CORTE di CASSAZIONE – Ordinanza n. 11509 depositata il 3 maggio 2023
Tributi – Avviso di accertamento – Recupero a tassazione maggior reddito – Carenza motivazione o motivazione apparente – Natura non reddituale di operazioni bancarie – Contribuente formalmente titolare di conti bancari – Onere prova analitica – Principio di libertà dei mezzi di prova – Accoglimento
Rilevato che
1. C.S. ricorre, con due motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, che resiste con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe con la quale la C.t.r. ha rigettato l’appello dal medesimo proposto avverso la sentenza con la quale la C.t.p. di Roma aveva, a propria volta, rigettato il ricorso avverso l’avviso di accertamento con il quale per l’anno 2006 era stato recuperato a tassazione un maggior reddito.
2. L’Ufficio, a seguito di indagini finanziarie ex d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 svolte nei confronti del contribuente, socio di diciassette società facenti capo al medesimo gruppo familiare, verificava che erano rimaste prive di giustificazioni numerose operazioni eseguite su quattro conti intrattenuti presso il (…).
3. Il ricorrente, in data 17 aprile 2023, ha depositato memoria con la quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Considerato che
1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 la nullità della sentenza per carenza di motivazione o per motivazione apparente e la violazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36. comma 2, n. 4.
Censura la sentenza impugnata per non aver dato conto delle argomentazioni con le quali aveva dimostrato la natura non reddituale delle operazioni bancarie di cui all’avviso di accertamento. Assume che la C.t.r. aveva ritenuto che “nessuna prova” era stata fornita in merito, così rendendo impossibile ricostruire l’iter logico giuridico seguito; che aveva omesso qualsiasi indicazione sulle ragioni per le quali la documentazione prodotta era inattendibile; che, al contrario, esso deducente aveva dimostrato di essere titolare di un consistente patrimonio realizzato, tuttavia, in annualità di imposta non più accertabili; che, assolvendo all’onere probatorio di cui all’art. 32 D.P.R. cit., aveva depositato tutta la documentazione con la quale aveva riproposto una completa ricostruzione della maggior parte delle movimentazioni finanziarie in contestazione.
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 l’omessa pronuncia su un capo decisivo di domanda e la violazione dell’art. 112 c.p.c..
Assume che, rispetto alle movimentazioni provenienti dal conto intestato alla figlia V., aveva rilevato, sia in primo che in secondo grado, che le stesse erano state una prima volta in capo a quest’ultima in quanto ritenute finanziamenti non giustificati ed una seconda volta in capo ad esso deducente a seguito del loro giroconto. Assume, altresì, che rispetto a dette movimentazioni aveva eccepito che avevano fonte patrimoniale e non reddituale e che, in quanto tali, avrebbero dovuto essere tassate solo sulla base del 40 per cento dell’imponibile.
3. Il primo motivo è fondato.
3.1. Per costante giurisprudenza di questa corte, in virtù della presunzione stabilita dal d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 – che, data la fonte legale, non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici – sia i prelevamenti che i versamenti operati su conti correnti bancari del contribuente vanno considerati come elementi positivi di reddito se questo non dimostra di averne tenuto conto nella determinazione della base imponibile oppure che sono estranei alla produzione del reddito (Tra le più recenti, Cass. 28/04/2022, n. 13236, Cass. 23/09/2021, n. 25812, Cass. 3/03/2021, n. 5788).
3.2. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 e il d.p.r. 29 settembre 1972, n. 633, art. 51 autorizzano l’Ufficio finanziario a procedere all’accertamento fiscale anche attraverso indagini su conti correnti bancari formalmente intestati a terzi, ma che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente, acquisendo dati, notizie e documenti di carattere specifico relativi a tali conti (Cass. 16/06/2017, n. 15003, Cass. 1/02/2016, n. 1898, Cass. 21/12/2007, n. 27032).
Si è precisato, infatti, che la disposizione non limita l’acquisizione della documentazione ai soli conti bancari formalmente intestati al contribuente sottoposto ad accertamento, sicché si deve ritenere estesa anche ai conti correnti intestati a terzi soggetti, ma alla condizione che, pur in mancanza della formale titolarità, il conto sia nella disponibilità di fatto del contribuente sottoposto a verifica fiscale. Pertanto, in caso di conti bancari di cui sia formalmente titolare il contribuente, la presunzione che gli importi versati siano compensi è immediatamente applicabile; nel caso di conti intestati a terzi, l’Ufficio, al fine di avvalersi della presunzione legale in oggetto, deve fornire la previa prova, anche per presunzioni (purché qualificate), che il conto bancario intestato a terzi sia nell’effettiva disponibilità del contribuente, al quale pertanto sono attribuibili le movimentazioni fiscalmente rilevanti (Cass. 31/08/2022, n. 25663, Cass. 20/12/2018, n. 32974; Cass. 13/04/2012, n. 5849; Cass. 12/01/2009, n. 374).
