CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 09 marzo 2018, n. 5743
Accertamento – Dichiarazione dei redditi – Riscossione – Cartella di pagamento
Fatti di causa
1. In data 4-5-2006 veniva emessa cartella di pagamento nei confronti della I.S. spa per il pagamento della somma di € 3.344.338,79, a seguito di controllo automatizzato di cui all’art. 36 bis del d.p.r. n. 600/1973. Il pagamento della somma di € 2.046.132,84 ineriva ai punti da 1 a 66 della cartella, mentre la restante somma di € 1.298.205,95 concerneva i successivi punti da n. 67 a 82 della stessa cartella.
2.La Banca presentava all’Agenzia delle entrate istanza di sgravio in autotutela.
3. Successivamente la Banca proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, evidenziando, da un lato, la duplicazione degli importi iscritti a ruolo (in quanto gli importi indicati nella seconda parte – da 67 a 82 – della cartella erano ripetitivi di quelli indicati nella prima parte – da n. 1 a 66 -) e dall’altro, per l’illegittimità degli importi iscritti a ruolo per errore di fatto. L’errore, consistente tra l’altro nell’avere per errore indicato “nel quadro ST” l’imponibile, in luogo della imposta, riguardava sia i punti da n. 1 a 66 che i punti da n. 67 a 82.
4. L’Agenzia delle entrate si costituiva in giudizio senza contestare in modo specifico le allegazioni della banca.
5. L’Agenzia delle entrate provvedeva ad emettere un provvedimento di annullamento della pretesa, per avvenuta duplicazione delle richieste, con riferimento ai punti da 1 a 66, per la somma di € 2.046.132,84.
6. La Commissione Tributaria Provinciale con sentenza n. 265/2009 accoglieva il ricorso “dato che parte resistente non ha indicato ragioni o contestazioni a quanto prodotto da parte attrice in ricorso”.
7. L’Agenzia delle Entrate proponeva appello.
8. La Banca non si costituiva in giudizio.
9. La Commissione Tributaria Regionale, con sentenza depositata il 16-4-2010, accoglieva il gravame.
10. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per Cassazione l’Intesa Sanpaolo.
11. Resisteva con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di impugnazione la Banca deduce la omessa o apparente, o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., in quanto la Commissione Regionale ha effettuato una lettura solo superficiale degli atti, giungendo a ritenere che “la parte non sgravata è quella che si contesta come duplicata” e che la materia del contendere è ridotta dopo lo sgravio “alla parte di cartella (punti da 67 a 82), ammontante ad € 1.298.205,95, relativamente alla quale la Banca ricorrente lamenta una duplicazione interna della cartella stessa”. Inoltre, la Commissione Regionale ha aggiunto che “il giudice di primo grado, accogliendo il ricorso, ha accertato dunque tale duplicazione”. In realtà, per la ricorrente le doglianze della banca non riguardavano solo la duplicazione di dati, ma anche gli errori di fatto, come l’indicazione dell’imponibile in luogo dell’imposta, relativi sia ai punti da n. 1 a 66 sia ai punti da n. 67 a 82. Il thema decidendum, allora, “concerneva l’asserita insufficienza delle prove prodotte dalla Società al fine di dimostrare il dedotto errore di compilazione del Mod. 770/01”.
2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente deduce la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., avendo la Commissione Regionale travisato il contenuto degli atti di causa ed omesso di pronunciarsi su una specifica domanda, in violazione dell’art. 112 c.p.c. La Banca aveva, infatti, chiesto “l’accertamento della non debenza delle somme pretese con la cartella di pagamento in quanto non dovute ex lege, ma conseguenti a meri errori di compilazione del Mod. 770/2001.”
3. Con il terzo motivo di impugnazione la Banca deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 23 del d.lgs. n. 546/1992, 115 e 116 c.p.c., 2697 c.c. e 111 Cost., in quanto l’Agenzia non ha mai contestato le allegazioni e le produzioni della Banca in relazione anche agli errori di calcolo commessi nel riempimento delle voci del modello, con l’indicazione dell’imponibile in luogo dell’imposta. Trova applicazione, allora, il principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c.
