CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 13 novembre 2017, n. 26760
Natura subordinata del rapporto di lavoro – Pagamento delle differenze retributive – Insussistenza di un inserimento nell’organizzazione dell’impresa – Collaboratrice fissa ex art. 2 del CCNL Giornalisti – Criteri distintivi della figura contrattuale rivendicata – Ermeneutica delle clausole contrattuali – Figura caratterizzata da un’attività giornalistica continuativa non necessariamente espletata in redazione
Svolgimento del processo
1) La Corte d’Appello di Salerno ha riformato la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva accolto la domanda di A.R.C. diretta a far accertare la natura subordinata del rapporto di lavoro in qualità di collaboratrice fissa o, in subordine di corrispondente, intercoso con Editoriale M. srl a far tempo dal 1.10.1997 sino al 10.7.2004, con condanna della società al pagamento delle differenze retributive maturare. La corte ha ritenuto fondato il motivo di appello della società che aveva sostenuto l’insussistenza di un inserimento nell’organizzazione dell’impresa e della responsabilità del servizio giornalistico.
2) In particolare la sentenza ha ritenuto che non fossero emersi, a seguito dell’istruttoria testimoniale svolta in primo grado, elementi che provassero la subordinazione del rapporto di lavoro della C., avendo i testi escussi riferito della presenza della C. presso la sede secondaria di Salerno del quotidiano C.M. solo in ragione del necessario coordinamento con il redattore addetto a tale sede, in merito agli articoli da lei proposti e quindi forniti ove accettati dalla redazione, con la quale concordava il tema dell’articolo, avente ad oggetto cronaca giudiziaria, il testo ed il numero delle battute a disposizione, con possibile utilizzo anche della postazione – scrivania, telefono e computer – di tale redattore.
3) La corte territoriale ha rilevato che nessuno dei testi escussi aveva indicato circostanze di fatto significative volte a provare la sottoposizione della lavoratrice al potere direttivo e di controllo della datrice di lavoro , sia pure nei termini elastici propri della natura dell’attività svolta che sarebbero dovuti consistere in una prestazione con cui si assicurava per un’apprezzabile periodo di tempo la soddisfazione di un’esigenza informativa del giornale attraverso la sistematica compilazione di articoli su specifici argomenti o di rubriche.
4) Ha proposto ricorso per cassazione la C. affidato a due motivi , a cui ha opposto difese la società con controricorso. La ricorrente ha anche depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
5) Con il primo motivo di gravame la ricorrente lamenta, con riferimento all’art. 360 comma 1.n.3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 e 2223 c.c. e dell’art. 2 del CCNL giornalistico, reso erga omnes dal DPR 152/1961. Secondo la C. la corte salernitana avrebbe motivato in maniera illogica e contraddittoria senza far riferimento alla definizione del collaboratore fisso contenuta nell’art. 2 del CCNL, che indica coloro che non prestano opera giornalistica quotidiana, ma per i quali sussiste continuità della prestazione e vicolo di dipendenza e responsabilità del servizio. La corte invece avrebbe fatto riferimento solo agli elementi che contraddistinguono la figura del redattore e non a quelli del collaboratore fisso, che è appunto svincolato dall’obbligo quotidiano di presenza , ma che assicura un certo numero di articoli al mese: così lavorava la ricorrente che, a dire della stessa, era l’unico punto di riferimento della redazione del quotidiano “C.M.” nell’ambito della provincia di Salerno, relativamente a fatti di cronaca nera e giudiziaria, avendo le caratteristiche richieste alla figura non di redattore ma di collaboratore fisso.
6) Con il secondo motivo di gravame la ricorrente lamenta l’ erroneità della sentenza, con riferimento all’art. 360 comma uno n. 5 c.p.c., per insufficiente e contraddittoria motivazione per non aver fornito giustificazione del mancato utilizzo di alcune delle deposizioni testimoniali e per non aver motivato circa il percorso formativo del suo convincimento sulla scelta operata tra le varie risultanze istruttorie . La ricorrente lamenta in particolare che non sarebbero state valutate correttamente le deposizioni dei testi R., che aveva anche riferito che la C. si doveva recare sul posto in caso di fatti delittuosi, e S., il quale aveva riferito che la C. e lui si occupavano quotidianamente di cronaca giudiziaria e di cronaca nera.
