CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 dicembre 2017, n. 29966
Pensione di reversibilità – Erede – Prestazione già erogata al dante causa
Rilevato in fatto
che, l’INPS ricorre per cassazione avverso la sentenza n. 2115 depositata in data 29 aprile 2011, con la quale la Corte d’appello di Roma dichiarava il diritto alla pensione di reversibilità in regime internazionale a favore di F.M.;
che, la pronuncia della Corte territoriale, per quanto qui rileva, si fonda sull’assunto secondo il quale, la pensione di reversibilità pur spettando iure proprio all’erede, non avrebbe natura autonoma rispetto alla prestazione già erogata al dante causa, e la cui spettanza non potrebbe essere, quindi, rimessa in discussione, dall’eventuale, sopravvenienza della morte dello stesso;
che, avverso tale pronuncia ricorre per cassazione l’INPS, affidandosi ad un unico motivo di gravame;
che, resiste con controricorso F.M., ed entrambe le parti hanno presentato memoria.
Considerato in diritto
che, con l’unico motivo di gravame, l’istituto previdenziale denuncia in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 48 del Regolamento Ce n. 1408/1971, e dell’art. 23 della legge n. 903/1965;
che, l’INPS, in particolare, lamenta la violazione della norma comunitaria succitata sulla base delle seguenti argomentazioni: a) il coniuge della attuale controricorrente, deceduto il 2 luglio 2004, era titolare di trattamento pensionistico acquisito in regime di “pro rata” in virtù di totalizzazione di contributi accreditati in Italia e nella ex Jugoslavia; b) i contributi erano in numero inferiore a 52 settimane, in considerazione del fatto che l’allora vigente convenzione tra l’Italia e la Jugoslavia non prevedeva, peraltro, alcun requisito assicurativo minimo per poter totalizzare i contributi; c) dal 1 maggio 2004 ha trovato applicazione il Regolamento Ce, n. 1408/1971, che prevede il divieto di corrispondere prestazioni previdenziali per periodi lavorativi che non raggiungano l’anno di durata, atteso che a tale data risale l’ingresso della Slovenia ex Jugoslavia all’interno della comunità europea; d) al momento dell’avverarsi del rischio previdenziale (la condizione di bisogno del coniuge superstite al momento del decesso del titolare del trattamento pensionistico) la totalizzazione dei contributi era inferiore alla misura annuale prevista dalla citata disciplina comunitaria, di conseguenza, risultava venuto meno il requisito della soglia minima contributiva, utile, per l’accesso alla pensione di reversibilità;
che, la censura nella sua duplice articolazione è priva di fondamento; che; al riguardo, va osservato che secondo un univoco orientamento giurisprudenziale (ex plurimis, Cass. n. 23841 del 2015) formatosi sulla tematica oggetto del presente giudizio e su fattispecie concreta del tutto identica a quella in disamina, in base a quanto disposto dall’art. 13, comma 1°, r.d.l. n. 636/39 e successive modifiche e integrazioni, è dato evincere “che la pensione di reversibilità spetta sulla base delle condizioni di assicurazione e contribuzione proprie del dante causa al momento del suo collocamento a riposo o, se non ancora titolare di pensione, a quello del decesso, tanto che tale prestazione viene anche definita a perfezionamento traslato”; che, il Collegio ritiene di confermare il richiamato orientamento giurisprudenziale, in quanto, pienamente, aderente alla ratio ispiratrice della normativa sull’erogazione della pensione di reversibilità, secondo la quale, quest’ultima costituisce per il coniuge superstite una sorta di proiezione di quella funzione di sostentamento che a suo favore svolgeva, quando era in vita, il de cuius;
che, tale approdo interpretativo è supportato, anche, dai principi che regolano il sorgere di un diritto in seguito al perfezionamento di una fattispecie tipica a formazione progressiva, della quale il rapporto assicurativo e conseguente diritto a pensione in capo al dante causa ed il decesso dello stesso, quale fatto generatore della prestazione di reversibilità, rappresentano autonomi elementi costitutivi della fattispecie, produttivi come tali di diversi effetti: 1) il diritto a pensione in capo al dante causa sulla base delle condizioni di assicurazione e contribuzione proprie della normativa vigente al momento del collocamento a riposo del lavoratore; 2) il decesso di quest’ultimo quale fatto costitutivo che produce, come unico effetto , la nascita del diritto alla prestazione in capo al coniuge superstite, sulla base, però, del già maturato diritto alla pensione in capo al dante causa;
che, nella specie, deve, quindi trovare applicazione la normativa (Convenzione Italia – Jugoslavia entrata in vigore il 1/1/61) vigente all’epoca in cui il coniuge della controricorrente ha maturato il diritto alla pensione, ed in virtù della quale per la totalizzazione dei contributi versati in Italia e nella ex Jugoslavia è sufficiente l’avvenuto versamento anche di un solo contributo settimanale;
che, pertanto, non ha pregio da parte del ricorrente, lamentare la violazione del Regolamento Ce n. 1408/71, in quanto trattasi di normativa che non era vigente al momento in cui si è perfezionato il diritto alla pensione in capo al dante causa della controricorrente; che, alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere respinto; le spese di lite seguono la soccombenza e, liquidate come da dispositivo, debbono distrarsi in favore del difensore antistatario della controricorrente; non sussistono i presupposti per l’applicazione dell’art. 1, comma 17, I. n. 228/2012, essendo stato notificato il ricorso il 26/4/2012.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità a favore del difensore antistatario della controricorrente, liquidate in euro 2500,00 per compensi professionali, oltre esborsi per euro 200,00 e spese generali al 15%, oltre agli accessori di legge.
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