CORTE di CASSAZIONE sentenza n. 18118 depositata il 14 settembre 2016
TRIBUTI ERARIALI INDIRETTI (RIFORMA TRIBUTARIA DEL 1972) – IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO (I.V.A.) – OBBLIGHI DEI CONTRIBUENTI – FATTURAZIONE DELLE OPERAZIONI – IN GENERE – DIRITTO ALLA DETRAZIONE – OPERAZIONI OGGETTIVAMENTE INESISTENTI – ONERE PROBATORIO DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA – ELEMENTO SOGGETTIVO – ESCLUSIONE – RAGIONI.
FATTO E DIRITTO
La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue.
1. In fattispecie di recupero a tassazione di costi per un’operazione ritenuta in parte oggettivamente inesistente, a fini Ines, Irap ed Iva a carico della societa’, nonche’ a fini Irpef a carico dei soci per i conseguenti maggiori redditi di partecipazione, l’Agenzia delle entrate censura la sentenza impugnata con un unico motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per “violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19, 21 e 54, D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 e art. 2727 c.c.”; lamenta che la C.T.R., pur avendo accertato che il quadro indiziario fornito dall’amministrazione a supporto della parziale inesistenza dell’operazione di sponsorizzazione della A.C. Calenzano (nei limiti di Euro 70,000, rispetto agli 275.000 dedotti dalla Transeuropa Express s.r.l.) sarebbe tale da “condurre all’accoglimento dell’appello”, tuttavia ha ritenuto mancante la prova del “cd. consilium fraudis”, facendone illegittimamente gravare l’onere a carico della stessa amministrazione, non reputando possibile “addossare al contribuente una ulteriore prova della sua buona fede”.
2. Il motivo appare manifestamente fondato.
3. In fatto e’ pacifico che l’A.C. Calenzano negli anni 2006-2007 aveva emesso numerose fatture per sponsorizzazione i cui importi non corrispondevano a quelli contabilizzati dagli sponsor, tra i quali la Transeuropa Express s.r.l., che aveva dedotto nei suoi confronti costi di sponsorizzazione per Euro 275.000,00 in forza di fattura coincidente con quella emessa dall’associazione calcistica per numero, oggetto e data, ma non per importo, ammontante a soli Euro 70.000,00.
4. Ed e’ altrettanto pacifico che, secondo la C.T.R., l’amministrazione aveva provato, in via presuntiva, l’inesistenza parziale oggettiva dell’operazione, ma non aveva assolto l’onere di provare (anche) la mala fede della contribuente.
5. Tale conclusione si pone in contrasto con la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la quale, in estrema sintesi, ritiene “di tutta evidenza che – nel caso di operazioni oggettivamente inesistenti – e’ escluso in radice che possa configurarsi la buona fede del cessionario o committente, il quale sa bene se una determinata fornitura di beni o prestazione di servizi l’ha effettivamente ricevuta o meno” (v. Cass. sez. 5^, nn. 16437/15 e 12950/07, proprio in ipotesi di fatture emesse per operazioni parzialmente inesistenti; conf. Cass. sez. 5^ nn. 10939/15, 9363/15, 8643/15, 6973/15, 1289/15, 425/15, 26486/14, 25778/14, 25775/14, 660/14, 24426/13, 24432/13).
6. Al riguardo e’ stato ampiamente chiarito (ex multis, Cass. sez. 5^, nn. 13253/15, 16936/15) il diverso regime probatorio che contraddistingue le operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti: a) nelle prime, ove la fattura costituisce in tutto o in patte mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere da alcuno, l’amministrazione ha l’onere di fornire elementi probatori, anche in forma indiziaria e presuntiva (Cass. nn. 21953/07, 9784/10, 9108/12, 15741/12, 23560/12, 27718/13, 20059/2014, 26486/14, 9363/15; nello stesso senso C. Giust. 6 luglio 2006, C439/04; 21 febbraio 2006, C-255/02; 21 giugno 2012, C-80/11; 6 dicembre 2012, C-285/11; 31 novembre 2013, C-642/11), del fatto che l’operazione fatturata non e’ stata effettuata, dopo di che spetta al contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestare; tale prova, tuttavia, non puo’ consistere nella esibizione della fattura o nella dimostrazione della regolarita’ formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento, poiche’ questi sono facilmente falsificabili e vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia (Cass. nn. 5406/16, 28683/15, 428/15, 12802/11, 15228/01); e comunque, una volta accertata l’assenza dell’operazione, e’ escluso che possa configurarsi la buona fede del cessionario o committente, il quale ovviamente sa bene se cd in quale misura ha effettivamente ricevuto il bene o la prestazione per la quale ha versato il prezzo o corrispettivo; b) solo nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti sorge invece l’esigenza della tutela della buona fede del contribuente, in quanto, conformemente alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, il diritto alla detrazione puo’ essere negato solo quando il contribuente sapeva, o avrebbe dovuto sapete con l’uso dell’ordinaria diligenza (disponendo di indizi idonei ad avvalorare un tale sospetto ed a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto) che con l’emissione della relativa fattura il soggetto formalmente cedente aveva evaso l’imposta o partecipato ad una frode; cd una volta che l’Amministrazione abbia assolto a tale onere probatorio, spetta al contribuente l’onere di fornire la prova contraria (v. Cass. nn. 24426/13, 23560/12).
7. Infine, con specifico riferimento all’IVA, la ratio della sua indetraibilita’ in caso di operazioni inesistenti risiede nella considerazione che il diritto del cessionario/committente alla detrazione dell’imposta addebitatagli a titolo di rivalsa dal cedente/prestatore e’ soggetto – quando si tratti di acquisto effettuato nell’esercizio dell’impresa – ad una duplice condizione: 1) che l’acquirente del bene rivesta la qualita’ di imprenditore; 2) che sia ravvisabile l’inerenza del bene acquistato all’attivita’ imprenditoriale, ovverosia la strumentalita’ del bene stesso a tale attivita’, l’onere della cui prova grava sull’interessato (Cass. nn. 3518/06, 16730/07, 2362/13, 27718/13); ebbene, in caso di operazioni oggettivamente inesistenti, il diritto alla detrazione dell’IVA non puo’ in alcun modo essere ritenuto – anche sul piano probatorio – sulla base del solo fatto dell’avvenuta corresponsione dell’imposta formalmente indicata in fattura, richiedendosi, altresi’, come detto, l’inerenza dell’operazione all’impresa, che e’ certamente mancante in relazione al pagamento dell’IVA corrisposta per operazioni (anche parzialmente) inesistenti, in quanto di per se’ inidoneo a configurare un pagamento a titolo di rivalsa, trattandosi di costo non inerente all’attivita’ istituzionale dell’impresa, ed anzi potenziale espressione di distrazione verso finalita’ ulteriori e diverse, tali da rompere il detto nesso di inerenza (Cass. nn. 735/10, 6973/15).
8. Conclusivamente, in accoglimento del ricorso la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata al giudice d’appello in diversa composizione per nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, in diversa composizione, per nuovo esame e per la regolazione delle spese del presente giudizio.
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