CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 marzo 2018, n. 5727
Tributi – Accertamento – Riscossione – Cartella di pagamento – Dichiarazioni dei redditi – Istanza di condono
Fatti di causa
C.A. impugnava la cartella di pagamento emessa, a seguito di controllo automatizzato, per complessivi euro 51.699,49, per Iva, Irpef ed Irap per gli anni d’imposta 2000 e 2001, oltre sanzioni, in relazione a tributi dichiarati e non versati e dei quali era stata presentata istanza di condono ex art. 9 bis I. n. 289 del 2002, senza pagare l’intero importo dovuto.
L’impugnazione, accolta in primo grado, era respinta in appello.
Il contribuente ricorre per cassazione con quattro motivi, cui resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.
Ragioni della decisione
1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 36 bis, d.P.R. n. 600 del 1973 e 19, comma 3, d.lgs. n. 546 del 1992 per aver il giudice d’appello ritenuto preclusa, nel giudizio di impugnazione della cartella di pagamento, la contestazione in ordine alla non assoggettabilità all’Irap del contribuente per mancanza del requisito dell’autonoma organizzazione, derivante dall’erronea indicazione fornita in sede di dichiarazione.
1.1. Il motivo è fondato.
E’ pacifico che il ricorrente ha presentato le dichiarazioni dei redditi per il 2000 ed il 2001 affermando di essere soggetto all’Irap di cui esponeva l’ammontare, salvo poi ometterne il versamento, sicché legittimamente l’Amministrazione ha emesso, ai sensi dell’art. 36 bis, d.P.R. n. 600 del 1973, la cartella di pagamento poiché la sussistenza dell’autonoma organizzazione, presupposto applicativo dell’imposta, è stata dichiarata dallo stesso contribuente.
La dichiarazione dei redditi, peraltro, non è un atto negoziale ma una dichiarazione di scienza, emendabile e ritrattabile, per cui il contribuente è sempre ammesso, in sede contenziosa, a provare che l’originaria dichiarazione era viziata da un errore di fatto o di diritto e che il presupposto impositivo non era sussistente (v. in particolare Sez. U, n. 13378 del 30/06/2016, Rv. 640206, che ha composto il contrasto circa i limiti di emenda della dichiarazione fiscale; Cass. n. 27127 del 28/12/2016, Rv. 642379).
Occorre precisare, sul punto, che in applicazione delle regole generali sulla distribuzione dell’onere probatorio stabilite dall’art. 2697 c.c., spetterà al contribuente che “ritratta” la propria dichiarazione provare il fatto impedivo della obbligazione tributaria (ossia, l’asserita mancanza dell’autonoma organizzazione).
Il giudice d’appello, ritenendo le specifiche ragioni di doglianza del contribuente “inammissibili” e “non esaminabili”, ha dunque errato.
2. Il secondo motivo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 36 bis, terzo comma, d.P.R. n. 600 del 1973, 54 bis, terzo comma, e 60, sesto comma, d.P.R. n. 633 del 1972 per aver la CTR ritenuto legittima la cartella nonostante il mancato invio dell’esito del controllo della dichiarazione.
2.1. Il motivo è infondato.
L’art. 6, comma 5, I. n. 212 del 2000, non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo ai sensi dell’art. 36 bis, d.P.R. n. 600 del 1973 ovvero dell’art. 54 bis, d.P.R. n. 633 del 1972, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, situazione, quest’ultima, che non ricorre nei casi (come quello in considerazione) di omessi o tardivi versamenti soggetti alle disposizioni indicate, che implicano un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo (v. Cass. n. 27716 del 21/11/2017; Cass. n. 17829 del 09/09/2016; Cass. n. 15740 del 28/07/2016; Cass. n. 8342 del 25/05/2012), neppure spettando, in tale evenienza, la riduzione delle sanzioni amministrative ai sensi dell’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 462 del 1997 (v. Cass. n. 13759 del 06/07/2016, Cass. n. 27315 del 29/12/2016).
3. Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 2909 c.c., invocando il giudicato esterno formatosi in relazione al 1998, precedente anno d’imposta.
3.1. Il motivo è infondato.
La sentenza del giudice tributario con cui si accertano il contenuto e l’entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno d’imposta fa stato, nei giudizi relativi ad imposte dello stesso tipo dovute per gli anni successivi, ove pendenti tra le stesse parti, «solo per quanto attiene a quegli elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di periodi di imposta, assumano carattere tendenzialmente permanente» (Cass. n. 20029 del 30/09/2011, Rv. 619240; Cass. n. 4832 del 11/03/2015, Rv. 635058; Cass. n. 6953 del 08/04/2015, Rv. 635195; Cass. n. 21395 del 15/09/2017).
Nella specie, viene in rilievo il requisito dell’autonoma organizzazione”, ossia di un fatto oggettivamente correlato a fattori suscettibile di mutamento nel tempo.
4. Il quarto motivo denuncia vizio logico motivazionale in relazione al ricorso alla procedura automatizzata da parte dell’erario.
4.1. La doglianza è inammissibile risultando omesso il prescritto momento di sintesi ex art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis trattandosi di sentenza depositata anteriormente al 4 luglio 2009.
5. In accoglimento del primo motivo, rigettati il secondo ed il terzo e dichiarato inammissibile il quarto, la sentenza va quindi cassata con rinvio, anche per le spese, innanzi alla Commissione tributaria regionale competente in diversa composizione per un nuovo esame.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo del ricorso, rigetta il secondo e il terzo, dichiara inammissibile il quarto, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Puglia in diversa composizione.
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