CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 10 novembre 2017, n. 26653
Accertamento – Notificazione – Omessa dichiarazione – Contratto di permuta – Cessione terreno – Plusvalenza
Rilevato che
con avviso di accertamento notificato in data 6 giugno 2009, l’A.d.E. – Direzione provinciale di Avellino procedeva al recupero, nei confronti del contribuente G.R., della complessiva somma di € 25.300,00, oltre sanzioni ed interessi, ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. b), t.u.i.r., quale plusvalenza non dichiarata in relazione all’anno di imposta 2004, conseguita a seguito della stipulazione di contratto di permuta registrato il 9 aprile 2004; tale negozio prevedeva, in particolare, la cessione di un terreno edificabile a fronte del trasferimento di porzioni di immobili da edificarsi sul terreno stesso da parte dell’acquirente;
avverso tale accertamento il contribuente proponeva ricorso avanti alla C.T.P. di Avellino, chiedendone l’annullamento a causa dell’erronea determinazione, da parte dell’Ufficio, del momento impositivo – posto che l’effetto reale del trasferimento della proprietà del bene futuro, con realizzazione della plusvalenza in capo all’acquirente, doveva intendersi differito ex art. 1472 cod. civ. al venire ad esistenza dello stesso – e, in ogni caso, per l’erroneo computo della base imponibile, non avendo l’Ufficio tenuto conto dei costi di acquisizione del bene e di ogni altro costo successivo inerente;
avverso la sentenza della C.T.P., favorevole al contribuente, interponeva appello l’Agenzia delle Entrate; il gravame veniva accolto dalla C.T.R. della Campania, sezione distaccata di Salerno, con sentenza n. 256/02/12 pronunziata in data 5 luglio 2012 e depositata il 25 luglio 2012. La C.T.R., in particolare, riteneva che il momento impositivo dovesse identificarsi con quello della cessione del terreno, indipendentemente dal fatto che il conseguimento del corrispettivo fosse differito ad un momento successivo; riteneva, altresì, la Commissione regionale che il valore della plusvalenza era dato «dalla differenza fra il valore dato al suolo ceduto ed il valore attribuito ai beni ottenuti in cambio»;
contro tale decisione G.R. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi; resiste l’Agenzia mediante controricorso. Con conclusioni scritte depositate ai sensi degli artt. 375 e 380-bis cod. proc. civ. in data 24 maggio 2017, il P.M. ha richiesto l’accoglimento del ricorso, in considerazione dell’orientamento in materia espresso anche in epoca recente, della giurisprudenza della S.C.;
Considerato che
il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 67 e 68 t.u.i.r., 1552 e seg., 1472 cod. civ., in relazione all’individuazione del momento realizzativo della plusvalenza e del conseguente momento impositivo, è fondato;
la giurisprudenza di questa Corte ha, invero, riconosciuto che nei contratti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa futura, l’effetto traslativo si verifica nel momento in cui il bene viene ad esistenza nella sua completezza (cfr. Cass., Sez. II, 30 novembre 2011, n. 25603; Cass., Sez. II, 25 ottobre 2013, n. 24172; Cass., Sez. I, 16 maggio 2016, n. 9994; Cass., Sez. VI-V, 23 febbraio 2017, n. 4711);
in particolare, integra gli estremi della permuta di cosa presente con cosa futura il contratto avente ad oggetto il trasferimento della proprietà di un’area fabbricabile in cambio di parti dell’edificio da costruire, in tutto o in parte, sulla stessa superficie, a cura e con i mezzi del cessionario, e ciò tutte le volte in cui sia proprio il risultato traslativo, consistente nell’attribuzione di una determinata opera da realizzare, ad essere assunto come oggetto del contratto e come termine di scambio con la cosa presente. A tal fine, in applicazione delle norme sulla vendita, in quanto compatibili, l’effetto traslativo si verifica, ex art. 1472 cod. civ., non appena la cosa viene ad esistenza; momento che si identifica, quando la cosa futura consiste in una porzione dell’edificio che il permutante costruttore si è impegnato a realizzare, nella conclusione del processo edificatorio nelle sue componenti essenziali, ossia nella realizzazione delle strutture fondamentali, senza che abbiano rilevanza le rifiniture o gli accessori (cfr. Cass., Sez. II, 25 ottobre 2013, n. 24172); ciò posto, a differenza di quanto erroneamente argomentato dai giudici d’appello, ai fini dell’applicazione degli artt. 67, comma 1, lett. b) e 68 t.u.i.r. nel caso di permuta di un bene esistente – un terreno – con un bene futuro – la realizzazione di un fabbricato -, la plusvalenza tassabile deve considerarsi conseguita non nel momento in cui si verifica la cessione del terreno edificabile, ma allorché la proprietà della costruzione realizzata sia entrata nel patrimonio del cedente, ossia quando, come osservato, la cosa futura viene ad esistenza, dovendosi, altresì, escludere che possa ai medesimi fini assumere rilievo il diverso valore già entrato nel patrimonio del cedente al momento della stipulazione del contratto, costituito dallo ius ad habendam rem (cfr., in relazione all’art. 76 d.p.r. 29 settembre 1973, n. 597, Cass. sez. V, 25.1.2006, n. 1427). Da quanto osservato consegue l’annullamento della sentenza impugnata in relazione alla violazione di legge dedotta;
con il secondo motivo, il ricorrente deduce, altresì, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360, n. 5 cod. proc. civ., in ordine ai criteri di determinazione della base imponibile ai fini del calcolo della predetta plusvalenza;
anche tale motivo risulta fondato: va, invero, rilevato che, ai sensi dell’art. 68, comma 2, t.u.i.r. le plusvalenze di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 67 sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo, e non, come affermato dalla C.T.R., dalla differenza fra il valore dato al suolo ceduto ed il valore attribuito ai beni ottenuti in cambio;
in virtù delle considerazioni che precedono, deve, dunque, procedersi alla cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Campania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla C.T.R. della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
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