CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 14 marzo 2018, n. 6282
Tributi – ILOR – Accertamento – Riscossione – Cartella di pagamento
Rilevato che
M.M., con unico motivo, ha proposto ricorso avverso la sentenza n. 46/22/09, depositata dalla CTR del Piemonte il 7.07.2009;
riferisce di aver impugnato dinanzi alla CTP di Torino, nei confronti della Agenzia delle Entrate e di Equitalia Nomos s.p.a., la cartella esattoriale n. 11020070026993031/001 per contrasto con una precedente decisione, assunta dalla medesima commissione provinciale e passata in giudicato, nonché per carenza di responsabilità solidale e per violazione dello statuto del contribuente. In particolare ha riferito di essere stata socia nel 1984, unitamente al marito C.M., della C.C. s.n.c.; in riferimento a quell’anno l’ufficio delle imposte dirette rideterminava il valore dichiarato ai fini ILOR per la cessione di un esercizio commerciale in proprietà della società; nel 1987 la società si trasformava in S. sas di C.M. e nella nuova compagine sociale lei assumeva la posizione di socio accomandante; in data 14.12.1993 le era notificato avviso di accertamento n. 5751019518, con il quale erano rettificati i redditi da partecipazione nella società (la vecchia s.n.c.); il 31.12.1993 la S. era destinataria dell’avviso di accertamento n. 5752000164 per maggiore ILOR; gli avvisi di accertamento erano separatamente impugnati dinanzi alla commissione provinciale di Torino; quello nei confronti della M. si concludeva con sentenza n. 466 del 1994, che accoglieva il ricorso e, senza impugnazione, passava in giudicato; quello nei confronti della società era solo in parte accolto, rideterminandosi, in diminuzione, il reddito imponibile ai fini ILOR; avverso questa sentenza l’Ufficio proponeva appello, che era rigettato; sempre l’Ufficio ricorreva in cassazione, che, accogliendo l’impugnazione con sentenza n. 2005 del 2006, rigettava definitivamente e integralmente il ricorso della società; sulla base della definizione del contenzioso instaurato con la società l’Agenzia delle Entrate poneva in esecuzione il titolo con la cartella di pagamento – oggetto del presente giudizio – emessa nei confronti della M.. La contribuente proponeva ricorso avverso la cartella, rigettato dalla CTP di Torino e poi dalla CTR del Piemonte con la sentenza ora impugnata.
con l’unico motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 40 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 5 del d.lgs. n. 546 del 1992; degli artt. 14 e 29 del d.lgs. n. 546 del 1992; degli artt. 101-102 c.p.c.; dell’art. 111 Cost., dell’art. 1306 c.c., perché, annullato con sentenza n. 466 del 13.05.1994 l’avviso di accertamento – con cui le era stato imputato un maggior reddito di partecipazione, passata in giudicato, affermava che il diverso avviso d’accertamento nei confronti della società, mai notificatole ed al cui contenzioso non aveva partecipato, era improduttivo di effetti nei suoi confronti; pertanto la diversa decisione della CTR violava il giudicato, il litisconsorzio, il principio del contraddittorio e del diritto di difesa, violando inoltre i limiti normativi della responsabilità solidale.
Si costituiva l’Agenzia con controricorso, contestando analiticamente le ragioni del ricorso, di cui chiedeva il rigetto.
Considerato che
La ricorrente contesta la cartella di pagamento sotto un duplice profilo, l’esistenza di un giudicato, relativo al contenzioso da essa introdotto contro l’Amministrazione a seguito dell’accertamento di un maggior reddito da partecipazione sociale, ex art. 5 del d.P.R. n. 917 del 1986, esitato in suo favore; la improduttività di effetti nei suoi confronti della sentenza, anch’essa passata in giudicato e relativa al contenzioso tra l’Amministrazione finanziaria e la società in nome collettivo di cui era socia con riferimento all’anno d’imposta accertato, contenzioso questa volta esitato nella soccombenza della società ma a lei non opponibile per mancata costituzione del litisconsorzio necessario. Lamenta in ogni caso la scorretta applicazione delle norme sulla responsabilità solidale.