3.3. A propria volta, il contribuente che voglia superare la presunzione ha l’onere di fornire, non una prova generica, bensì una prova analitica, idonea a dimostrare che i proventi desumibili dalla movimentazione bancaria non debbono essere recuperati a tassazione. Tale prova può essere data in due modi: o dimostrando che ne ha già tenuto conto nelle dichiarazioni; oppure dimostrando che si sia trattato di movimenti non fiscalmente rilevanti, in quanto non riferiti a operazioni imponibili (Cass. 30/06/2020, n. 13112, Cass. 18/09/2013, n. 21303).
Quanto alle modalità tramite le quali assolvere all’onere probatorio, si è precisato che è onere del contribuente indicare e dimostrare la provenienza e la destinazione dei singoli pagamenti con riferimento tanto ai termini soggettivi dei singoli rapporti attivi e passivi, quanto alle diverse cause giustificative degli accrediti. (Cass. 30/12/2015, n. 26111).
3.4. La Corte ha precisato, tuttavia, che, all’onere probatorio gravante sul contribuente, corrisponde l’obbligo del giudice di merito di operare una verifica rigorosa dell’efficacia dimostrativa delle prove fornite dal contribuente a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, e di dare espressamente conto in sentenza delle risultanze di quella verifica (Cass. 30/06/2020, n. 13112). Si è, altresì, precisato che, nel compiere detta verifica il giudice del merito deve rifuggire da qualsiasi valutazione di irragionevolezza ed inverosimiglianza dei risultati restituiti dal riscontro delle movimentazioni bancarie – in quanto il giudizio di ragionevolezza dell’inferenza dal fatto certo a quello incerto è già stato stabilito dallo stesso legislatore con la previsione, in tale specifica materia, della presunzione legale (Cass. 03/05/2018, n. 10480; Cass. 20/09/2017, n. 21800). Inoltre, in mancanza di espresso divieto normativo e per il principio di libertà dei mezzi di prova, il contribuente può fornire la prova contraria anche attraverso presunzioni semplici, dovendo in questo caso il giudice di merito “individuare analiticamente i fatti noti dai quali dedurre quelli ignoti, correlando ogni indizio (purché grave, preciso e concordante) ai movimenti bancari contestati, il cui significato deve essere apprezzato nei tempi, nell’ammontare e nel contesto complessivo, senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative (Cass. 3/05/2018, n. 10480, Cass. 6/05/2017, n. 11102).
3.5. La C.t.r. non si è attenuta a questi principi.
Il contribuente, infatti, ha esposto in ricorso che si dal contraddittorio endoprocedimentale aveva reso specifiche giustificazioni e documentazione in merito ad una serie di operazioni, analiticamente indicate, eseguite su due conti anch’essi specificamente individuati e, precisamente il conto corrente “(…)” intestato alla moglie D.M.R. ed il conto corrente “(…)” intestato a se medesimo (cfr. pagg. 2, 3 e 4 ricorso in cassazione).
La C.t.r., tuttavia, non ha reso motivazione analitica, come era suo onere, su ciascuna delle movimentazioni ivi puntualmente elencate, limitandosi ad accorparle per tipologia ed omettendo di specificare o illustrare, per ciascuna di esse, le ragioni della decisione assunta, e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuta alla propria determinazione.
4. Il secondo motivo è infondato.
4.1 Questa Corte ha ripetutamente chiarito che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione (ex plurimis Cass. 29/01/2021, n. 2151; Cass. 2/04/2020, n. 7662; Cass. 30/01/2020, n. 2153).
4.2. La C.t.r. ha ritenuto, in via generale, che il contribuente non avesse fornito adeguata prova in ordine alla provenienza delle movimentazioni recuperate a tassazione. In particolare, per alcune di esse, ha escluso che vi fosse prova che fossero restituzioni di somme da parte dei figli. Così motivando, ha implicitamente disatteso l’assunto del contribuente secondo cui vi era prova che alcuni dei movimenti contestati erano imputabili a redditi di capitale e che, in particolare, si trattasse del rimborso di finanziamenti confluiti prima sul conto dei figli (tra cui la figlia V. in capo alla quale erano stati già tassati una prima volta) e poi girocontati sul conto del padre.
5. In conclusione, il ricorso va accolto limitatamente al primo motivo, rigettato il secondo. Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, la quale provvederà al riesame, fornendo congrua motivazione, e al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie, nei limiti innanzi precisati, il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, la quale provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
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