CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 29 novembre 2017, n. 28588
Tributi – Accertamento – Contenzioso tributario – PVC – Omessa registrazione di corrispettivi – Documentazione extracontabile
Ritenuto che
Con processo verbale di constatazione del 23.7.2001 la Guardia di Finanza concludeva una verifica parziale nei confronti della ditta individuale “L’A.” di M. L., con sede in Livorno, esercente ristoranti, trattorie e pizzerie. Nel documento stesso si evidenziavano omessa registrazione di corrispettivi lordi, anche a seguito di un documentazione extracontabile. L’ufficio emetteva quindi l’avviso di accertamento n. R5P010400376/2006 relativo all’anno 2003, ai fini irpef, irap e iva, in cui, richiamando il contenuto del processo verbale, accertava un maggior reddito imponibile di impresa.
La contribuente ricorreva alla CTP sulla base di due motivi che riguardavano la motivazione per relationem dell’avviso di accertamento ed il rilievo e l’attendibilità della documentazione extracontabile. La CTP respingeva il ricorso.
Ricorreva in appello la contribuente sulla base degli stessi motivi e la CTR della Toscana con sentenza n. 154/23/11 depositata il 13.12.2011 accoglieva l’appello affermando l’insufficienza della motivazione per relationem in rapporto ai diritti difensivi del contribuente e la mancanza di gravità di indizi per l’accertamento induttivo a seguito del ritrovamento della documentazione extracontabile, di cui affermava la mancanza di prova sulla attribuibilità alla contribuente.
Ricorre in cassazione l’ufficio sulla base di tre motivi di ricorso.
La contribuente non si è costituita.
La Procura Generale presso la Corte di Cassazione ha depositato conclusioni scritte in data 29.5.2017 in cui ha chiesto l’annullamento con rinvio della impugnata sentenza.
Considerato che
Con il primo motivo di ricorso l’ufficio deduce violazione e falsa applicazione degli art. 42, comma 2, dpr 600 del 1973 e 7 legge 212 del 2000 in relazione all’art. 360, comma l, n. 3) c.p.c., affermando la validità della motivazione dell’avviso di accertamento per relationem allorché lo stesso recepisce gli elementi essenziali dell’atto richiamato e mette il contribuente in condizione di conoscere gli elementi sui quali si basa la richiesta impositiva
Il motivo è fondato.
La motivazione per relationem dell’avviso di accertamento, è, infatti, in principio, idonea a dare conto al contribuente delle ragioni alla base dell’accertamento stesso.
Ha affermato, al riguardo, questa Corte che l’art. 7, comma 1, della I. n. 212 del 2000, che si riferisce solo agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza, consente di assolvere all’obbligo di motivazione degli atti tributari anche “per relationem”, ovvero mediante il riferimento ad elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, che siano collegati all’atto notificato, quando lo stesso ne riproduca il contenuto essenziale, cioè l’insieme di quelle parti (oggetto, contenuto e destinatari) dell’atto o del documento necessari e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato, la cui indicazione permette al contribuente ed al giudice, in sede di eventuale sindacato giurisdizionale, di individuare i luoghi specifici dell’atto richiamato nei quali risiedono le parti del discorso che formano gli elementi della motivazione del provvedimento. (Sez. VI – 5, ord. n. 9323 del 2017 (Rv. 643954 – 01); il principio secondo cui la motivazione per relationem non è viziata “ex se” è affermato anche da Sez. V, n. 2614 del 2016 (Rv. 638897 – 01).
La sentenza impugnata, nel collegare, nella estremamente sintetica esposizione delle ragioni della decisione, la motivazione per relationem alla mancata enunciazione delle ragioni dell’avviso, non ha fatto, pertanto, buon governo del suddetto principio.
Con il secondo motivo l’ufficio deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 39 comma 1 dpr 600 del 1973 in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3) c.p.c., laddove ha ritenuto che nella specie mancassero indizi gravi precisi e concordanti per giustificare l’accertamento analitico induttivo, mentre la giurisprudenza ha sempre affermato che il ritrovamento di documentazione extracontabile possa fondare tale tipo di accertamento.
Il motivo è fondato.
La CTR ha affermato, nella stringatissima motivazione, che l’accertamento nella specie si basa su elementi privi di gravità, precisione e concordanza, negando rilievo anche al ritrovamento di documentazione extracontabile.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che “la “contabilità in nero”, costituita da appunti personali ed informazioni dell’imprenditore, rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dal dpr 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, dovendo ricomprendersi tra le scritture contabili disciplinate dall’art. 2709 c.c. e segg. tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d’impresa, ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell’imprenditore ed il risultato economico dell’attività svolta. Ne consegue che detta “contabilità in nero”, per il suo valore probatorio, legittima di per sé, ed a prescindere dalla sussistenza di qualsivoglia altro elemento, il ricorso all’accertamento induttivo di cui al citato art. 39, incombendo ai contribuente l’onere di fornire la prova contraria, al fine di contestare l’atto impositivo notificatogli” (Sez. V, n. 20094 del 2014, n. 632341; si vedano anche Sez. V, n. 24051 del 2011, Sez. V, ord. n. 14637 del 2011, Sez. V, n. 25610 del 2006).
Di conseguenza, secondo ulteriore giurisprudenza, “tale documentazione, pur in assenza di irregolarità contabili, non può essere ritenuta di per sé probatoriamente irrilevante dal giudice, senza che a tale conclusione conducano l’analisi dell’intrinseco valore delle indicazioni dalla stessa promananti e la comparazione delle stesse con gli ulteriori dati acquisiti e con quelli emergenti dalla contabilità ufficiale del contribuente”. (Sez. V, n. 19329 del 2006, Rv. 593174).
Inoltre queste considerazioni operano anche quando la documentazione extracontabile sia reperita presso altro contribuente che ha rapporti economici con il contribuente sottoposto ad accertamento (Sez. V, n. 20094 del 2014, Rv. 632341).
Anche la mancata attribuibilità alla contribuente della documentazione extracontabile, affermata dalla CTR, non esclude quindi, in assoluto, il rilievo probatorio della stessa, come invece sostenuto nella sentenza impugnata.
Col terzo motivo l’ufficio deduce insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5) c.p.c., atteso che in merito alla contabilità extracontabile la CTR ha affermato che non ne risulta accertata l’attribuibilità alla contribuente, facendo da ciò discendere la inattendibilità dell’accertamento, senza però specificare i motivi alla base dell’affermazione.
Il motivo è fondato.
Dalla sentenza non emergono, infatti, le ragioni per cui la stessa ritiene che l’agenda non fosse attribuibile alla contribuente, e perché ritiene che gli elementi posti a base dell’accertamento, tra cui il ritrovamento dell’agenda, non siano presunzioni gravi precise e concordanti. La conclusione della CTR risulta, così, una mera affermazione, senza indicazione dell’iter logico che la ha determinata.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata e la causa rinviata alla CTR della Toscana, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso.
Cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Toscana, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese.
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