Cosi impostato, il ricorso è infondato perché pretende, erroneamente, di sovrapporre piani del tutto distinti: quello dell’accertamento, ai fini Irpef, del maggior reddito da partecipazione sociale, ex art. 5 del d.P.R. n. 917 cit., oggetto di uno specifico atto impositivo nei confronti della M., avverso il quale la contribuente ha instaurato un contenzioso conclusosi a suo favore; quello dell’accertamento nei confronti della società, ai fini ILOR, il cui contenzioso si è invece risolto a favore della Amministrazione finanziaria, e alla cui esecuzione la M. viene ora chiamata a rispondere quale socio all’epoca illimitatamente responsabile. Sul punto è pacifico e comunque indiscutibile che con riguardo all’anno d’imposta verificato, il 1984, la società era costituita in s.n.c., con conseguente responsabilità illimitata dei soci per le obbligazioni sociali, ex art. 2291 c.c., senza che la successiva trasformazione in società in accomandita semplice e la nuova posizione assunta dalla M., di socio accomandante, potesse escludere la sua responsabilità illimitata per obbligazioni già sorte e imputabili all’epoca della pregressa forma sociale, ex art. 2500 quinques c.c.
Ebbene l’Amministrazione con la cartella impugnata ha chiesto alla contribuente il pagamento del debito della società, come emerso all’esito del contenzioso instaurato con la società stessa, in forza della solidarietà passiva nelle obbligazioni sociali. Debito – è opportuno ribadire e chiarire – ontologicamente e giuridicamente distinto da quello accertato nei confronti della M. ai fini Irpef con distinto avviso di accertamento, poi annullato nel separato contenzioso.
Così perimetrato l’oggetto del giudizio, nella giurisprudenza di legittimità si è sostenuto, con riguardo all’Irap e all’IVA a carico di una società di persone, ma il ragionamento vale per ogni imposta, che il socio che risponda solidalmente dei debiti tributari della società, ai sensi dell’art. 2291 cod. civ., è legittimato alla autonoma impugnazione degli atti di accertamento ed impositivi destinati alla società, se tali atti siano stati a lui notificati proprio ai fini di provocarne l’impugnazione diretta, dovendosi escludere che, nel relativo giudizio, sia configurabile un’ipotesi di litisconsorzio necessario (Cass., Sez. 6 – 5, ord. n. 25136 del 2013). È stato anche ripetutamente ribadito che il socio di una società in nome collettivo risponde solidalmente dei debiti tributari di quest’ultima, ai sensi dell’art. 2291 c.c., a nulla rilevando che sia rimasto estraneo agli atti di accertamento ed impositivi finalizzati alla formazione del ruolo. Si è così riconosciuta la legittimità per l’amministrazione finanziaria di procedere alla riscossione coattiva nei confronti del socio, ancorché receduto, il cui diritto di difesa è garantito peraltro dalla possibilità di opporre, in sede di impugnativa dell’avviso di mora (e dunque della cartella esattoriale), tutte le ragioni che avrebbe potuto far valere avverso l’avviso di accertamento, in quanto socio all’epoca in cui il debito tributario è sorto (Cass., Sez. 5, sent. n. 11228 del 2007; ma in termini e più di recente, Cass., sent. n. 27189 del 2014, n. 25765 del 2014). Si è peraltro precisato che la responsabilità solidale ed illimitata del socio, prevista dall’art. 2291 c.c. per i debiti della società in nome collettivo, opera, in assenza di un’espressa previsione derogativa, anche per i rapporti tributari, con riguardo alle obbligazioni dagli stessi derivanti, così che egli, pur privo della qualità di obbligato, e come tale estraneo agli atti impositivi rivolti alla formazione del titolo nei confronti della società, resta sottoposto, a seguito dell’iscrizione a ruolo a carico di quest’ultima, all’esazione del debito, alla condizione, posta dall’art. 2304 cod. civ., che il creditore non abbia potuto soddisfarsi sul patrimonio della società. Pertanto, una volta escusso inutilmente il patrimonio sociale, legittimamente può essere chiamato a rispondere il socio, senza che risulti necessaria la notificazione dell’avviso di accertamento, rimasto inoppugnato, e addirittura neppure della cartella di pagamento, rimasta inadempiuta, risultando sufficiente la notificazione del solo avviso di mora, che assumerebbe in tal caso la funzione secondaria di atto equivalente a quelli d’imposizione, oltre a quella primaria di atto equivalente al precetto nell’esecuzione forzata, con la conseguenza che contro di esso il socio può ricorrere ai sensi dell’art. 19, co. 3, ultimo periodo, del d.lgs. n. 546 del 1992, impugnando congiuntamente gli atti presupposti (cfr. Cass., sent. n. 10584 del 2007).