8) Il primo motivo di ricorso è fondato. Va infatti premesso che la domanda svolta in primo grado dall’odierna ricorrente era quella diretta al riconoscimento della natura subordinata del rapporto di lavoro giornalistico con la società editrice del “C.M.” con riferimento non alla qualifica di redattrice ordinaria, ma di collaboratrice fissa ai sensi dell’art. 2 del CCNL Giornalisti e, in subordine, di corrispondente, ai sensi dell’art. 12 di tale contratto.
9) L’analisi che si richiedeva quindi alla Corte di merito doveva partire dall’individuazione dei criteri distintivi che le norme del CCNL del settore giornalistico richiedono per l’individuazione della figura contrattuale rivendicata, con la precisazione che trattandosi di violazione o di falsa applicazione dei contratti o accordi collettivi di lavoro, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. ( così come modificato dall’art. 2 del d.lgs. 2 febbraio 2006 n. 40, con la parificazione sul piano processuale a quella delle norme di diritto), tale violazione comporta, in sede di legittimità, l’interpretazione delle clausole contrattuali in base alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale di cui agli artt. 1362 ss. cod. civ.(cfr sul punto Cass. n. 6335/2014, Cass. n. 18946/2014).
10) Ebbene la figura del collaboratore fisso si caratterizza per un’attività giornalistica continuativa che ha per oggetto il controllo della notizia, la sua elaborazione e quindi la stesura del pezzo o dell’articolo , con modalità di acquisizione delle notizie e verifica delle stesse su un particolare tema , che non necessariamente devono essere espletate in redazione (cfr per tutte Cass. n. 3037/2011); non a caso tale figura non è incompatibile con attività giornalistica svolta contemporaneamente anche per altre testate. In altri termini la pur assidua frequentazione della redazione può avere le più varie giustificazioni, tra cui profili di autonoma determinazione del giornalista e, ad esempio, di facoltativa utilizzazione da parte del giornalista di opportunità logistiche messe a disposizione dalla redazione della testata.
11) La corte territoriale invece ha esaminato il quadro probatorio emerso dall’attività istruttoria svolta in primo grado alla luce di una premessa interpretativa dell’attività giornalistica che si riferisce in realtà alla figura del redattore ordinario, evidenziando i tratti distintivi nella presenza quotidiana in redazione , nella partecipazione alle riunioni di essa (per la cd cucina redazionale), nell’espletamento dei compiti assegnati dal caposervizio , nel trattenersi sul posto di lavoro fino a tarda sera, concordando sia settimanalmente che quotidianamente l’attività da svolgere in base alla presenza degli altri redattori.
12) Tale premessa non rispetta il canone ermeneutico di cui all’art. 1362 c.c. con riferimento alla volontà contrattuale collettiva espressa nell’art. 2 citato (reso efficace “erga omnes” con d.P.R. 16 gennaio 1961, n. 153), così come poi interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte, nell’individuare la figura di collaboratore fisso che è colui “che mette a disposizione le proprie energie lavorative, per fornire con continuità ai lettori della testata un flusso di notizie in una specifica e predeterminata area dell’informazione, attraverso la redazione sistematica di articoli o con la tenuta di rubriche, con conseguente affidamento dell’impresa giornalistica, che si assicura così la “copertura” di detta area informativa, rientrante nei propri piani editoriali e nella propria autonoma gestione delle notizie da far conoscere, contando, per il perseguimento di tali obiettivi, sulla piena disponibilità del lavoratore, anche nell’intervallo tra una prestazione e l’altra” ( così Cass. 11065/2014).
13) Di tali diversi elementi qualificatori della figura giornalistica rivendicata dalla C. avrebbe, pertanto, dovuto tener conto la Corte territoriale nel valutare il quadro probatorio costituito dalle testimonianze raccolte in primo grado, al fine di verificarne la effettiva sussistenza.
14) Il primo motivo va quindi accolto, rimanendo assorbito il secondo motivo e la sentenza va cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli, che dovrà attenersi al principio di diritto espresso al punto 12 della presente sentenza , occupandosi altresì della liquidazione anche delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, nei termini di cui in motivazione,assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese, alla Corte d’Appello di Napoli.
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