionare l’esito della lite, ossia l’esito della definizione del rapporto controverso. Orbene, questo Collegio, in totale condivisione con quanto statuito dal Giudice provinciale, ritiene che la previsione del novellato art. 32 cit., pur collocandosi nell’ambito di una disciplina di carattere procedimentale, esplica effetti sostanziali in punto di determinazione del reddito e di conseguenza, sotto questo profilo, non si giustifica una applicazione retroattiva della norma ad attività di accertamento, relative, come nella fattispecie, a periodi di imposta pregressi. In ogni caso, la Corte Costituzionale, con Sentenza n. 228/2014, finalmente poneva fine all’annosa questione circa la costituzionalità dell’imposizione fiscale sulle somme prelevate dal conto corrente da parte del lavoratore autonomo, prevista dall’art. 32 (comma 1, nr. 2, secondo periodo) del D.P.R. 600/73. La parte secondo cui, per presunzione relativa, queste somme costituiscono compensi assoggettabili a tassazione veniva decretata illegittima, alla luce degli artt. 3 e 53 della Costituzione. L’idea di fondo, oggettivamente ardita, era quella di ritenere che le somme prelevate venissero impiegate per compiere operazioni in nero che avrebbero fruttato al contribuente redditi di importo pari al valore delle somme prelevate, in base a una presunta assimilazione dell’attività di lavoro autonomo a quella d’impresa. Tuttavia, come rilevato dal Giudice del rinvio e affermato dalla Consulta, la correlazione tra costi e ricavi tipica del reddito d’impresa non valeva nel caso dei redditi di lavoro autonomo; il prelievo sarebbe stato, si legge in Sentenza, “fatto oggettivamente estraneo all’attività di produzione del reddito professionale”. Ne consegue che per i contribuenti che hanno impugnato ]’avviso di accertamento (indipendentemente dal grado di giudizio e dalla circostanza che nel giudizio sia stata o meno formulata l’eccezione di illegittimità) il Giudice tributario è tenuto – per orientamento consolidato – a decidere sulla controversia in considerazione della declaratoria di incostituzionalità pronunciata dalla Consulta. A quel punto deve dichiarare illegittimo l’atto impositivo nella parte riguardante la maggiore imposta derivante dalla norma dichiarata illegittima e riformare le sentenze dei precedenti gradi di giudizio che non abbiano tenuto conto della illegittimità della presunzione. Ma la giurisprudenza di legittimità sì è spinta oltre ed ha “cancellato” anche la presunzione basata sui versamenti. La Corte di Cassazione con la Sentenza n. 12779/2016, giustamente richiamata anche dall’Appellato, ha ritenuto che l’operatività della presunzione di cui all’art. 32, DP.R. n. 600/1973 secondo cui sia i prelevamenti e sia i versamenti operati sui conti correnti bancari, non annotabili contabilmente, vanno imputati ai ricavi o compensi conseguiti dal Contribuente che non ne dimostri l’inclusione nella base imponibile oppure l’estraneità alla produzione del reddito, vale solo per gli imprenditori e non anche per i lavoratori autonomi o professionalmente intellettuali. E questo dopo l’emanazione della Sentenza n. 228/2014 della Corte Costituzionale innanzi richiamata. Tale principio è stato ribadito dalla successiva Sentenza della Corte di Cassazione n. 16440/2016. Ivi viene ulteriormente chiarito che nell’ambito delle indagini finanziarie per i lavoratori autonomi non possono trovare applicazione i meccanismi presuntivi relativi sia ai prelevamenti che ai versamenti utilizzabili per chi svolge attività d’impresa Su tale questione, la sentenza di Cassazione Sez. Tributaria n. 16440 ricorda che: La Corte Costituzionale (sent. n. 228 del 24 settembre 2014) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del “prelevometro” per i lavoratori autonomi, essendo tale presunzione lesiva dei principi di ragionevolezza e di capacità contributiva e che la Cassazione (sent. n. 23041 dell’111 novembre 2015) inseguito anche alla pronuncia della Corte Costituzionale, ha chiarito che “[…) non è più proponibile l’equiparazione logica tra attività d’impresa e attività professionale” fatta nelle indagini finanziarie con riferimento alle presunzioni per i versamenti che per i prelevamenti. Da tale inquadramento giurisprudenziale, i Giudici della Cassazione ritengono, con condivisibile assunto, che siano inapplicabili le presunzioni sia per i versamenti che per i prelevamenti nell’ambito degli accertamenti conseguenti ad indagini finanziarie effettuate nei confronti di lavoratori autonomi; che sussiste un conseguente spostamento dell’onere della prova in capo all’Amministrazione Finanziaria, la quale è dunque chiamata a provare che tali versamenti e prelevamenti siano indice di maggiori redditi imponibili riconducibili all’attività di lavoro autonomo, ed infine, che sussiste l ‘applicazione retroattiva dell’inapplicabilità delle menzionate presunzioni ai lavoratori autonomi, e ciò in linea con “l’efficacia retroattiva delle sentenze di accoglimento di una questione di legittimità costituzionale pronunciata dalla Corte Costituzionale”. Da ultimo, giova altresì ricordare che con la novella contenuta nell’art. 7-quater, comma 1, lett. a) e b) del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla L. 1°dicembre 2016, n. 225 (così detto Decreto Fiscale – collegato alla Legge di Stabilità 2017 – Legge 11 dicembre 2016, n. 232 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 297 del 21 dicembre 2016) il termine compensi è stato del tutto eliminato dal testo del comma 1, n. 2 dell’art. 32 D.P.S. 600/1973. Questo Collegio aderisce al richiamato orientamento giurisprudenziale di talché per quanto or ora premesso e ritenuto le argomentazioni esposte dall’Ufficio nell’atto di gravame non possono trovare accoglimento.
Pertanto, in base alle suesposte considerazioni, si palesa infondata la pretesa tributaria avanzata dall’Agenzia delle Entrate nei confronti del Contribuente Architetto T. A. Il mutamento della legislazione e l ‘oscillazione della giurisprudenza sulla questione inducono questo Collegio a disporre la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
La Commissione Tributaria Regionale delle Marche, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando, respinge l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Ancona e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza. Spese compensate.
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