Gli arresti giurisprudenziali consentono allora di valutare il fondamento del presente ricorso, che evidentemente non ha condiviso (erroneamente) o compreso i presupposti fondanti della richiesta della Amministrazione, e con essi non ha colto il senso del ragionamento seguito dai giudici tributari regionali.
Intanto la pretesa creditoria azionata nei confronti del socio per il debito sociale, fondata sulla illimitata responsabilità del socio stesso, non trova ostacolo nella mancata costituzione del litisconsorzio, estraneo alla disciplina dettata dagli artt. 1292 e segg. (e dall’art. 2291 c.c. per ciò che riguarda i debiti sociali). Tanto vale anche per i rapporti tributari, potendo comunque il socio, cui l’Amministrazione si sia indirizzata in forza del vincolo di solidarietà passiva senza averlo coinvolto nell’accertamento, impugnare il titolo esecutivo congiuntamente agli atti presupposti. Sarebbe inoltre applicabile la disciplina prevista dall’art. 2304 c.c., che condiziona l’escussione del socio alla preventiva escussione del patrimonio sociale. Nel caso di specie tuttavia la contribuente ha lamentato la mancata costituzione del contraddittorio, senza mai invocare la disciplina dell’art. 2304 c.c., né censurare nel merito gli atti presupposti. Può allora sul punto concludersi che del tutto fuorvianti sono le ragioni rappresentate dalla ricorrente, che sembra non aver colto il senso del ragionamento seguito dal giudice tributario regionale, quando evidenzia che la notifica della cartella è stata eseguita nei confronti della M. nella qualità di socia illimitatamente responsabile.
Quanto poi alla invocazione del giudicato, favorevole per la contribuente, formatosi nel distinto giudizio introdotto dalla M. contro l’Amministrazione finanziaria avverso l’avviso di accertamento notificatole ai fini Irpef, ex art. 5 del d.P.R. n. 917 cit., essa è del tutto destituita di fondamento.
Il distinto petitum e la diversa causa petendi della pretesa tributaria nei confronti della M., quale socia illimitatamente responsabile del debito sociale, segnano anche il limite e l’infondatezza della asserita forza di giudicato della sentenza n. 466 del 1994, emessa nel contenzioso insorto tra le parti ai fini Irpef, a seguito dell’accertamento del maggior reddito da partecipazione della socia. Trattasi infatti di fattispecie che esula del tutto dalla forza espansiva del giudicato esterno, riconosciuta e segnata nei suoi confini dalla ricostruzione offertane dalla giurisprudenza (cfr. Sez. U, sent. n. 13916 del 2006). A parte che dagli atti difensivi emerge come incontestabile che l’avviso di accertamento nei confronti della M. ex art. 5 cit. fu annullato perché rilevata la decadenza della Amministrazione, per tardività, dal potere di accertamento, è radicalmente diverso il titolo in forza del quale con la cartella impugnata nel presente giudizio la contribuente è stata chiamata a pagare il debito della società (l’intero debito, salvo rivalsa di quest’ultima verso gli altri debitori solidali) e non quello relativo al reddito personale da partecipazione sociale. Ne consegue l’estraneità dell’oggetto e dell’esito di quel contenzioso rispetto a quello riguardante il presente giudizio.
Considerato che
Il ricorso va rigettato perché infondato e alla soccombenza della M. segue la sua condannata alla rifusione delle spese di causa nei confronti della controricorrente costituita, nella misura specificata in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna M.M. alla rifusione in favore della Agenzia delle Entrate delle spese processuali, che liquida nella misura di € 2.800,00, oltre spese prenotate a debito.
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