4. Con il quarto motivo di impugnazione si deduce l’insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c., in quanto seppure la Banca non ha allegato le pagine pari della cartella, per mero errore materiale, tuttavia l’Agenzia delle entrate era in possesso della cartella e “non ha contestato i dati della medesima come riportati dalla Banca nel ricorso di primo grado”.
5. Con il quinto motivo di impugnazione la Banca deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., in quanto era onere dell’Agenzia produrre la copia completa della cartella impugnata, essendo l’Amministrazione finanziaria attore in senso sostanziale.
6.1 motivi di impugnazione primo e secondo, che per ragioni di connessione vanno trattati congiuntamente, sono fondati.
Invero, per la Suprema Corte ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. Civ., 7 aprile 2017, n. 9105).
Nella specie, il ricorso della Banca era basato sia sulla duplicazione delle voci contenute nella cartella di pagamento (emessa a seguito di controllo automatizzato), sia su alcuni errori di fatto contenuti nella stessa, e questo sia nelle voci da n. 1 a n. 66 che in quelle da n. 67 a 82 (cfr. ricorso in primo grado come riportato nel ricorso per cassazione “Illegittimità degli importi iscritti a ruolo per errore di fatto…e in particolare: Punti 2 e 3 [il cui ammontare è duplicato al punto 67]….punto 4 [il cui ammontare, insieme a quello dei punti 5 e 6, è duplicato al punto 68…]…punto 6 [il cui ammontare, insieme a quello dei punti 5 e 6, è duplicato al punto 68…]….”). L’Amministrazione finanziaria ha provveduto allo sgravio della cartella con riferimento alle voci da n. 1 a n. 66 per avvenuta duplicazione delle stesse, mentre la cartella è rimasta intatta per le voci da n. 67 a n. 82, nonostante la Banca avesse indicato in modo specifico gli errori materiali commessi, con l’indicazione dell’imponibile in luogo della imposta.
La Commissione Tributaria Regionale, invece, non ha in alcun modo tenuto conto del motivo di ricorso proposto dalla Banca con riferimento specifico agli errori di fatto, commessi in tutte le voci della cartella, quindi non solo in quelle da n. 1 a n. 66, poi oggetto di sgravio (per la somma di € 2.046.132,84), ma anche in quelle dal n. 67 al n. 82 (per la somma di € 1.298.205,95), non oggetto di sgravio.
Infatti, si legge nella motivazione che “benché l’atto di appello non si distingua per chiarezza espositiva e congruità di riferimenti (in alcuni passi sembra che l’importo mantenuto a ruolo sia quello relativamente al quale la Banca lamenta errori di fatto, mentre risulta dagli atti del primo grado che la parte non sgravata è quella che si contesta come duplicata), tuttavia esso è idoneo ad investire questa Commissione regionale del gravame”.
È evidente che la Commissione Regionale non ha tenuto conto in alcun modo che il motivo specifico di doglianza in ordine agli errori di fatto concerneva molte delle voci della cartella da n. 1 a 82, e non solo quelle dal n. 1 al n. 66, poi oggetto di sgravio.
Difatti, in motivazione si aggiunge che “La materia del contendere è ridotta, dopo l’avvenuto sgravio, alla parte di cartella (punti da 67 a 82), ammontante ad € 1.298.205,95, relativamente alla quale la Banca ricorrente lamenta una duplicazione interna della cartella stessa”.
Dagli atti di causa, come riportati nel ricorso per cassazione, emerge, invece, che la doglianza sugli errori di fatto attiene anche alla parte di cartella da n. 67 a 82.
6.1 motivi terzo, quarto e quinto sono, dunque, assorbiti.
7.Il controricorso della Agenzia delle entrate è inammissibile in quanto relativo ad altro giudizio tra le stesse parti.
8. La sentenza deve essere cassata con rinvio alla Commissione Regionale della Lombardia in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso; cassa con rinvio alla Commissione Regionale della Lombardia, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Dichiara assorbiti gli altri motivi; dichiara inammissibile il controricorso.
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